F.1 Piloti italiani: esempi mancati

DI HERIBERT STOHR

Un trittico di piloti italiani vincenti in F.1, foto da NewsF1

 

Se io fossi un ragazzo e volessi fare carriera nelle corse automobilistiche, mi ispirerei ad un pilota del passato o del presente, anche a due o tre piloti, non solo per avere un idolo ma per avere un modello di riferimento nella guida come nel comportamento, nelle interviste.

Lo stesso per ogni tipologia di sport.

Ebbene, in questo lungo periodo di chiusura dove siamo stati costretti ad una prigionia casalinga, abbiamo avuto l’opportunità di vedere online alcune interviste di piloti italiani, per la maggior parte ex piloti di F1 (Capelli, Liuzzi, Modena, Trulli, De Adamich, Martini, Capello, Patrese, Pirro, Larini, Giacomelli, Cheever, Kanaan e altri).

Con qualche eccezione ne è venuto fuori un comune denominatore.

Piloti lamentosi, permalosi, dotati di scarse pillole di umiltà, pennellate di autocelebrazioni; loro erano sempre i più veloci, se prendevano la paga era sempre colpa della macchina, della sfortuna, del tecnico o del meccanico, il compagno di squadra era l’avversario da battere, non hanno avuto le occasioni che hanno avuto i grandi campioni.

Citano solo episodi che a loro fanno comodo e sorvolano su episodi che potrebbero metterli in imbarazzo.

Se dicevano una balla non potevano essere smentiti perché non c’era un vero contraddittorio.

Questo comune denominatore fa parte di una cultura (li formano dal kart già così) che non ha portato un gran bene all’automobilismo italiano. I risultati sperati non potranno mai arrivare.

Jarno Trulli vincitore a Montecarlo davanti a Barrichello e Button. Uno alla Ferrari l’altro campione del mondo. Cosa è mancato al nostro pilota?

Poi non ci dobbiamo lamentare se i ragazzi hanno tifato o tifano per Hunt, Lauda, Regazzoni, Villeneuve, Prost, Piquet, Mansell, Senna, Schumacher, Hakkinen, Raikkonen, Alonso, Massa, Hamilton, Vettel, Verstappen, Leclerc.

Non è un caso che i più onesti e umili siano stati Cheever e Kanaan che non sono italiani, mentre Pirro è stato serio e corretto e sorprendentemente Modena si è mostrato pentito di essere stato il pilota più stronzo del paddock (parole sue).

Stefano Modena con la Tyrrell, diede filo da torcere a Senna ma oggi ammette di essere stato troppo stronzo

Torno sul compagno di squadra come avversario principale da battere; secondo me denota un orizzonte limitato nel carattere, uno sguardo non proiettato al futuro, un modo confusionario nel partecipare ad una competizione dove devi concentrarti su batterne venti e non uno, un provincialismo ottuso che non porta a diventare campioni con la sola eccezione tipo Senna e Prost nel 1988 e 1989 dove la battaglia era una faccenda a due ed il terzo era a distanze siderali.

Questa mentalità l’ho riscontrata solo sui piloti italiani bazzicando per anni vari autodromi anche europei.

Certo, di campionati minori ne sono stati vinti ma in F1 i risultati individuali sono stati parziali con qualche acuto qua e là, senza però mai diventare dei campioni per poterne dare l’esempio.

Heribert Stohr

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