AUTODROMO DI MONZA La scomparsa di Alberto Angeletti il gentiluomo dei commissari

DI PAOLO CICCARONE FOTO GRUPPO COMMISSARI DI MONZA

Alberto con la moglie Enza 50 anni di amore e passione per le corse

Probabilmente il suo cuore era a forma di autodromo di Monza, perché Alberto Angeletti, capo dei commissari di pista, quella sua passione e quel suo amore per il circuito lombardo lo aveva impresso bene nel suo animo. Tanto che pure la moglie Enza, contagiata da tanta passione, aveva deciso di seguirlo in quelle domeniche strampalate, dove gli altri, quelli “normali”, andavano al lago con la famiglia. Loro no, dietro a un guard rail, sotto il sole o con la pioggia, il freddo e la neve, leggi rally, erano sempre lì.

L’ex direttore di gara Fabrizio Fondacci con la bandiera a scacchi che non avrebbe mai voluto dare ad Alberto

E hanno contagiato pure i figli. Una famiglia da corsa, una esperienza unica e la capacità, in quello scricciolo d’uomo così mingherlino ma dal cuore enorme, da travolgere tutti. I primi passi in pista da pilota, “almeno ci ho provato, mi sono spacciato per tale ma mi hanno sgamato subito” diceva ridendo dei suoi inizi. E poi il salto dall’altro lato del guard rail. Perché stando in macchina capiva cosa succedeva e dal bordo pista anticipava e capiva prima di tanti altri.

Unico, ma umile, disponibile con tutti. Anche con quel rompiscatole di giornalista che nei sabato pomeriggio, dopo le pettarelle, andava a seguire la F.Panda. E dove sennò? Ma è chiaro, al posto 1, il posto Angeletti, come lo chiamavano tutti. E anzi, vista la sua presenza, sarebbe bello se la dirigenza monzese decidesse di chiamare posto Angeletti quella postazione numero 1, che era la più temuta, quella della partenza di una gara, quella dove serviva esperienza e capacità di azione.

Mitico, a un GP, in cui Tonio Liuzzi fece strike alla prima chicane. Sette macchine KO, arriva lui, Alberto, a capo del suo gruppo di lavoro. Un giro e mezzo, pista libera e via di nuovo. Da applausi a scena aperta. Sempre in quel posto 1 si sono consumati pomeriggi e sere, discussioni e bevute con i colleghi. Una grande passione, coltivata in 50 anni di presenza in autodromo, tanti quanto gli anni di matrimonio con Enza e poi lo sgarbo della dirigenza.

RIVEDIAMO IL PASSAGGIO DI CONSEGNE A MONZA 2021 ULTIMA SUA VOLTA

QUELLO SGARBO CHE HA FATTO MALE

“Io li pago e fanno quello che dico io, che non rompano le balle” ha urlato qualcuno lassù in alto, talmente in alto da perdere il senso dell’educazione e del rispetto. “Sai Cicca, ci sono rimasto male. Noi siamo volontari, ci mettiamo il cuore e rischiamo di farci male, lasciamo le famiglie a casa, non veniamo in pista per guadagnare dei soldi. E questa ci tratta così?” era amareggiato, scrisse una lettera, fu la sua fine.

Al centro coi piloti delle pettarelle negli anni 60

Estromesso da tutto, ufficialmente per limiti di età, in realtà altra vittima di una gestione cieca, arrogante e, alla luce dei fatti, insufficiente e incapace nel comprendere che dietro ad ogni attività ci sono degli uomini. E poi il rapporto coi direttori di gara. Da Tavoni a Marzani, da Beghella a Fondacci, sempre disponibile, pronto, aperto e collaborativo.

Il passaggio di consegne ai giovani colleghi con lui la moglie Enza e col maglione Adriano Salvati

Alberto Angeletti non c’è più, non ha potuto sconfiggere quel male che si era palesato con un dolore alla gamba e che era solo il preludio di un finale triste, ma non arrendevole: “Cicca, appena posso facciamo quattro chiacchiere, diciamo tutto e chi se ne frega se qualcuno si offende, certe cose vanno dette”. Il giorno prima del decesso, sono riuscito solo a informarlo che sarebbe cambiato qualcosa a breve in quell’autodromo che era la sua vita, la sua passione, il suo amore e il suo sacrificio.

Non parlava, faticava ed era semi incosciente ma aveva avuto un barlume ed era contento. Sabato scorso era ancora combattivo: “Appena torno mi tolgo qualche sassolino dalla scarpa”. Non è più tornato, il tempo era scaduto. Lui è caduto in piedi, da appassionato e amante dei motori, da umile servitore di una passione. E chi lo ha conosciuto piange l’amico prima del professionista. L’unica speranza che almeno, chi gli ha fatto così male, possa almeno vergognarsi mentre raccoglie i propri stracci e lascia quegli uffici che hanno avuto un passato glorioso. Glielo devono come minimo. E adesso, posto 1? No, posto Angeletti. Gli devono almeno questo.

RICORDANDO ALBERTO ANGELETTI 

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