F.1 INCHIESTA/ Ferrari e se mancasse il fattore…eX?

PREAMBOLO

In gergo giornalistico si chiamano cavalli di ritorno. Ovvero quando pubblichi una notizia o una inchiesta che poi, a distanza di tempo, viene ripresa spacciandola per nuova. E’ un classico del giornalismo che il web ha rilanciato alla grande, visto che la memoria storica è scarsa e la ricerca delle fonti ancora inesistente. Ebbene, parlando di Ferrari e dell’incontro col presidente Marchionne dello scorso 20 dicembre, un collega de La Stampa chiese al presidentissimo come vedeva una figura come quella di Lauda all’interno della Ferrari. La risposta fu lapidaria: “Non ci serve uno come Lauda, abbiamo Maurizio Arrivabene che ha lavorato al meglio per la squadra”. A distanza di un mese alcuni siti hanno ripreso la frase, estraendola dal contesto preciso e circostanziato che era nato dalla nostra inchiesta pubblicata lo scorso 29 novembre e alla quale il collega de La Stampa faceva riferimento (https://www.rmcmotori.com/single-post/2017/11/28/Ferrari-bilancio-di-una-stagione-fra-luci-ed-ombre). E allora, tanto vale completare il discorso con l’inchiesta che stavamo finendo e che il gentile collega aveva…spiato senza però capire i contorni di tutta la vicenda.

 

Fra Mercedes e Ferrari la sfida l’ha vinta Hamilton. Eh sì, perché nel duello 2017 fra i due grandi colossi sono stati gli uomini a fare la differenza. Nel momento in cui Hamilton ha sferrato l’attacco, Vettel ha ceduto commettendo degli errori. Se a livello tecnico le cose erano più o meno sullo stesso piano, a livello umano da un certo punto di vista in poi non c’è stata storia. Duro, spietato, furbo, scaltro e determinato Hamilton, fragile, indeciso, propenso allo sbaglio Vettel 

 

In cosa Hamilton e Vettel sono diversi?

 

Di sicuro a livello mentale esiste una differenza sostanziale. Lo racconta il dottor Riccardo Ceccarelli, direttore di Formula Medicine: “La forza mentale di un pilota non è molto diversa da quella di un atleta o una persona normale – dice il dottor Ceccarelli – la vera differenza sta nel dosare le energie disponibili per ottenere lo stesso scopo. Al nostro centro di Viareggio abbiamo studiato decine di piloti, fatti test e analisi e alla fine abbiamo scoperto che un pilota sa gestire certe fasi di stress, e quindi di consumo energetico, con un guadagno sulla distanza che può essere considerato di tre decimi al giro, ovvero solo gestendo al meglio la mente in una gara un pilota può ricavare 20 secondi extra rispetto a se stesso, senza gestione delle proprie energie. Hamilton è un pilota che sa dosare e gestire benissimo certi stress al contrario di Vettel, che dovrebbe curare meglio questo aspetto”.

 

La gestione mentale di Hamilton ha un nome e cognome: Niki Lauda. All’inizio Lewis era poco incline a seguire i consigli dell’austriaco, poi ha cominciato a fidarsi, a entrare in sintonia e a dare la svolta alla sua carriera. Quanto è importante la figura di Lauda all’interno della Mercedes? “Non so quanto sia importante la mia figura – dice Lauda – di sicuro al muretto io non dò nessuna indicazione a Hamilton. E’ del tutto inutile e fuori luogo, le uniche cose che deve fare un pilota in pista è spingere forte, Lewis lo fa ed è veloce, quindi una volta che è a conoscenza dei dati tecnici e parla col suo ingegnere, il resto avanza e non serve”.

 

In gara forse, ma fuori dalla competizione, nelle riunioni tecniche, il tuo apporto è stato fondamentale…”Non so se è vero, ma di certo io ho detto a Lewis alcune cose, poi sta a lui decidere se seguirle o meno. Si fida di me? Sono contento, ho vinto tre mondiali usando la testa, anche se non ero il più veloce, questo può essere utile a un pilota, ma Hamilton è veloce quindi il mio apporto è relativo”. La Ferrari dice che una figura come la tua non serve… “E’ vero, io sto bene alla Mercedes e non vado certo alla Ferrari, ci avevo provato anni fa su richiesta di Montezemolo, ma la squadra era un casino, poi è arrivato Schumacher, Todt e Brawn e tutto si è sistemato“.

 

L’apporto di Todt dopo l’esperienza di Fiorio

 

Jean Todt a sinistra e Cesare Fiorio a destra: esperienze simili nei rally, ottima gestione dei piloti in pista

 

Quindi una Ferrari vincente dell’epoca fu merito di Jean Todt, che da ex navigatore sapeva come gestire un pilota in corsa, i suoi stress e le sue tensioni, infatti il rapporto creato con Schumacher fu artefice di una serie di successi unica. Una figura come quella di Todt, (ma prima va ricordata la figura di Cesare Fiorio, un omologo del francese che alla Ferrari aveva portato grandi cambiamenti) ovvero un ex navigatore al muretto, la Ferrari non l’ha più avuta, visto che Domenicali era un manager e la stessa cosa si può dire di Arrivabene.

 

Secondo Arturo Merzario, un pilota che negli anni 70 aveva una personalità tale da litigare con Enzo Ferrari, la differenza fra Mercedes e Ferrari sta proprio nel muretto box: “Arrivabene è un manager, più o meno bravo non lo so. Tra l’altro in Philip Morris ce l’ho portato io quindi lo conosco bene da decenni, ma quando un pilota è in pista e abbiamo visto che Vettel è uno fragile mentalmente se non ha tutto in ordine e la macchina giusta, non può capire cosa passa per la testa di un pilota, non può dire la parola giusta. Al massimo gli dice calmati Seb, ma uno che sta nell’abitacolo e tira come un matto una cosa del genere lo fa incazz ancora di più. La Ferrari ha bisogno, se i piloti restano questi, di una figura che faccia da anello di congiunzione fra il pilota in pista e il muretto dei box, cosa che al momento manca. La Mercedes con Toto Wolff, uno che ha corso nel GT e Lauda, la Red Bull come Helmut Marko, mio ex compagno di squadra nei prototipi e Chris Horner, sono nettamente superiori alla Ferrari“.

 

Horner e Lauda due figure chiave per Red Bull e Mercedes 

 

Chi mettere in quel ruolo, non si sa e non è che ce ne siano molti, ma è davvero necessaria una figura di questo tipo? Lo abbiamo chiesto a Chris Horner, che con Vettel ha vinto 4 mondiali: “Seb è un ragazzo molto sensibile, ha bisogno di essere seguito in un certo modo. Con noi alla Red Bull ha avuto dei momenti di debolezza, specie quando si è confrontato duramente con Webber. La mia esperienza e quella di Halmut Marko sono state utili per dargli l’impronta giusta. Alla Ferrari non ha un referente di questo tipo, è lasciato solo a decidere e a reagire, e magari sbaglia come successo a Baku con Hamilton e a Singapore con Verstappen, episodi che gli hanno segnato il mondiale. Sotto questo aspetto il muretto Ferrari è debole rispetto a quello Mercedes e anche Red Bull. Avete mai visto Toto Wolff spostarsi dalla sua posizione all’interno del garage? o Lauda? Lasciano fare ai tecnici, quello che devono dire lo hanno detto prima ai piloti, al massimo intervengono raramente in corsa. Se invece vedi il muretto Ferrari, Arrivabene spesso va avanti e indietro dal garage al pit, segno di nervosismo, di mancanza di chiarezza su come agire. Con piloti come Vettel e Raikkonen una figura di un ex pilota, capace di interagire coi piloti in gara è fondamentale. Ho sentito dei team radio in cui Maurizio diceva a Seb di calmarsi o di stare sereno, ecco è proprio la cosa che fa andare fuori di testa un pilota, tu stai tirando al massimo, sei nervoso perché ti sfugge qualcosa e dai box ti dicono di stare calmo…“.

 

Quindi i rivali dicono che il punto debole della Ferrari 2018 è la mancanza di una figura di collegamento fra piloti e muretto box, Sergio Marchionne dice che non serve e la struttura è adeguata. Di sicuro la Ferrari del 2018 in pista sarà diversa da quella del 2017, visto che sono state spostate alcune figure chiave, dall’ex Ds Ioverno al capomeccanico che aveva sostituito Uguzzoni (a sua volta spostato dopo pochi mesi…), insieme ad altri due o tre, ad altro incarico con la promozione di Albertini dal coordinamento Haas e Sauber a un ruolo che in apparenza sembra essere inferiore. Non sarà una figura da ex pilota al muretto, quello che è certo è che la Ferrari sta cambiando la struttura sotto la mano ferma di Mattia Binotto. Basterà per portare a casa il mondiale? Lo sperano tutti i tifosi.

 

automoto.it

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