F1, i 70 anni della Rossa raccontati da Piero Ferrari

Ferrari 70, sembra ieri invece sta quasi passando un secolo fatto di risultati, vittorie, delusioni ma sempre con un punto fermo: il mito consolidato. A Torino, in occasione del Salone del Parco del Valentino, si sono aperti i tributi a un marchio unico al mondo e viene da pensare al ricordo di quel parco, di quella panchina che quasi cento anni fa fu protagonista di un episodio.

Subito dopo la fine della prima guerra mondiale. Un giovane alla ricerca di un lavoro, la Fiat che lo rifiuta, la disperazione di non sapere più che fare, il dover tornare a casa nel paesello in provincia di Modena senza una risposta, senza una certezza. E quello che sarebbe diventato il mito per milioni, anzi miliardi di appassionati, scoppia in lacrime, disperato. Un episodio che Enzo Ferrari ricorderà ciclicamente quando doveva ricordare dei momenti neri della sua storia.

Attorno a quella panchina, mercoledì 7 giugno, a Torino c’è stata una celebrazione, un tributo dedicato alle Ferrari e a Enzo Ferrari, avverrà proprio su quelle strade del parco del Valentino, nella terza edizione del Gran Premio, e sarà un modo per chiudere il cerchio fra le lacrime di un giovane disperato e il trionfo di un marchio come quello Ferrari di

oggi. All’epoca, quando nacque la scuderia, Piero Ferrari era solo un bambino di due anni e quell’uomo burbero era semplicemente il padrone. Le officine sfornavano auto sportive, auto da corsa, gente che andava, gente che veniva. Personaggi importati, politici, attori, cantanti, capi di stato e altro ancora. Maranello era solo un piccolo centro del modenese, dove un vecchio appassionato di motori aveva eletto la sua dimora, aveva costruito auto che la domenica dovevano andare più forte delle altre. Del mito Ferrari, all’epoca, non c’era traccia ma forse qualcosa nell’aria doveva esserci, un sentore di un qualcosa di chi sta scrivendo una pagina di storia.

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