F.1 Gilles Villeneuve e quell’8 maggio 1982 vi racconto cosa accadde

DI RODOLFO INTELISANO FOTO Colombo-Noris-Actualfoto dal web
8 maggio 1982 Oggi è sabato 8 maggio, piove a dirotto qui a Milano, stamattina sono andato a scuola al Manzoni, faccio il classico, quest’anno abbiamo la maturità, spero di farcela, non sono quello che si dice uno studente modello ma me la cavo. Piove e fa freddo per essere l’otto maggio, al ritorno da scuola è venuto a prenderci il fratello del Daniele con la Peugeot 104, azzurra. Piove molto. A casa dopo aver pranzato mi chiudo nella mia stanza. Ci sono le qualifiche a Zolder. E’ la prima gara dopo Imola.
No, non c’è la TV, niente qualifiche in diretta, quelle ci sono solo per i Gran Premi di San Marino e d’Italia e deo gratia che adesso le fanno vedere perché fino a pochi anni fa chi le aveva mai viste le qualifiche in TV? In televisione stanno dando il concorso ippico di Piazza di Siena. Ci sono dei cavalli che saltano degli ostacoli, alla telecronaca c’è Alberto Giubilo, uno specialista delle telecronache di ippica. Spero che fra un percorso di un cavallo e l’altro arrivi qualche notizie su come sono andate le qualifiche in Belgio.
Con la disgraziata T5 a Montecarlo
Ieri Gilles non è andato molto bene. Mi aspettavo un risposta più decisa dopo quello che è successo a Imola ma in fondo io capisco anche Pironi e la sua ansia di vittoria, del resto è stato il suo primo momento di gloria dopo più di un anno in Ferrari dove non ha raccolto nemmeno un podio. Gilles può anche lasciarglielo quel momento di gloria, tanto, sul fatto che lui sia più forte non si discute. Improvvisamente la porta della camera si apre ed entra mio padre. Dice: “sta morendo Villanuova” lui lo chiama così. Dice che ha sentito alla radio che ha avuto un brutto incidente e che è in coma. Penso che mio papà esagera, chissà cosa ha capito. Figurati Gilles in coma! Impossibile. Lui è immortale, esce sempre illeso dai rottami della sua auto come a Imola due anni fa.
Adesso però anche Giubilo sta dicendo qualcosa, che dal Belgio stanno arrivando notizie terribili che ci si aggrappa ad una speranza molto flebile. Non si sa molto di più. Sta succedendo davvero? Allora papà aveva ragione? Non aveva esagerato. Purtroppo. Poi arriva l’ora del notiziario sportivo e la notizia di apertura è proprio quella che non vorresti sentire. Gilles è in coma, gravissimo, forse clinicamente morto.
Ma è morto o no? No, non ci posso credere. E poi ci sono anche le immagini terribili di quel corpo che vola e quel rumore del contatto delle ruote della Ferrari con le ruote della March di Mass e del tonfo che fa il rottame della Ferrari nel ricadere sulla pista. Un rumore che credo non mi uscirà mai più dalle orecchie. Dicono c’è ancora un filo sottilissimo di speranza. Adesso sono davanti ai tanti poster di Gilles nella mia camera. Li guardo e ripeto mentalmente: “non morire, non morire!”.
Arrivano gli amici per portarti fuori. Si va al cinema. Il film non l’ho scelto io. E’ una stronzata ma mi adeguo al volere della maggioranza e poi tanto la testa è da un’altra parte. Torno a casa, giro la chiave nella toppa, entro, mio papà è in piedi sulla porta della cucina, mi sta aspettando. “E’ morto” , mi dice. “Hanno dato la comunicazione ufficiale alle nove.” E adesso? Penso. E adesso sono passati 41 anni, è passata una vita, mille cose belle e brutte ma quel giorno è rimasto stampato nella mia mente per sempre come il ricordo di Gilles.

Il mio modello, il mio campione. Siamo quasi alla fine della corsa, avrò saputo essere degno del suo esempio? Sono sempre stato onesto, con me stesso e con gli altri? Ci ho messo sempre l’anima? Ho dato tutto quello che potevo? Non lo so. So solamente che questo è stato il suo esempio. Un ragazzo venuta da un paesino sperduto e freddo del Canada che mi fornito un modello di vita. Senza voler insegnare niente a nessuno, solo facendo con il cuore ciò che amava. Eppure il suo esempio per me e per tanti altri è valso più di quello di qualsiasi scrittore, filosofo, poeta. Per questo nessuno di chi allora c’era non l’ha e non può dimenticarlo. Gli altri, quelli venuti dopo, non possono capire.
Rodolfo Intelisano
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