IL LATO “UMANO” DELLA FORMULA E

 

Se ci si pensa un attimo, non è poi così difficile rendersi conto del fatto che se il ABB FIA Formula E Championship riscuote così tanto interesse e successo è anche perché, per il pubblico oltre che per gli addetti ai lavori, vi è la possibilità, nelle giornate del giovedì e del venerdì prima delle prove, di potersi avvicinare ai box delle squadre, dove magari si possono incrociare i piloti o si può apprezzare da vicino quanto accade “dietro le quinte”, dove tecnici e meccanici indaffarati si aggirano attorno alle vetture lavorando alacremente. 

Per nulla improbabile assistere, oltre che alla messa a punto delle vetture, anche a prove di sostituzione degli pneumatici o dei musetti (atto del tutto consueto durante le gare), operazione accuratamente supervisionata e cronometrata dal responsabile del team, provata più volte e riprovata quando i tempi non siano giudicati soddisfacenti, magari condita da imprecazioni in caso di errori e di allegri sfottò da parte dei colleghi verso chi abbia commesso un errore. 

Altrettanto facile incrociare i drivers che, in questi momenti più “tranquilli” dove le squadre sono impegnate ad operare sulle loro vetture, passeggiano serenamente in zone accessibili al pubblico, concedendosi simpaticamente con un sorriso alla richiesta di autografi od a qualche selfie con i fans; in questo contesto colpisce il fatto che gli stessi non siano oggetto di invadenza o di “assalto” di parte degli appassionati, quasi che questa vicinanza al pubblico generi nello stesso una sorta di “rispetto” e faccia si che questi campioni, perché tali sono, e per rendersene conto basta guardare il loro palmarès, siano più oggetto di “ammirazione” che di “feticismo”. 

 

 
Si percepisce un ambiente permeato di tranquillità (la cosiddetta “quiete prima della tempesta”) e, almeno in apparenza, non pare esserci quella tensione e quella pressione che caratterizza altri campionati; un momento che consente di scambiare quattro chiacchiere con i tecnici o con i piloti cercando di carpire loro certamente non qualche segreto (quelli non li direbbero mai neppure sotto tortura!) ma almeno, quelle si, qualche impressione sulla gara o sul circuito. 

Un contesto generale che riporta a quell’”american style” tipico delle gare Nascar o di altri eventi d’oltre oceano, dove vi è una grande disponibilità di tutti gli attori, dai piloti ai tecnici, e dove la partecipazione attiva del pubblico alla “vita dell’evento”, oltre a risultare essere un fattore vincente, si dimostra un’operazione di “marketing” studiata bene e gestita meglio, con risultati che sono evidenti agli occhi di tutti. 

Un’operazione non fine a se stessa, ma più lungimirante verso il mercato; se case come Audi, BMW, Jaguar, Nissan stanno profondendo sforzi economici in questo campionato non è certo per filantropia, ma per generare nel pubblico un “feeling” verso il marchio, da leggersi nel suo impegno verso una mobilità più sostenibile, quel concetto di “connettersi con il pubblico” che Michael Carcamo, Nissan Global Motorsports Director, aveva trasmesso in un’intervista concessaci. 

 

 
In più, lo svolgimento dell’evento nelle grandi capitali mondiali, compresso in solo un paio di giornate, sembra quasi voler diventare un “attimo particolare” nella vita di tutti i giorni, un’occasione per leggere il mondo dello sport motoristico in modo più “umano” e più vicino alla gente comune, un mondo solitamente visibile filtrato dallo schermo televisivo. 

Giusto altresì, come addetti ai lavori, lasciarsi andare al prendere qualche immagine non solo di quel lavoro oscuro che avviene ai box, ma anche di quei momenti di normalità dei piloti, dei loro sorrisi, dei loro pensieri, della loro vita per un momento simile a quella di tutti.

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