STORICHE, MA SOLO PER I REGOLAMENTI

 

Come noto, la vittoria assoluta nella categoria delle auto storiche del Monza Rally Show è andata alla coppia formata dai siciliani Salvatore “Totò” Riolo, navigato dal fido Gianfrancesco Rappa, sulla loro Subaru Legacy 4WD, che hanno regolato un lotto di vetture importanti, quali Porsche 911, Lancia Montecarlo VX, BMW M3 ed altre ancora, che sono state pietre miliari nella storia dell’automobilismo della fine dello scorso secolo.

 

A titolo di inciso, per auto “storiche” si intendono quelle che, se si parla di normali vetture stradali, stanti i regolamenti attualmente in vigore, datano almeno trenta anni dalla loro prima immatricolazione, e che nel caso sportivo trovano riscontro nel loro inserimento nella relativa fiche.

 

Peraltro, sotto l’aspetto stretto della parola, il termine “storico” porterebbe in modo naturale l’immaginario di tutti in un viaggio in tempi di certo più lontani, che nel caso dell’automobilismo sportivo potrebbe essere rappresentato dalle vetture del periodo ante guerra, mentre nel caso di specie si fa riferimento a vetture che la maggior parte di noi ha visto e, magari, guidato.

 

 

Detto con franchezza, il chiamarle “storiche” appare un po’ limitativo; se da un canto i modelli appartenenti a questa categoria presentano un look in qualche caso un po’ “datato” (ed è il caso della stessa vettura vincitrice), è però altrettanto vero che le prestazioni che esprimono sono di tutto rispetto, magari non dello stesso livello delle loro attuali “nipoti”, ma neppure troppo lontane.

 

L’evoluzione tecnica, negli ultimi trenta anni ed è innegabile, c’è stata, e ci sarebbe da meravigliarsi se così non fosse stato; se gli pneumatici sono la componente che più di altre ha incrementato le prestazioni delle auto da corsa, la discriminante “tecnica” più evidente può essere individuata, a partire dagli anni ’90, dall’introduzione dell’elettronica, che negli anni ’80 non era presente, che ha talora stravolto il concetto di guidabilità delle auto da corsa.

 

Sicuramente, sotto l’aspetto spettacolare, il livello rimane assolutamente lo stesso; solo per citare un esempio, le reazioni delle sospensioni sui cordoli del tracciato monzese generano gli stessi “decolli” delle vetture di oggi, e l’utilizzo del freno a leva per le inversioni di marcia regala al pubblico le stesse emozioni, in un livellamento che non considera il fattore tempo.

 

Ad essere obiettivi su un punto le vetture “storiche” risultano essere ancora in vantaggio rispetto alla maggior parte di quelle attuali: i modelli che correvano trenta anni fa e che si possono vedere tuttora in pista, per effetto delle loro imprese sportive, sono in modo inscindibile legate alla “fama” che si sono create, ed hanno un fascino che, per quanto hanno rappresentato e per il momento nel quale sono state generate, le vetture di oggi ben difficilmente potranno acquisire.

 

Se scopo della definizione è quello di porre una linea di demarcazione temporale è indubbio che così espresso il concetto abbia un suo preciso e indiscutibile razionale; volendo, da appassionati, e come tali con un metro di giudizio più “elastico”, guardare al lato sportivo, il quesito rimane sempre lo stesso… ha proprio senso chiamarle “storiche”?…

 

 

 

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