F.1, GP Cina 2019, in viaggio con sorpresa

 

Continua il racconto del nostro inviato sui campi di gara dell F.1. Stavolta cosà sarà successo?

 

Solita sveglia all’alba, almeno secondo il fuso orario. La nottata fra venerdì e sabato è stata un po’ agitata per i colleghi dei quotidiani. Con 6 ore di fuso orario, qualcuno si è sentito chiedere il pezzo e gli approfondimenti alle 18 ora locale, le 12 in Italia, quando ci sarebbe stato il tempo per fare le cose per bene. Qualcuno ha dovuto mollare la cena (panino con hamburger, sai che roba) e tornare in camera a scrivere. Anche perché la storia degli alettoni Mercedes e Red Bull da sostituire perché non regolari, le centraline della Ferrari da sostituire perché non si sa, fatto sta che è una ridda di voci incontrollate. Per cui si deve approfondire. Chi invece rimane al ristorante, scopre che il buffet è pronto, il panino con hamburger arriva dopo 1 ora e 22 minuti, quasi freddo e a fame passata. Con queste premesse e qualcuno che di notte ha ricevuto la chiamata del giornale, si riparte. E qui si scopre l’organizzazione cinese. Tutti a bordo dei piccoli van, stipati fino all’inverosimile. Poi tutti giù perché il bus che parte prima è l’altro, quindi trasbordo. Contrordine, ci siamo sbagliati, giù tutti e su ancora sul vecchio fino a quando si parte. In autodromo il parcheggi dedicato è vuoto. C’è solo un tavolino con quattro addetti che mangiano (lo fanno 24 ore di fila…) qualcuno fa il ruttino, un altro parla a bocca piena e sputacchia in giro, un altro ancora vuole bere da un contenitore di vetro dove noi teniamo i sottaceti, e fra una discussione animata fra loro, si decide su quale bus salire per andare nel paddock. Nel frattempo un giornalista inglese che parla cinese, chiede che fine ha fatto il suo termos, perso il giorno prima. Miracolo, lo trovano ancora intero e lo rendono al proprietario.
 

La Cina non è vicina

Si gira nel paddock fra raffiche di vento freddo, ci si guarda in faccia e ci si chiede perché siamo finiti qua. Si risponde che la gara numero 1000 è la giustificazione, fatto sta che facendo la conta, si vedono molti giornalisti inglesi, pochi francesi e meno italiani. Anzi, la nostra pattuglia è la meno numerosa. Alcuni, come Vanzini di Sky, hanno preferito restare a casa come Villeneuve, il resto della truppa è in pista regolarmente. La Stampa ha un inviato, così come la Gazzetta dello Sport, con un collaboratore tecnico, la Repubblica ha una inviata, il Corriere della Sera no. Non parliamo poi degli altri sportivi. Una volta gli italiani erano i più numerosi, ora siamo specie protetta dal WWF in via di estinzione. In compenso impazzano i web, con articoli, interviste ed esclusive, ma di inviati in giro manco l’ombra.  A parte una ragazza di Milano che si è sobbarcata il sacrificio personale pur di esserci.
 

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