F.1 CONTROVENTO Il caso Senna e i retroscena dei periti di parte: ecco le verità nascoste

Oggi, primo maggio 2019 sono 25 anni dalla morte di Ayrton Senna.

Quel pomeriggio ero seduto davanti al televisore in attesa del via come milioni di Italiani e non immaginavo che cosa sarebbe successo a Senna e di riflesso anche a me. Avevo lasciato la Formula 1 da una decina d’anni, impegnandomi in vari progetti, nel Turismo con l’Alfa Romeo e con la mia Azienda, l’Albatech nell’endurance che con la nostra vettura ci diede, grazie a Martino Finotto e Carlo Facetti, molte soddisfazioni, con la conquista di due titoli Mondiali nella categoria C 2.

La gara partì, con un incidente al via, e fu subito neutralizzata dalla Safety Car, per consentire di rimettere in condizioni di gara la zona della partenza. Ad attività terminata le vetture tornarono a prendere la massima velocità guidati da Ayrton Senna, che il sabato aveva fatto segnare la pole, seguito da vicino da Michael Schumacher. Improvvisamente, nell’affrontare il Tamburello, la Williams del brasiliano uscì di strada e andò a sbattere violentemente contro il muretto di contenimento esterno.

“Adesso esce dalla vettura” pensai. Senna ebbe un sussulto, e poi non si mosse più. Intanto due “leoni” della Cea di Ermete Amadesi, i famosi commissari dell’antincendio erano già arrivati a piedi con gli estintori, e pochi secondi dopo era arrivata l’auto di primo intervento. Senna non solo non stava scendendo ma l’esposizione della bandiera rossa ed il successivo arrivo dell’auto dei dottori diede inizio alle attività di soccorso. Era successo qualcosa di grave. Il resto lo conoscono tutti.

 

L’ingegner Giorgio Stirano, autore dell’articolo, progettista F.1 e consulente Williams nel processo Senna

 

Due settimane dopo, ricevetti la telefonata dell’Avv. Roberto Causo che mi convocava ad Imola per l’inizio delle operazioni peritali che, vado a memoria, era stata indetta per il successivo 24 di maggio. Lui era stato incaricato dalla FIA, di cui era Commissario Sportivo Internazionale, e dalla CSAI di presenziare a tutela dei futuri indagati durante il sopralluogo alle vetture. La Williams di Senna e la Simteck di Ratzenberger.

Lì, sul campo ebbi l’investitura come Consulente di Parte, per tutte e due le squadre e potei così entrare nei box assieme ai Consulenti del Pubblico Ministero, Mauro Forghieri e Tommaso Carletti. C’era anche Patrick Head in rappresentanza della Williams, di cui tra l’altro era Socio.

 

La tensione era fortissima, la tragedia percepibile, e la voglia di tutti era quella di capire ciò che era successo. Indipendentemente dalle responsabilità. Difficile dire in quel momento le sensazioni. Il piantone era staccato.

Ce ne andammo ognuno con un suo pensiero.

Con Patrick Head ci sentimmo nei giorni successivi per concordare come consegnare la centralina con i dati della gara acquisiti che la sera dell’incidente era stata affidata alla Renault per vedere se si riusciva ad estrarli. Non c’era niente da fare. Era installata sul lato destro della vettura, quello che impattò contro il muretto a bordo pista e si danneggiò inesorabilmente. Quando me la consegnarono per farla avere ai Consulenti dell’accusa, se la si scuoteva  si sentiva chiaramente il rumore di componenti all’interno che si erano staccati.

 

LA TELEMETRIA MOSTRA CHE IL VOLANTE REAGIVA

 

Poi Head mi telefonò per convocarmi alla Williams, per farmi partecipare ad un test di funzionalità del piantone che derivava dall’analisi dei dati di acquisizione che comunque erano stati registrati per via telemetrica dalla squadra e messi a disposizione per le indagini. Un riassunto di questi dati è comparso su Rombo prima e poi ripresi da Autosprint e facendo riferimento a quei tracciati si nota che la registrazione della pressione idraulica ha due consistenti picchi poco prima di impattare contro il muretto. Questi due picchi corrispondono al doppio “insaccamento” verso destra della vettura dopo l’ingresso nella via di fuga determinato dall’angolo di circa tre gradi tra la pista e la via di fuga che aveva fatto da trampolino. Fu predisposto un attuatore idraulico che applicava un impulso sul braccio dello sterzo simulando l’urto laterale al suolo della vettura con le ruote destre, come effettivamente verificatosi.

 

 

Ebbene, quando si simulava la sollecitazione/impulso verificatasi realmente sul braccetto, si otteneva un picco di pressione, se si staccava il volante il picco non si evidenziava. La conclusione inequivocabile fu che il piantone era connesso al volante. I picchi di pressione reali e simulati a piantone connesso erano infatti perfettamente sovrapponibili.

Trasmisi i dati di questi test ai Consulenti del PM e poi attendemmo il deposito della Perizia dell’Accusa che avvenne il 5 di gennaio 1995. Analizzammo, l’opinione dei tre Consulenti Tecnici, che confutava i nostri tests, con una giustificazione che, ancora oggi, confesso di non aver capito.

 

Poi non ci furono altre notizie se non dopo due anni, quando si arrivò al rinvio a giudizio, nel marzo 1997. Era chiaro che ci si sarebbe scontrati proprio sul piantone

C’era un punto che ci preoccupava, nella loro Perizia c’era scritto che “le analisi di laboratorio confermano la rottura del piantone a fatica. (…) Esse indicano la presenza nella sezione di linee progressive di rottura a fatica per flessione per il 70%.”

Affidammo il report metallurgico a cui si erano ispirati di tre Consulenti dell’Accusa al Laboratorio di Alenia Spazio di Torino in modo che ci dessero il loro parere. Emerse in fase dibattimentale che il piantone presentava invece “un’area stimabile approssimativamente 35-40 per cento dell’area totale della sezione rotta fatica e un 60-65 per cento di area efficiente che ha ceduto proprio nell’ultimo momento per un sovraccarico” Sia il Colonnello Hallgass dell’Istituto Metallurgico dell’Aeronautica Militare che aveva effettuato l’analisi per conto dell’accusa che il Sig. Suppo dell’Alenia per conto della difesa, concordarono sul punto. Non c’erano dubbi.

 

La copertina del libro Precario Perpetuo in cui l’ingegner Stirano affronta nel dettaglio il processo Senna e le fasi dibattimentali

 

 

A questo punto veniva spontaneo porsi la domanda se in quelle condizioni strutturali il piantone fosse funzionale o meno. E’ ancora  il colonnello Halgass, consulente dell’accusa che rispose in udienza così: “Come stabilito l’area di sezione ancora utile al momento del cedimento era intorno al 60-65 % della sezione integra. Questi valori assicurano ancora una sufficiente resistenza di rigidità, intesa in senso statico”.

Ho citato questi passaggi che si riferiscono a dati oggettivi sullo stato del piantone che sulla sua funzionalità per dimostrare che le nostre analisi furono rigorosamente oggettive. Non ho altro da aggiungere sul tema.

 

Ma ho da fare qualche riflessione, anzi qualche domanda. Se è vero che la Williams fu “negligente” in quella circostanza: come mai, la FIA immediatamente nel corso del campionato, cioè dalla gara di Barcellona (che era quella successiva, non contando Monaco circuito su cui l’aerodinamica conta relativamente) cambiò il regolamento delle vetture introducendo il famoso scalino di 50 mm al di sotto delle vetture ?

Come mai furono apportate modifiche ai circuiti ?

Come mai la curva del Tamburello appena dissequestrata fu sostituita con una chicane ?

Resta il fatto che in quel terribile week end abbiamo perso due piloti ed assistito ad una altra quantità di incidenti sia al via che ai box, fatti che dimostrano che in quel momento la FIA aveva dei problemi a gestire i regolamenti. Unica modestissima consolazione è che nel 1995 furono introdotte normative sulla sicurezza passiva dei telai, sulla gestione dei sistemi elettronici che nel ’94 erano incontrollabili e sui circuiti.

Giorgio Stirano

 

 

 

 

 

 

 

Condividi su: