Sfida accettata: come è nata la leggenda di Mazda e le sue origini

Comunicato MAZDA

 

Matsuda, Mazda, Mukainada: questi tre nomi si intrecciano indissolubilmente lungo tutta la storia di Mazda. Come una famiglia, un dio e un posto molto speciale hanno dato origine allo Spirito di Sfida che tuttora caratterizza l’Azienda.

 

Quando Jujiro Matsuda uscì dal suo barbiere preferito di Hiroshima per il suo 70° compleanno, aveva tutte le ragioni per essere contento. Si era appena tagliato i capelli per l’occasione, come da anni era sua abitudine. Di umili origini, aveva fatto fortuna diventando un uomo d’affari di successo e molto considerato – una vera storia dalle stalle alle stelle che sembra uscita da una sceneggiatura hollywoodiana. E aveva tutte le ragioni di credere che avrebbe trasmesso un’attività fiorente a suo figlio che, da parte sua, stava iniziando a mostrare il suo acume negli affari. Era il 6 agosto 1945, il giorno in cui sul centro della città di Hiroshima venne sganciata la bomba atomica. Un giorno che non solo cambiò le sorti dell’azienda di Matsuda, ma il mondo.

L’evento devastante avrebbe potuto facilmente decretare la fine per l’emergente azienda di macchinari industriali di Mukainada, alla periferia della città bombardata. Invece, è stata la nascita di un genere speciale di “Spirito di Sfida” che sarebbe diventato una caratteristica peculiare dell’azienda oggi nota come Mazda Motor Corporation.

Il giovane imprenditore

In effetti, superare le sfide era stata una parte importante della vita di Jujiro Matsuda anche prima di quel fatidico giorno del 1945. Nato nel 1875 nella prefettura di Hiroshima come dodicesimo figlio di un povero pescatore, era difficile escludere che il giovane Jujiro sarebbe mai stato a sua volta qualcosa di più di un pescatore – mestiere che ha intrapreso temporaneamente dopo la morte di suo padre, appena tre anni dopo. Ma Jujiro Matsuda aveva in mente cose più importanti. Alla veneranda età di 13 anni, partì da solo per Osaka, a 250 chilometri dalla sua casa natale, per diventare un fabbro. A 20 anni aprì la sua prima officina metalmeccanica. A 31 anni, la sua invenzione, la pompa brevettata Matsuda, aveva portato una certa prosperità allo specialista e alla sua giovane famiglia.

Nel suo periodo di massimo splendore, l’azienda “Matsuda Works” impiegava circa 4.000 persone e produceva spolette di artiglieria per lo zar di Russia. Ma quando il fondatore volle ampliare la produzione nella sua città natale di Hiroshima, l’opposizione che Jujiro Matsuda incontrò dai suoi soci alla fine lo spinse fuori dall’azienda.

Tuttavia Matsuda, ancora una volta, affrontò l’avversità con la volontà di ricominciare da capo e di farsi strada. Un modo che non fu per niente facile o comodo, come ha sottolineato Jujiro Matsuda: “Ho percorso solo sentieri irti e accidentati. Percorsi pieni di difficoltà e sofferenze. Ho tirato diritto. Ferito, con il respiro affannoso, a volte accecato, ma ho tirato diritto”. Cosa gli ha permesso di proseguire lungo questo percorso desolante? “La fiducia in me stesso e negli altri”, ha detto Matsuda. “La mia vita è stata all’insegna della fiducia; qui sta la mia profonda gratitudine”. E, alla fine, questa fiducia diede i suoi frutti. Con la cessione alla più grande Nihon Steel Manufacturing Company di un’altra azienda metalmeccanica che  aveva avviato con successo, Jujiro divenne ricco: un pescatore, diventato fabbro e, infine, imprenditore.

Dal sughero alle auto

Quando nel 1921 l’ancora giovane imprenditore fu contattato per contribuire al rilancio della Toyo Cork Kogyo, un produttore di surrogato del sughero in difficoltà che lui e un gruppo di altri investitori avevano acquistato l’anno prima, si rivelò ancora una volta all’altezza della sfida. Matsuda divenne presidente dell’azienda e iniziò subito a spostarne l’attività dal sughero. Il surrogato raccolto dagli alberi della natia Abemaki era stato molto richiesto nel periodo delle restrizioni commerciali della prima guerra mondiale, ma la domanda stava declinando rapidamente. Così, Jujiro Matsuda iniziò a deviare gradualmente l’attività in una nuova direzione: la metalmeccanica, ovviamente. La nuova divisione, che costruiva macchinari, divenne presto l’attività principale dell’azienda, finché Matsuda non svelò il successivo asso nella manica: il Mazda-Go, un furgoncino a tre ruote che fu la prima incursione dell’azienda nel settore dei veicoli. Naturalmente, sarebbe stato tutt’altro che l’ultimo.

Il fatto che il nome dell’azienda alla fine divenne “Mazda” può essere visto come un indice del successo del tre ruote. La parola stessa non solo ricorda il nome della famiglia Matsuda, ma è anche un riferimento ad Ahura Mazda, dio persiano della luce e della saggezza. La divinità è tipicamente rappresentata come un uomo alato in un cerchio, un’immagine ancora rintracciabile nell’attuale logo Mazda. Toyo Kogyo – visto che l’azienda aveva ormai tolto il “Cork” dal suo nome – con il Mazda-Go aveva raggiunto il successo: le dieci unità prodotte al giorno erano quasi insufficienti per soddisfare la domanda.

Il tre ruote era potenzialmente adatto per trasportare maggiori quantità di merci attraverso le strade strette delle città giapponesi e veniva proposto con innovazioni tecniche quali un motore a quattro tempi, un vero lusso per l’epoca. Come con la sua pompa, e in tanti altri casi negli anni seguenti, Matsuda aveva scelto di sfidare le convenzioni e aveva vinto. Nel 1940 c’erano persino piani per lanciare un’auto a quattro ruote, ma la seconda guerra mondiale mise bruscamente fine al progetto. E poi, dopo cinque anni di guerra, cadde la bomba e a Hiroshima il mondo si fermò.

Risorta dalle ceneri

Mukainada, il sobborgo di Hiroshima dove si trovava la fabbrica di Toyo Kogyo, è circa cinque chilometri dal punto di caduta della bomba e, alle 8:16 del mattino, Jujiro Matsuda era già a buon punto sulla via del ritorno alla sede dell’azienda. Fu questo che salvò la vita a Matsuda, e la sua azienda dalla distruzione totale. L’auto di Jujiro Matsuda fu scaraventata fuori strada dall’onda d’urto della bomba, ma lui e il suo autista ne uscirono relativamente illesi. Sebbene la sede dell’azienda fosse in rovina, i danni strutturali nell’area della fabbrica a Mukainada furono piuttosto limitati. Il tributo emotivo, tuttavia, fu immenso. In un attimo morirono 80.000 persone, tra cui molti dipendenti di Toyo Kogyo. Tantissimi altri rimasero feriti, persero la casa o i familiari. In queste circostanze la disperazione sembrerebbe una reazione del tutto naturale, ma la gente di Mukainada non è fatta così.

Con un impressionante sforzo di irriducibile determinazione, un’intera città iniziò a tirarsi su da sola e la famiglia Matsuda fu pronta a fare la propria parte. Per prima cosa, Jujiro e suo figlio Tsuneji, da allora parte dell’azienda, si prodigarono per contribuire ai bisogni immediati della comunità. Tra l’altro, lo stabilimento di Mukainada fu trasformato in un improvvisato ospedale e in una stazione radio. I dipendenti aiutarono i concittadini a ricongiungersi con le loro famiglie e a distribuire forniture mediche. Quattro mesi dopo, la società era pronta per riprendere la produzione dei tre ruote – e con gli sforzi in corso a livello nazionale per la ricostruzione, la domanda di veicoli da trasporto era più alta che mai. Gli affari, ancora una volta, andarono a gonfie vele. Ma gli eventi successivi all’attacco a Hiroshima avevano cambiato per sempre l’azienda. La città e l’azienda avevano dimostrato che insieme potevano affrontare le avversità e uscirne vittoriosi. Il risultato è stata la volontà di affrontare le sfide a testa alta, di non arrendersi mai, il che caratterizza la Mazda anche oggi. Lo “Spirito di Mukainada” è nato dalle ceneri di una città distrutta.

La prossima generazione di sfidanti

Jujiro Matsuda aveva sempre avuto nel cuore lo spirito di sfida e suo figlio Tsuneji Matsuda stava per seguirne le orme. Era stato parte attiva negli sforzi per la ricostruzione del dopoguerra ed era rimasto profondamente colpito dalla determinazione e dal coraggio visti in quei giorni. Quando nel 1951 divenne presidente di Toyo Kogyo, l’azienda aveva ampliato con successo la propria attività con i tre ruote Mazda e con alcuni veicoli commerciali a quattro ruote, ma l’erede che seguiva le orme di Matsuda aveva nel mirino le autovetture. Nel 1960 ne arrivò il momento: Toyo Kogyo lanciò la Mazda R360 Coupe, una compatta Kei-Car che conquistò il Giappone. Per alleviare la congestione del traffico, queste auto ultracompatte avevano ricevuto una spinta dal governo giapponese, e il nuovo modello Mazda si distingueva dalle concorrenti in questo segmento con la sua forma coupé e con innovazioni tecniche come la leggerezza della struttura. Questa combinazione colse perfettamente lo spirito del tempo di una classe media che stava crescendo: nel 1963, la produzione totale raggiunse il milione di unità, e nel 1966 quel numero era raddoppiato.

Tuttavia, non tutto andò liscio: durante il suo periodo al timone della nave Mazda, Tsuneji Matsuda ha avuto ampie opportunità di usare la sua versione dello Spirito di Mukainada. Negli anni ‘60, il governo giapponese premeva sui piccoli costruttori affinché fondessero le loro attività in aziende nazionali più grandi che potessero competere su scala globale. Nissan, Toyota e Mitsubishi sarebbero dovute diventare la nuova casa di molti piccoli costruttori. Ma Matsuda era determinato a proteggere la tradizione dell’azienda e a continuare sulla strada difficoltosa ma indipendente che suo padre aveva intrapreso.

La soluzione arrivò sotto forma di un ingegnere tedesco e della sua rivoluzionaria invenzione: Felix Wankel e il suo motore rotativo. Nel 1961, Mazda firmò un accordo di licenza con la società tedesca NSU, che aveva ottenuto i brevetti per quella tecnologia. L’idea: se Toyo Kogyo fosse rimasta sufficientemente unica, l’azienda avrebbe potuto cercare di mantenere la propria indipendenza. Una scommessa rischiosa, soprattutto perché il motore rotativo non era in alcun modo pronto per essere installato su una vera vettura di serie. Ma come tante volte nella storia di Mazda, la  sua audacia  fu ripagata: “I politici furono entusiasti e ci lasciarono investire”, ricorda Kenichi Yamamoto, il leggendario ingegnere responsabile dello sviluppo del motore rotativo fino alla maturità di mercato. Ad oggi, i   modelli rotativi come la Mazda Cosmo Sport 110 S o la Mazda RX-7 sono tra quelli più amati della storia dell’azienda e hanno contribuito a inserire Mazda sul mercato mondiale.

 

Lo spirito è sempre vivo

La dinastia Matsuda ha ceduto le redini dell’Azienda nel 1977. Kohei Matsuda, il figlio maggiore di Tsuneji, era stato fortemente coinvolto fin dall’inizio nel progetto del motore rotativo e aveva assunto la presidenza nel 1970. Come suo padre, voleva continuare a sviluppare la tecnologia, ma la grande crisi petrolifera fu un duro colpo per il progetto. Anche se la terza generazione del clan Matsuda lanciò il progetto che sarebbe poi diventato l’iconica Mazda RX-7, Kohei Matsuda si dimise prima che il progetto approdasse sulle strade giapponesi.

Anche se Mazda non è più nelle mani della famiglia Matsuda, lo spirito di sfida che ha instillato nell’azienda è ancora vivo e vegeto. La sede centrale si trova ancora a Mukainada. Ogni volta che si presentano delle sfide, la storia e la mentalità che questo luogo rappresenta ricordano a tutti i dipendenti Mazda che bisogna sfidare le consuetudini e cercare con coraggio nuove soluzioni.

È questa eredità di Mukainada che aiuterà Mazda anche ad affrontare le crisi dovute a disastri naturali o pandemie, ma anche le enormi sfide di oggi: connettività, guida autonoma e l’idea della mobilità condivisa stanno sostanzialmente ridefinendo il reale significato di guidare – e di possedere – un’auto, con profonde implicazioni per le case automobilistiche di tutto il mondo. E la spinta all’elettrificazione e alla riduzione della CO2 sta esercitando nuovi impulsi in fatto di sviluppo del motore. Per un produttore relativamente piccolo come Mazda, trovare proprie soluzioni indipendenti per queste sfide non sarà facile – la strada è irta e accidentata, ma alla fine ne sarà valsa la pena.

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