F.1 Stefano Rumi e Fondmetal una storia di passione d’altri tempi

TESTO E FOTO DI GIUSEPPE MAGNI

Stefano Rumi con la scatola del cambio della Minardi M02 di F.1

“Quand’ero un ragazzino andavo a scuola col mio motorino Fifty e usavo spesso questo casco appartenuto a Piercarlo Ghinzani. Non vedevo quasi nulla, perché la feritoia era davvero stretta, però mi piaceva l’idea di sentirmi anche io un pilota.” Così Stefano Rumi in un piacevolissimo rendez vous tra appassionati che ha avuto luogo a Palosco, la sede storica della Fondmetal.

Foto di gruppo degli appassionati che sono andati in visita a Palosco

Il padrone di casa è stato un anfitrione gentilissimo e davvero prodigo di aneddoti e spiegazioni, soddisfando ogni curiosità dei competenti convenuti. “Quella volta che provammo diversi piloti a Jerez, ad un certo punto toccò ad un giovane spagnolo. Fece un giro e poi un altro e poi Cesare Fiorio lo fermò subito: Ti avevo detto di non tirare nei primi giri, redarguì il ragazzo. Ma guardi che io non ho tirato affatto, rispose il giovane. Lo fecero girare ancora e Fiorio si precipitò a chiamare mio padre: questo Fernando Alonso dobbiamo prenderlo a tutti i costi!

Nel cortile dell’azienda a Palosco un museo a cielo aperto di F.1

Siamo nel cortile dell’azienda e, da una delle teche sul perimetro esterno, dove sono custodite tutte le Formula 1 messe in pista all’epoca dalla squadra di Gabriele Rumi, mi fa l’occhiolino Lei, la più avvenente, la più bella di tutte, la Fondmetal GR02, progettata da  Sergio Rinland. La vidi la prima volta spuntare dalla Prima di Lesmo durante le prove del Gran Premio d’Italia 1992. Ne fui folgorato. Percorse a tutta velocità la Seconda di Lesmo e io, che la guardavo dalla tribuna in cemento che c’era all’esterno, rimasi estasiato. Saranno stati i colori, saranno state le forme, sarà stato perché Gabriele Tarquini la conduceva con una maestria che solo i grandi…

La GR02 una delle monoposto più belle eletta da Autosport inglese

Fatto sta che, adesso che la rivedevo lì, non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, talmente sono ancora attualissime ed accattivanti le sue forme, con quel muso a punta, l’abitacolo rastremato ed affusolato come un missile, le fiancate pulite, con quei colori rosso, blu notte e argento che la rendono ancora oggi così affascinante. Mi sforzo di continuare ad ascoltare Stefano Rumi, che continua a raccontare: “Quella presentazione che avvenne nella piazza del paese, qui a Palosco, fu nel 1991, quando presentammo la GR01, disegnata da Robin Herd. C’era un bel palco vicino alla chiesa, c’erano mio padre, ovviamente, Olivier Grouillard, il pilota, e Gianfranco Palazzoli, il direttore sportivo.”

Ma, dopo poco, i miei occhi tornano su di Lei, che è lì che mi guarda, con la sua ala anteriore perfettamente integrata con il muso e gli attacchi inferiori delle sospensioni anteriore infulcrati in una elegante chiglia sotto la fusoliera. Meravigliosa…

L’ufficio di Gabriele Rumi il fondatore e appassionato manager del team

Entriamo. Al piano terra Stefano ci apre una stanza che sembra uscita da un libro delle fiabe: su alcuni scaffali sono appoggiate alcune scatole dei cambi di quella Minardi M02 F.1 che avevamo appena ammirato in cortile, poi particolari delle sospensioni, interruttori che allora popolavano gli abitacoli, non esistevano ancora i volanti da space shuttle di oggi. Prende una scatola di un cambio e ce la porge: “Sentite come pesa poco: con la Minardi 2000 avevamo raggiunto un ottimo livello di leggerezza, pur rispettando tutte le norme, anche allora molto severe, sui crash test.”

I miracoli dei piccoli team di una volta: una scatola del cambio leggerissima e resistente

Non credevamo ai nostri occhi: potevamo imbracciare un pezzo di storia della Formula 1, apprezzare la tecnologia dell’epoca, toccandola proprio con mano! L’emozione era già a livelli di guardia, quando Stefano Rumi ci invita al piano superiore. Lì ci si è aperto il cuore: sulla parete un enorme foto proprio della GR02 di Gabriele Tarquini impegnata a Silverstone, nel 1992. “Questo era il ponte di comando di mio papà.” Ci svela Stefano. “Chissà quanti contratti sono stati firmati, quante decisioni importanti sono state prese qui…” Fa uno di noi.

La sala dei ricordi e dei trofei con i visitatori

“Beh, in effetti qui sono venuti in tanti, dai piloti, a Flavio Briatore, ai vari, notissimi Ingegneri progettisti…” ammette con un certo orgoglio misto a commozione Stefano Rumi. Su un’altra parete un poster storico della Coppa Città di Bergamo, disputatasi in Città Alta il 19 maggio 1935 è vinta da Tazio Nuvolari. “È uno dei poster originali dell’epoca” mi svela Stefano “ce ne saranno in giro tre o quattro”

Su un mobile in legno scaffalato, altri pezzi di storia, altre scatole del cambio. “Questa è quella della GR02” ci svela Stefano. Io, che avevo portato una piccola GR02 scala 1/43 per fargliela autografare, gliela appoggio sopra. La piccola fa quasi tenerezza, appollaiata sopra quella scultura metallica. “Questa è una parte di te…” le sussurro, mentre gli altri sono intenti a guardare la gigantografia sull’altro lato.

Negli armadi a vetro sulle altre pareti fanno capolino tutti i caschi autografati di tutti i piloti che hanno corso per la Fondmetal, o per la Minardi Fondmetal o per le squadre che si affidarono a Fondmetal Technologies, come la Tyrrell o la Benetton, oppure la Williams, di cui Fondmetal fu fornitore delle ruote da 1986 al 1992, cioè fino ai tempi di Mansell e Patrese. “Purtroppo Nigel Mansell non ha mai voluto regalarci uno dei suoi caschi, ma gli altri ci sono tutti”.

Un tuffo indietro nel tempo, dove i caschi erano delle firme autografe inconfondibili, che accompagnavano un pilota per tutta la sua carriera. Ad un certo punto, su un ripiano, spuntano i modellini in scala 1/43 e 1/20 della GR02, sempre Lei, la più bella, la più iconica. “Li ha fatti un giapponese, mi ha chiesto il permesso e poi me li ha inviati.” Dice Stefano. Alle nostre spalle, alla scrivania, sembra di veder seduto Gabriele Rumi, che ci guarda e sorride. Pare gli faccia piacere che ancora tanta gente, tanti appassionati ricordino con cosi tanta emozione la sua piccola squadra, che ha ancora il suo cuore pulsante in questa terra di confine tra la province di Bergamo e Brescia, prossime capitali della cultura.

Anche se da queste parti, credo si possa parlare più di coltura, date le enormi distese coltivate tutto intorno alla factory dei Rumi. Del resto, non è che nemmeno nella bassa modenese si possa dire che sia mai esistito un esteso ed avanzato polo tecnologico, eppure…

“A proposito di polo tecnologico, alla Fondmetal Technologies, nel ferrarese, c’è ancora qualcosa?” Chiede uno di noi. “Certo, ci sono ancora tutti i modelli in scala delle monoposto che abbiamo studiato in galleria del vento proprio lì.” Ci risponde Stefano. “Allora la prossima ci vediamo là!” “Certo, volentieri!” Stefano Rumi, il volto sorridente e appassionato di una Formula 1 di trent’anni orsono, ci saluta così, mentre usciamo, scattiamo le ultime foto, proprio davanti alla GR02, ammaliante e ammiccante come una diva. “Tanto tornerò presto.”

Le prometto sottovoce. Sì, lo confesso: tante volte sono venuto qui, vengo qui, da solo. La ammiro da fuori, dal campo coltivato attiguo alla sua dimora. Lei mi vede, lo sa, non si è mai negata. Va avanti così da anni. D’altronde, non posso proprio fare altrimenti: al cuore, davvero, non si comanda…

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