F.1 GP Monza, Scheckter e quel tuffo nel passato di 40 anni fa con la rossa mondiale

DI GIUSEPPE MAGNI TESTO E FOTO
Monza. Casa dolce casa. Ah, finalmente a casa! Ci si può rilassare, mettersi in libertà, in piena decompressione fisica e mentale. Ci si spalma sul divano e si possono godere momenti di riposo in cui si può perfino sonnecchiare, senza pensare a niente. Ah! Che relax… Magari! Niente di tutto questo! Monza, già il primo giorno di prove, è un caleidoscopio di grandi emozioni, tuffi al cuore, veri e propri lampi, scosse violentissime di ricordi, misti alle tre ore di prove libere, dove si sono già visti diversi tipi di superficie, dal bagnato di stamattina, all’umidiccio, all’asciutto di inizio e fine FP2, inframezzato da una pioggerella fine, che ha agitato solo gli impermeabili tirati fuori dagli zaini degli spettatori. Ma torniamo a stamattina; prendiamo un caffè e scopriamo alla hospitality Mercedes AMG F1 che il premio loro assegnato ieri sera da RMC Motori quale migliore e amichevole hospitality della F.1 fa bella mostra di sé sul ripiano davanti al bancone del bar, con i ragazzi della Stella che sorridono orgogliosi ai tanti che fanno loro i complimenti per il premio, meritatissimo. Così come meritatissimo è stato il premio RMC Motori Motorsport Passion, assegnato a Silvia Hoffer per la sua appassionata, preziosissima, instancabile, quanto competente attività in F.1. È stato davvero con orgoglio ed emozione che glielo abbiamo consegnato qui in Autodromo, ringraziandola davvero di cuore per il suo impegno ed il suo esempio. Ma, lì per lì, non sapevamo ancora cosa ci aspettasse…
Altro che relax e decompressione… All’inizio del paddock, lato nord, campeggiava infatti un piccolo tendone, vecchio stile, che ci ha incuriosito. Sembrava una di quelle strutture, semplici quanto spartane, che usavano nei paddock anni settanta, ottanta. Chissà che ci sarà là sotto… Ci avviciniamo… Intravediamo un qualcosa di familiare… Un’ ala anteriore argentea, old style. Giungiamo davanti al tendone ed eccola lì, meraviglia delle meraviglie! Nientemeno che la Ferrari 312 T4, campione del mondo a Monza con Jody Scheckter il 9 settembre 1979! E, udite, udite, dietro di lei, proprio il campione sudafricano in tuta Brooklyn dell’epoca! Ditemi voi, ditemi che voi che razza di relax potrebbe essere mai questo! Ditemi voi cosa può scatenare un incontro del genere in un ex quattordicenne dell’epoca che ricorda quella gara come se fosse adesso, come se fosse stata corsa due ore fa, con Jody, davanti a Gilles, ossequioso nei confronti del suo compagno di squadra, che lasciò vincere per il delirio collettivo dei duecentomila presenti in Autodromo e le copiosissime lacrime delle centinaia di milioni di tifosi davanti alla tv.
Spalmarsi sul divano? Godere momenti di riposo assoluto? Qua è già tanto che non ci scappi un coccolone! Soprattutto quando Jody si avvicina per foto e autografi, salutando i convenuti come fossero vecchi amici… Ho pianto senza nessuna vergogna. Copiosamente. Davanti a lui e davanti a tutti. Ero già un discreto ferrarista all’epoca e, benché la 312 T4 non fosse una regina di bellezza, è una Rossa che ci portò in paradiso, con due piloti eccelsi, meccanici sublimi, facendo gioire tutti noi e il grande padre padrone di Maranello, Enzo Ferrari. E ora la T4 era lì, pronta ad entrare di nuovo in pista a Monza, il suo habitat naturale, il regno che l’ha incoronata campionessa del mondo F.1 quaranta anni fa.
“Aprite bene le orecchie e il cuore” ci fa Cleto Zini, immarcescibile meccanico di Jody, che ancora oggi ci scherza lanciandogli cartacce, come se non fosse passato nemmeno un minuto da quei momenti. “Adesso ve la facciamo sentire noi la musica vera!”. Subito, dietro il gioiello rosso, Pietro Corradini, altro ragazzo del 1979, anche lui nel giallo originale, fa cantare il 12 cilindri boxer della regina numero undici. Altre lacrime, singhiozzi, felicità che straripa, repentina e senza freni, mentre la melodia sale alta, altissima, toccando corde profonde, sconosciute, sublimando l’anima di un vecchio tifoso, lì, come tanti altri, in estasiata adorazione.
Poi la spengono, la spingono fuori, fino in corsia box. Seguiamo Jody Scheckter, che incontra Antonio Ghini, appena prima di entrare in pit lane. Si abbracciano. La regina intanto è lì, leggiadra e solennemente altera, che fa attendere tutti, prima di riprendere pieno possesso del suo legittimo regno: la pista di Monza. Jody la gurda, la accarezza, posa per qualche foto seduto sulla anteriore sinistra. Poi la cerimonia, lenta e solenne, della vestizione: sotto casco, casco, guanti. Ed eccolo calarsi nel suo trono, l’abitacolo della T4, dove Zini e Corradini gli sistemano le cinture. Altri attimi di attesa, di dolcissima suspence in cui la 312 sembra pavoneggiarsi, nel suo rosso che più rosso non si può, davanti a mille telecamere e obiettivi che spuntano da ogni dove. Poi il momento: i ragazzi del ‘79, in giallo, accendono il motore, Jody innesta la prima e via! Verso una nuova gloria, verso una nuova vittoria. Quella nel cuore degli appassionati del 2019, che la ammirano e la applaudono per tre giri, anche se non l’avevano mai vista prima, anche se Jody l’hanno visto solo sui libri di storia… E noi lì, stesi dall’emozione, spalmati sull’asfalto a guardare il cielo, cui restituiamo qualche goccia di pioggia che cade giù, con ancora qualche lacrima, che sale su…
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