RICORDANDO ALBERTO COLOMBO La scomparsa di un pilota simbolo di una generazione

DI PAOLO CICCARONE FOTO PROFILO P.CANTU’

Se ne è andato in silenzio e discreto, come era suo solito. Alberto Colombo rappresentava quella generazione di piloti fai da te dove la passione veniva prima di tutto. Il capellone di Varedo, provincia di Milano, ha seguito tutta la trafila: dalla F.Monza, con il campionato vinto, alla F.3, poi la F.2, l’assaggio e la mancata qualificazione con la F.1 grazie a un pool di sponsor e supporto di Arturo Merzario, fino a diventare team manager con la sua San Remo Racing. E poi ancora le idee sul futuro, come l’auto elettrica che aveva intenzione di costruire, lanciandosi ancora nel futuro. La sua corsa, invece, si è fermata il giorno della befana.

Avrebbe compiuto 78 anni il prossimo 23 febbraio e da tempo era malato ma aveva sempre mantenuto intatta quella passione che lo ha spinto a seguire quello sport che sembrava fatto apposta per lui. I ricordi vanno indietro alle scuole elementari e medie, quando in classe il vostro cronista si ritrovò due cugini di Alberto Colombo. I cugini Poratelli, figli di mobilieri come erano la maggior parte degli artigiani della Brianza.

Varedo, Bovisio Masciago, Cesano Maderno, tanto per citare alcuni comuni, erano il cuore pulsante di tante piccole realtà imprenditoriali che timidamente si affacciavano sul mercato nazionale, fino a diventare delle eccellenze. Fra tanti artigiani e falegnami, lui, l’Alberto da Varedo, spiccava per quella passione per i motori e complici i due cugini, compagni di classe, andammo alla scoperta del motorsport più bello e pulito. La F.Monza, lì nell’officina, sembrava una F.1 e i sogni si perdevano a profusione.

Le prime gare a Monza sul circuito junior, il mercoledì mattina le 15 righe della gara con il titolo bello grande di Vola Colombo a Monza, titolo ripreso anche negli incidenti seguiti poi nelle categorie maggiori. Ma noi, ragazzini alla scoperta del motorsport, sognavamo. L’incidente di Ignazio Giunti, Buenos Aires gennaio 1971, aveva aperto la molla alla polemica, alle letture di Marcello Sabbatini su Autosprint e le opinioni di Alberto, che con quel cespuglio di capelli ricci in testa, che lo hanno seguito anche in tarda età lasciandolo come segno distintivo, ci apriva a un nuovo modo di pensare le corse.

E poi, più tardi, le domenica al bar La Croce Bianca, dove il compagno di classe, Ferrario, aveva comprato una TV a colori in Svizzera e dalla TV rosso crociata seguivamo in GP in diretta e vedevamo come erano le F.1 dell’epoca nei colori che la stampa (spesso ancora in bianco e nero) e la scarsa TV italiana, mostravano nelle tonalità di grigio. In tutto questo Alberto svettava, era il nostro idolo, colui che dalla F.Monza era salito fino alla F.2, passo dopo passo, sempre con quel sorriso, sempre con quel cespuglio di capelli in testa e sempre come nostro punto di riferimento per un motorsport che non esiste più e che oggi, con la sua scomparsa, ci fa fare un salto nel passato a ricordo di un grande uomo, un grande campione, un amico unico e a quei giorni delle scuole medie a Bovisio Masciago dove la capitale dei nostri sogni era Varedo e quell’officina con la nostra F.Monza sui cavalletti che ci faceva lanciare il cuore oltre l’ostacolo.

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