TEST IN BAHRAIN, ECCO CHI VINCE E CHI PERDE

Testo e foto ROBERTO BIANCHI ALLSPORT EXPERIENCE

 

La stagione sportiva di Formula 1 è ormai alle porte e si presenta con le consuete aspettative e carica di emozione, si scatenano le opinioni dei più competenti sui primi test che sono stati solo un antipasto di ciò che vivremo e vedremo durante i 10 mesi che ci aspettano.
Facendo due conti, sono passati oltre 20 anni da quanto abbiamo festeggiato con un suntuoso party serale nei giardini di Villa Reale a Monza il progetto del nuovo circuito di Bahrain che avrebbe, da lì a pochi anni, accolto un Gran Premio di Formula 1, precursore tra i paesi arabi di un modello di sviluppo ambizioso.
Fu un grande colpo di genio di Mr.Ecclestone che sbarcava nel middle east con un programma quinquennale e una programmazione solida, basata sulla capacità di spesa di un paese piccolo ma con una visione, le idee chiare e in cerca di un riconoscimento internazionale.
In questi 20 anni abbiamo vissuto l’evoluzione straordinaria di un paese che ha creato attorno all’evento sportivo e al suo circuito una rivoluzione che ha toccato tutti i settori e che oggi gode di infrastrutture degne di un paese moderno.
Da allora ho visto sorgere autostrade, alberghi, resort, grandi mall, la città di Manama si è sviluppata in verticale attorno alla propria baia, l’aeroporto è stato completamente rivoluzionato ed oggi è quadruplicato rispetto ad allora con una compagnia aerea dedicata.
Bahrain è un paese che ha visto lungo, un’isola nel golfo persico presso che sconosciuta ai più ma che non ha avuto paura di investire su se stessa, che ha puntato sul grande evento sportivo di rilevanza internazionale per proporsi come potenziale destinazione al mondo intero.
Oggi, già appena atterrati, ti accorgi subito che l’accoglienza e l’ospitalità sono una eccellenza di questo paese, dalle corsie preferenziali per i media e personale della Formula 1 in dogana, dal servizio chaffeur, dalla disponibilità e quantità di informazioni per chi arriva, le agevolazioni nei negozi della città. Il pubblico ha a disposizione ampi parcheggi asfaltati, una autostrada comoda, tribune in cemento armato coperte con maxischermo HD, spettacoli di intrattenimento musicale con un programma musicale degno di un Hard Rock Cafè.
Lungo il percorso per arrivare al circuito le gigantografie della famiglia reale si alternano che quelle dei piloti visti come moderni eroi e le maxi affissioni promuovono il Gran Premio come un grande evento di cui andare fieri e orgogliosi, così come per la bandiera nazionale che campeggia ovunque.
Bahrain ha saputo, meglio di molti altri, interpretare correttamente il valore dell’evento sportivo e basare su di esso lo sviluppo di una intera nazione che, ad honor del vero, ha molto poco da offrire rispetto alla vecchia Europa, ma quello che ha lo propone con una modalità entusiastica, decisa, ammirabile.
Il Gran Premio diventa così lo straordinario promotore di un territorio, della sua cultura, delle sue tradizioni comunicando al mondo intero le peculiarità di ogni paese in cui è in cui è calendarizzata una gara.
Per questa ragione non mi stupisco e, anzi, colgo con favore, se il prossimo calendario dovesse penalizzare il vecchio a favore del nuovo che avanza, perché questo rappresenta spesso una nazione volitiva, emergente, che sa accogliere e riconoscere, ha voglia di innovare e mettersi in mostra con ciò che di meglio ha da proporre agli spettatori attivi o passivi.
Un Gran Premio di Formula 1 è in grado di lanciare o rilanciare un intero paese, creando l’attrattività adeguata a proporlo come meta ma è necessario che quest’ultimo abbia ben in mente che è un interesse comune e non del singolo circuito.
Ci sono ospiti che con la scusa di un Gran Premio organizzano una intera vacanza a completamento della visione della gara.
Abbiamo tutti da imparare da chi ha meno di noi ma ha il coraggio di affrontare la sfida con entusiasmo e consapevolezza.
I test non li ha superati uno dei Team, li ha superati il paese del Bahrain!

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