ORAL L’eredità di Forghieri vive ancora a Modena ecco cosa abbiamo visto

TESTO E FOTO DI GIUSEPPE MAGNI

Il modellino usato in galleria del vento all’epoca della Lamborghini F.1

Era cominciata con la classica telefonata di cortesia: “Ciao Beppe, come stai? Verresti a pranzo a Maranello? Sto organizzando con alcuni amici…” Così, qualche settimana fa l’amico Thomas Pullini. Non era la prima volta che si organizzava un ritrovo tra appassionati nella mecca del motorismo nostrano. Io stesso ne organizzai qualcuno anni fa, tra tifosi conosciuti sui social, con lo scopo di conoscersi di persona, dopo tanti scambi solo virtuali.

Dopo qualche tempo, ancora Thomas Pullini: “Beppe, prima di pranzo sto organizzando una visita particolare, ci sei?” “Certo che sì, risposi!”

Fu così che ci siamo ritrovati catapultati indietro di trent’anni, nel bel mezzo di una storia incredibile e bellissima. Ma andiamo con ordine.

Il capannone alla periferia di Modena non è di quelli appariscenti, e neppure la zona dove sorge lo è. Nell’avvicinarsi all’ingresso, però, la figura che si presenta davanti a noi e che sta attendendo proprio noi è di quelle conosciute: si tratta dell’Ingegnere Franco Antoniazzi, amministratore delegato della Oral Engineering, un laboratorio di sperimentazione avanzata, che, negli ultimi decenni, ha sfornato motociclette da Gran Premio e mezzi militari all’avanguardia, ma, soprattutto, ha dato vita ad un’avventura fantastica in F.1.

L’ingegner Franco Antoniazzi al tavolo da lavoro alla Oral

L’ingegnere ci accompagna personalmente all’interno dell’atelier e ci mostra fior di motociclette da gara, corredate da diverse tute appese ai lati. Ma quello che attira la nostra attenzione è un modello in scala, completamente nero, inserito in una grande teca di vetro, di una monoposto da Gran Premio. Le forme sono inconfondibili. “L’abbiamo recuperato in extremis”, ci dice l’Ingegnere. “Stava finendo nella spazzatura. Ma lo abbiamo voluto recuperare e restaurare, ed eccolo qua!”

Si tratta di un modello con cui si svolsero dei test in diverse gallerie del vento, all’epoca della grande avventura in F.1. Stiamo ancora ammirando questo modello, quando entra nella sala un tipo smilzo, zazzera grigia arruffata. “Scusate il ritardo!” Si tratta di un altro Ingegnere, Marco Giachi, toscano, venuto apposta per la visita e per unirsi a pranzo con noi. Fu proprio lui ad utilizzare quel modello in galleria del vento, dato che era l’aerodinamico del team, forte delle sue precedenti esperienze all’Aermacchi.

L’ora dopo trascorre tra i vari reparti, dove l’Ingegner Antoniazzi ci svela le svariate meraviglie in fase di realizzazione presso la dinamica azienda modenese, ultima casa tecnica di quel grande genio che è stato l’Ingegnere Mauro Forghieri. Completato il giro, siamo letteralmente già usciti dal capannone, quando l’Ingegnere Giachi esclama: “Ma come? Non gliel’avevo mica venduta così, ai ragazzi!

L’ingegnere Antoniazzi capisce subito a cosa si stesse riferendo il suo collega e compagno d’avventura. Così, una volta disinnescato l’allarme, rientriamo. Raggiungiamo un lato del capannone dove vi è ammassato di tutto un po’. Sotto un telo grigio verde, forme inequivocabili. Sì, è proprio lei! La Lambo 291 del 1991! Siamo rimasti tutti a bocca aperta, compreso il direttore Alberto Sabatini, che, da alcuni anni, accetta sempre simpaticamente di esserci ai nostri ritrovi.

Non so se mi spiego: ci trovavamo nel luogo dove è nata ed eravamo tutti quanti lì, ad ammirarla, una delle più belle monoposto degli anni ’90, che scese in pista solo una stagione con Nicola Larini e Eric van De Poele, ma che rischiò seriamente di non correre mai, visto che il magnate messicano che l’aveva fortemente voluta e finanziata, scomparve nel nulla poco prima dell’inizio del campionato. Fortuna che intervenne un magnate italiano, Carlo Patrucco, che permise all’avventura di proseguire, anzi, proprio di cominciare!

“Se volete, potete salirci”. Butta lì, come se niente fosse, l’Ingegner Antoniazzi. Tutti a guardarlo, increduli.“Come se fosse facile”, pensai io. “Non ci entro nemmeno se mi segano in due!” Cominciò Thomas, che ci stava bello comodo. Poi l’amico Bentivoglio. “Beppe! Tocca a te!” Mi intima Alberto Sabbatini. Lo guardo perplesso. “Dai provaci!” Salgo. Ho il cuore in gola. Sono felice come e più di un bambino a Natale. Ovviamente non ci sto, ma l’emozione di essere incastrato dentro una meravigliosa monoposto di Formula 1, che vidi dal vivo in gara a Imola e a Monza, è enorme. Non sto più nella pelle. Sento i pedali sotto ai piedi, attorno a me non vedo nulla se non le gomme. Erano dei veri pazzi a scendere in pista e lanciarsi a trecento all’ora seduti praticamente sulla punta anteriore delle monoposto.

“Adesso devi uscire nei 5 secondi, come da regolamento!” Mi ordina Sabbatini. Ovviamente non ce la faccio. Mi prendo ancora il gusto di godermela ancora un po’. Nel frattempo mi viene in mente quanto deve essere stata altrettanto lenta l’uscita dalla monoposto quel giorno a Imola, quando Eric van De Poele stava terminando il Gran Premio di San Marino in quinta posizione, con punti mondiali fondamentali per la sopravvivenza del Team Modena, e invece la Lambo si ammutolì a pochissime centinaia di metri dal traguardo per mancanza di benzina. Fu un colpo durissimo per l’Ingegner Forghieri e i suoi. Ma erano riusciti a portare in pista un sogno.

“Franco, io e te nella vita abbiamo avuto… fortuna” disse una volta Mauro Forghieri a Franco Antoniazzi. “Abbiamo sempre fatto quello che più ci piaceva. E ci hanno pure pagato!”

Quello che avete fatto ce l’abbiamo avuto davanti agli occhi, l’abbiamo potuto toccare, accarezzare, assaggiare. La Lambo 291 è ancora oggi bellissima, con quelle sue fiancate avveniristiche, il suo retrotrenorastrematissimo, che chissà come, celava il poderoso, sublime 12 cilindri Lamborghini che piacque molto anche ad Ayrton Senna. Ma questa è un’altra storia…

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