La rossa e il nero una storia d'amore infelice per Hamilton

Sornione, col sorriso sulle labbra e incurante dei fischi e dei buu dalla massa sotto al podio, Lewis Hamilton si è tolto una doppia soddisfazione: battere la Ferrari a casa sua e prendersi la testa della classifica iridata. Un doppio successo che non viene inficiato da un pubblico calcistico che fischia, come se uno che rischia la vita a 350 all’ora sia un povero fesso da sbeffeggiare. Lui non fa una piega e se ne esce con la frase: “Il motore Mercedes è migliore di quello Ferrari, grazie a tutti siete un pubblico fantastico” e lo fotografa dal podio apprezzando la calca inverosimile sotto quell’astronave unica al mondo, l’unica dove la gente sta a contatto con i protagonisti della corsa, anche se poi in mondovisione dobbiamo fare la figura del popolo becero che non apprezza i rivali.

 

Non consola che in altri GP sia accaduto lo stesso, di sicuro battere Vettel, terzo, a casa sua, con la promessa mantenuta di fargli perdere il sorriso, subito rilanciata da Marchionne: “Il mondiale continua non vedo l’ora di farli smettere di ridere” fa capire che il finale sarà incandescente. Cosa ha scatenato la reazione di Lewis contro Vettel e la Ferrari? Lewis Hamilton non è Julien Sorel, il protagonista del romanzo il rosso e il nero, ma anche lui vanta una certa ambizione. Quella di essere il migliore, di aver diritto al meglio che la vita possa offrire. E se fai il pilota di F.1, il meglio è uno solo: la Ferrari.

 

Nel bene e nel male, Maranello rappresenta l’approdo più desiderato, quello che dà una svolta e un senso a una carriera. L’ambizione di diventare pilota della Ferrari, il sogno nemmeno nascosto di Lewis Hamilton, con un ego impagabile e una voglia mai nascosta. Un po’ come l’ambizione sociale di Sorel, con un ego forse ancora maggiore. Ma Stendhal intesa anche come sindrome, quella che ti fa perdere la ragione, ti dà capogiri e vertigini di fronte a un’opera d’arte. E per quanto sia un ammasso di carbonio e metallo verniciato di rosso, una Ferrari è un’opera tale da far perdere il senso a chi fa il pilota di mestiere.

 

La rossa e il nero, potrebbe essere parafrasando il celebre libro. Due storie che potrebbero incontrarsi. O semplicemente sfiorarsi. I prossimi capitoli li scriverà il destino, i contratti firmati e il caso. Sebastian Vettel ha firmato fino al 2020 con la Ferrari, chiudendo le porte ad Hamilton. Che ha reagito male, molto male. Accusando il rivale di avergli chiuso le prospettive di Maranello e di non volerlo al fianco nella stessa squadra. “Gli toglierò il sorriso” ha detto alla vigilia di Monza. Da qui le motivazioni extra, la voglia di “fargliela pagare” a partire dal suo pubblico di casa, nella sua gara più importante della stagione. Come dire che la rabbia di Hamilton contro Vettel è stata la molla che ha aperto una nuova motivazione, un modo per lottare e tirare fuori il meglio in quella che non è più una lotta sportiva ma un motivo di rivalsa umana.

 

Ma Lewis Hamilton è pilota da Ferrari? E’ uno che potrebbe correre a Maranello? Ha uno stile di vita molto particolare, fatto di yacht, serate mondane, frequentazioni di cantanti e attori del jet set di Hollywood, è pieno di tatuaggi, cambia pettinatura alla moda ogni tre per due e ha una fede smisurata che esterna in maniera a volte eccessiva. “Tutte storie, tutte cavolate – dice Niki Lauda, presidente onorario di Mercedes AMG, la scuderia di Hamilton – quando sei in una squadra di F.1 quello che conta è quanto sei veloce, se lo sei abbastanza lo stile di vita privato non conta nulla. Lewis è veloce, è il migliore, ha talento e a noi non importa cosa fa e chi frequenta, a noi importa che dia il massimo. Io ho corso per la Ferrari, conosco Maranello e posso dire sicuro che Lewis Hamilton è un pilota da Ferrari. Peccato che fino al 2020 i giochi siano fatti e lui e Vettel insieme in squadra non correranno mai, per cui il discorso è chiuso”.

 

“Hamilton alla Ferrari? Mai nella vita!” Il parere perentorio è di Arturo Merzario, ex pilota della rossa che con Enzo Ferrari ha avuto un rapporto di odio-amore: “Hamilton verrebbe a piedi a Maranello, correrebbe a fianco di Vettel o anche del diavolo pur di vestire di rosso e so per certo che Marchionne lo avrebbe preso a occhi chiusi se Vettel fosse andato via. Ma Maranello è un mondo molto particolare, con uno come Lewis se si vince, il merito sarebbe del pilota, se si perde la colpa della macchina, un rischio troppo grande per certi manager e certi ambienti. Per questo dico che Hamilton a Maranello non arriverà mai, resterà un sogno irrealizzabile e sarà un peccato perché i piloti di talento devono correre con la scuderia più grande del mondo”. La rossa e il nero, un romanzo destinato a non realizzarsi mai?

AUTOMOTO.IT

 

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