A MONTECARLO GLI ANNI RUGGENTI DELLA FORMULA 1

Testo e foto MARCO FERRERO

 

Per chi ha qualche anno (e qualche capello bianco) in più, e che ha avuto modo di seguire quel periodo, gli anni ’70 e ’80 rappresentano forse il periodo più bello della Formula 1, quelli che, usando un gergo comune anche ad altri avvenimenti, di potrebbe definire degli “anni ruggenti”.

Un periodo che ha rappresentato, nella storia della Formula 1, un’evoluzione e che ha coinvolto tutti gli aspetti di un mondo che, da quel momento, non è più stato lo stesso; innanzitutto l’evoluzione tecnica, che ha portato, solo per citare qualche esempio, i “fondi piatti” e le “minigonne”, senza dimenticare l’introduzione dei motori turbocompressi e l’evoluzione degli aspetti aerodinamici.

Altro aspetto, tutt’altro che secondario (e che ha finito con il condizionare pesantemente i decenni successivi per via dei sempre più crescenti interessi economici di parte), è legato all’introduzione delle sponsorizzazioni, con le vetture che hanno assunto da quel momento i colori degli sponsor di turno, abbandonando, salvo casi particolari (sino ad oggi) le colorazioni che convenzionalmente individuavano la nazione di appartenenza della vettura (non a caso si parla delle “voitures bleu” della Francia o delle “frecce d’argento” della Germania (anche se in quel caso si arrivò a quella soluzione per ridurre il peso della macchina), o del rosso, che ha sempre caratterizzato le vetture italiane.

E’ di quegli anni anche l’esplosione mediatica, favorita sia dall’introduzione della televisione a colori che, anche in questo caso, dai consistenti diritti che le reti corrispondevano per acquisirsi gli eventi; il mondo della Formula 1, e non solo, in quanto tutto il motorsport ha avuto maggiore visibilità, è stato in quegli anni portato nelle case di tutti, le riviste giornalistiche di settore sono cresciute sia professionalmente che in termini di servizio.

Anche l’immagine degli stessi piloti si è trasformata, passando da una dimensione più “familiare”, più privata, a quella tipica del “personaggio”, pressato da interviste, conferenze stampa, nel quale ogni sua affermazione veniva amplificata, il ritratto del protagonista superava l’importanza stessa dell’evento, il tutto anche favorito dall’esplosione, di certo in parte naturale ed in parte artificiosamente generata, di piloti come Villeneuve, Senna, Lauda (che sono stati seguiti da altri quali Schumacher, Hamilton, Verstappen), certamente più mediaticamente protagonisti di gente come Hill, Stewart, Fittipaldi, più riservati anche se altrettanto ricordati.

Non a caso le tre gare che riguardano quel ventennio riportano i nomi di piloti quali Jackie Stewart, Niki Lauda, Gilles Villeneuve, grandi protagonisti di quei tempi; e non è un caso come in quell’evoluzione che si è citata poco importi, pur con tutto il doveroso rispetto parlando, chi siano oggi a portare in pista quelle vetture, i nomi dei piloti di allora campeggiano ancora e fanno bella mostra di se sulle fiancate di quelle Formula 1 di quegli anni.

Sicuramente, quello degli anni ’70 e ’80, un ventennio che ha cambiato radicalmente ed in modo irreversibile la Formula 1, un’evoluzione che gli appassionati hanno vissuto, forse senza quasi accorgersene, e che ha portato al contesto odierno, certamente, lo si consenta, meno entusiasmante di quello di allora, in quanto si è persa quella caratterizzazione necessaria per un’identità ormai persa, che già solo si rilevava guardando le vetture, ognuna diversa dalle altre, mentre oggi solo i colori possono indicare a quale team appartengano.

 

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