PASSIONE SENZA TEMPO

Testo e foto MARCO FERRERO

 

Le Finali Mondiali del Challenge Ferrari, oltre a rappresentare il più importante momento sportivo delle competizioni del trofeo monomarca più longevo del panorama automobilistico sportivo, sono anche ghiotta opportunità per immergersi nel mondo delle corse della casa del Cavallino Rampante attraverso un cammino nel tempo, rappresentato da alcuni dei suoi modelli più iconici.

Fatto sportivo a parte, una camminata nel padiglione che viene annualmente allestito, con sobrietà (le vetture esposte sono selezionate ed in numero tale da non disperdere l’attenzione di chi attende lo stesso, porta inevitabilmente a riflettere su quanta passione vi sia stata, dalla nascita della Ferrari, in tutte le competizioni, in tutte le sue vittorie, una passione rimasta immutata nel tempo.

Una sorta di viaggio nel tempo, ovviamente sotto l’aspetto motoristico delle competizioni cui la Ferrari ha partecipato, con i suoi modelli più rappresentativi, a partire dalle prime vetture costruite, sino a giungere ai gioielli di oggi, la 296 che ha vinto la 24 Ore del Nurburgring e la 499 che, al suo anno di debutto, ha trionfato nell’edizione del centenario della 24 Ore di Le Mans, forse la gara universalmente più nota, insieme alla 500 miglia di Indianapolis (per gli appassionati d’oltre oceano).

All’interno del padiglione, quasi un passaggio di consegne temporale in ambito delle gare endurance, la Ferrari 330 P3 autrice della celeberrima ed indimenticata tripletta, con arrivo in parata, forse il primo nella storia delle competizioni, alla 24 ore di Daytona.

Impossibile non provare una ridda di sentimenti e di emozioni al cospetto di così tante macchine vincenti nel corso dei decenni, impossibile non rendersi conto di quanto lavoro ci sia stato per concepire, progettare, realizzare, mettere in pista e portare alla vittoria vetture che rappresentano, diciamolo pure con un pizzico di orgoglio, la parte migliore dell’Italia nel mondo.

E dietro a quel lavoro quanta passione, quanti sacrifici, quanto impegno; certamente Enzo Ferrari ha saputo, allora meglio di oggi, circondarsi di persone capaci di mettere tutto loro stesse per contribuire a realizzare un sogno vincente, che credevano fortemente in quel che facevano e che, come il loro grande capo, talora gioivano silenziosamente e senza tanto clamore delle vittorie che il team realizzava.

In fondo, si può dire che, in un mondo dove la tecnologia si è rivoluzionata, dove i computer spesso e volentieri sostituiscono asetticamente (magari sotto l’aspetto puramente tecnico anche meglio) il lavoro umano, la passione sia l’unico elemento che è rimasto sempre lo stesso, che ciascuno si potrà dentro e che nessun fattore esterno può influenzare.

La passione è quell’elemento che porta ad idealizzare qualcosa prima di realizzarlo, magari contro la logica o contro gli standard, quell’elemento che a portato la Ferrari a realizzare vetture vincenti, quell’elemento che, lo si consenta, forse andrebbe recuperato.

Condividi su: