Fra storia e leggenda Imola rivive il passato delle corse

 

Non torno mai volentieri a Imola. È un posto e un Autodromo stupendi, ma almeno un paio di brutti ricordi prevalgono nella mente ogni volta che varco il ponte sul Santerno: il primo risale al 1983. Un popolo intero rinnegò uno dei suoi figli, in nome di un tifo cieco, esasperato, ingiusto. Il secondo, 1994. Tutti sanno cosa accadde. Quasi nessuno, tra i ferraristi, ammette che Ayrton lo hanno amato anche loro. E tanto.

Ieri, però, Imola. È sempre lì, adagiata sulle dolcissime colline tra il Santerno e le Acque Minerali. Il piccolo Nurburgring, la ribattezzò Enzo. Un fascino ammaliante, graffiato da quella Statua lì, di Lui, al Tamburello.
Entriamo e subito mi ritrovo un una vorticosa macchina del tempo, dove gli anni scorrono indietro veloci, poi scappano in avanti, e poi di nuovo indietro, in un saliscendi di Emozioni incredibili. Saliscendi, come solo a Imola, in perfetta simbiosi con il circuito, appunto. C’è di tutto: dall’area Ferrari, dove le Regine fanno bella mostra agli ordini del Comandante Vargetto, che domina dal centro del box, alle GT FXX, altra perla del Reparto Ferrari Corse Clienti, una realtà che non finisce mai di stupire. Forse però, questa volta un po’ troppo chiusa, troppi nastri, troppe transenne, troppi pass a separare un Amore che vorrebbe sempre essere vicinanza, adorazione, devozione, commozione infinita…

Spiando nei box a fianco, c’è la Storia della F.1, la Old School, degli anni settanta e ottanta. Mi viene un magone irreversibile: la maggior parte di queste splendide monoposto l’ho vista disputare allora i Gran Premi veri. È come se il tempo si fosse fermato. Niente di più falso, perché nemmeno mi accorgo ed ecco lo schieramento di partenza: in pole una gialla ATS, di fianco una Williams, di quelle con gli sponsors arabi. Pronti? Via! Ed è un capogiro continuo di suoni, aromi, profumi antichi. Gocce abbondanti sugli occhi, guardo in alto, il cielo è terso…

Prima e dopo la Gara, altre innumerevoli esibizioni, come quella delle Sport Cars, sublimi ed indimenticabili, come le Audi del presente Dindo Capello. E nel Paddock di tutto e di più: la Storia dell’Autodelta, con Merzario Arturo impareggiabile anfitrione, decine e decine di Perle, di Signore delle Corse ancora piuttosto arzille, gioielli come la 156 F.1 di Phil Hill o la 250 GTO 1964 con cui Nino Vaccarella sbancò Le Mans. Poi ancora la Storia Martini, con le monoposto Brabham di metà anni ‘70 e con le Lancia Rally ed Endurance, stupende, condotte dal Prode Patrese Riccardo da Padova. Sì, proprio lui, quello del 1983. “Mi incazzai molto, quella volta” gli dico. “Sì, per fortuna poi ci siamo rifatti”. Mi risponde con un sorriso, che non gli conoscevo. Mi stringe la mano. E forse ho fatto un po’ di pace anche io, con Imola. Forse. Perché quella Statua rimane là. Al Tamburello. E il groppo in gola è pesante. Ma mi piace pensare che oggi sarebbe contento anche Lui, di essere qui, ad ammirare, a pilotare tanta Bellezza. Sì, mi sembra di vedere il suo malinconico sorriso. Poi una mano mi si appoggia sulla spalla. Mi volto. “Ciao Ayrton”.

GIUSEPPE MAGNI

 

 

 

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