F.1 GP Russia, Ferrari troppe chiacchiere via radio e risultato insufficiente. Evitare le… rotture

GIUSEPPE MAGNI
Devo essere sincero: questo Gran Premio di Sochi non mi è proprio piaciuto. “Ah, eccolo qua, il ferrarista!” Direte voi. “Basta che, dopo due mesi, non vinca la Ferrari e lui, subito, non è contento…” È vero, la Ferrari poteva e doveva vincere. Poi, come spesso accade nelle Corse, alcune circostanze hanno impedito oggi l’ennesimo successo della Rossa di Maranello. Una di esse si è ammutolita all’improvviso, dicono panne elettrica, il pilota asserisce di aver avuto ordine all’improvviso di spegnerla. Questo stop ha innescato quella safety car che ha portato al comando una delle due Mercedes. Poi una decisione dell’altro pilota di Maranello, Charles Leclerc, di cambiare una seconda volta le gomme, ha spedito al secondo posto l’altra Mercedes. Da lì, Lewis Hamilton e Valtteri Bottas hanno condotto da par loro la corsa fino a far doppietta argento sotto la bandiera a scacchi. Alla Ferrari si sono fatti male da soli, quindi? Non direi. Una panne della macchina fa parte della casistica e dell’anedottica di tutte le epoche delle corse in automobile. Una strategia, una decisione coraggiosa che non sempre paga, altrettanto. Nessun problema al riguardo. Quello che mi ha lasciato perplesso, basito, interdetto, sgradevolmente sorpreso, schifato è il lunghissimo dibattito che si è scatenato per radio nelle prime fasi di gara tra i due piloti della Rossa e i loro interlocutori sul muretto box. Si parlava di scie e di accordi pre gara, di quello davanti che doveva lasciar passare quello dietro, partito meglio, di farlo subito o di farlo dopo, perché l’Uomo che poi avrebbe vinto era lì, non troppo lontano. Un dibattito stucchevole, da tribuna politica, che nulla c’entra e che mai avrei voluto vedere od ascoltare nel bel mezzo di un Gran Premio valido per il Campionato del Mondo della Formula Uno.
Non voglio schierarmi e non mi schiero, né da una parte né dall’altra. Ma credo che anche la stessa divinità che governa le corse si sia ribellata, gettando nella mischia la beffa della safety car che ha punito i piloti Rossi, oggi nella impropria, quanto fastidiosa veste di parlamentari, a favore dei piloti di F.1, quelli in grigio, che infatti hanno centrato meritatamente il bersaglio grosso. Tutto questo in una giornata in cui palesemente la Ferrari SF90 era la Macchina migliore in pista, basti vedere la facilità con cui sono andati via in partenza. Siamo tutti molto attaccati alla Ferrari, così come tanti amano i piloti di F.1, tutti quanti, eroi moderni che incarnano e sublimano in pista i sogni di milioni di ragazzi come loro, ammirati ed osannati ai quattro angoli del mondo per fare quello che più loro piace e ci piace: far vedere in pista la loro bravura e il loro talento, che noi non vorremmo mai smettere di applaudire. Ma sentire la lunga tiritera di oggi pomeriggio sul farmi passare, no, lo faccio dopo, ci ha solo intristito, rabbuiato, tolto la gioia di goderci lo sport più bello del mondo, solo parzialmente restituitaci dai due cavalieri grigi, che hanno corso da par loro, con una prima fila da urlo ieri per Lewis Hamilton, e con una gara solida, impeccabile, imperturbabile per Valtteri Bottas, fine campione finnico troppo spesso vituperato, quando non peggio. Emblematica l’espressione di Mattia Binotto, ad un certo punto in primo piano, perplessa al muretto box. Da vecchio marinaio, fiutava il vento contrario, sentiva il mare avverso, presagiva le difficoltà a portare a pieno compimento la navigazione di oggi. Nonostante due imbarcazioni rosse perfette, performanti, velocissime. Ripeto: la sconfitta ci sta. Le chiacchiere molto meno. Specie queste pubbliche e così insistite. Corriamo in macchina, per favore! Altrimenti meglio guardare Ballarò! Applausi sinceri a Lewis Hamilton, a nove sole vittorie e un solo titolo mondiale da Chi si sa. E un abbraccio forte forte alla SF90. Era forte, fortissima anche qua. Oggi, in parco chiuso, sembrava mi strizzasse l’occhiolino… “Dai Beppe! Vedrai che la prossima…”
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