SUPERMOTO, COME E DOVE SI “FA IL TEMPO” AL SESTRIERE

Testo e foto MARCO FERRERO

 

Dopo le edizioni del 2018 e del 2019, il “circus” del Campionato Mondiale Supermoto ritorna nuovamente al Sestriere, località montana (ad altitudine di 2.033 metri s.l.m.) forse più nota per essere stata una delle sedi delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006, per una delle sue tappe, in particolare la quarta delle cinque previste a calendario, per un round che potrebbe risultare determinante ai fini dell’assegnazione del titolo mondiale (in merito chiedere a Pavel Kejmar che nel 2018 ci ha perso un titolo che sembrava ormai certo ed acquisito).

Un “tracciato” certamente particolare, se vogliamo un po’ come accade a Montecarlo per la Formula 1, in quanto si snoda tra le strette strade di normale circolazione della parte alta della cittadina, non un circuito permanente quindi, con tutte le difficoltà che la cosa comporta, laddove i centauri devono passare tra marciapiedi, “vigili morti”, dossi di rallentamento, muri delle case, senza vie di uscita, una situazione certamente che presenta difficoltà aggiuntive a quelle consuete e, onestamente, non del tutto gradita a parte dei centauri che vi ci devono gareggiare.

In questo contesto difficile comprendere quali siano i punti cruciali nei quali i piloti possono fare la differenza, laddove la discriminante sembra essere il “pelo”, quel coraggio non facile da trovare quando ci si confronta con realtà nelle quali il tasso di pericolosità sembra elevarsi oltre il limite, anche se c’è onestamente da rilevare come il tracciato sembri essere stato adeguatamente e particolarmente ben protetto nei passaggi più difficili o critici da affrontare.

 

 

Abbiamo percorso un giro di pista a piedi per avere un’idea della visione che hanno i piloti e per cercare di comprendere in quali punti si possa “fare la differenza” e guadagnare quei decimi di secondo che alla fine possono decidere la gara sin dalle prove, considerato come, in generale, il sorpasso non appaia manovra del tutto agevole da eseguire su questo percorso.

Il giro di pista inizia dalla partenza, che non verrà più ripercorsa, in quanto, come nel motocross, al di fuori del percorso di gara, con subito una veloce curva a sinistra in salita, dove sulla destra è posto il traguardo, che si prende in accelerata piena, ed un successivo stretto tornante a destra, un imbuto nel quale al primo giro arrivano tutti compatti e ravvicinati; importante sarà pertanto partire avanti o partire bene, pena ritrovarsi subito attardati o nella mischia.

Potrebbe essere questo il punto in cui, allo start, si potrebbe giocare molto della gara (e del campionato); un contatto ed una scivolata equivarrebbero a partire in coda, su un circuito dove non è facile superare e dove il tempo perso peserebbe quanto un macigno.

Da qui inizia un lungo rettilineo, inframezzato da una prima chicane sinistra / destra, sulla parte asfaltata, in corrispondenza di quello che normalmente è un piccolo parcheggio di uno stabile, un passaggio ravvicinato ai muri (dove i meno aggressivi “alleggeriscono” la manetta per evitare problemi), di qui un breve rettilineo ed una seconda chicane destra / sinistra subito all’inizio di un primo tratto sterrato, che in discesa immette su un altro tratto asfaltato rettilineo, al termine del quale una stretta doppia curva a destra immette su una seconda parte di sterrato rettilinea che culmina con un salto su una curva a sinistra, che riporta verso il traguardo.

E’ questo settore quello dove, molto probabilmente, i migliori faranno la differenza, un tratto tecnico dove la moto dovrà essere “guidata” al meglio sulla terra per avere più velocità sul rettilineo, e dove il “pelo” farà la differenza, senza dimenticare quell’insidiosa “doppia” a destra, un punto dove si può sorpassare ma si deve essere dei “manici” per gestire la frenata con la moto magari non ancora del tutto a terra.

Di qui si entra nel già citato breve tratto sterrato misto, non particolarmente selettivo sia se usato come rettilineo (2019) o gestito come “misto“ (2018), una doppia curva veloce destra / sinistra sull’asfalto immette sull’ultimo rettilineo asfaltato, inframezzato da un altro dosso di rallentamento, molto spettacolare per chi assiste, in quanto preso in accelerazione piena saltando “lunghi”, ma che dovrà essere preso con il giusto equilibrio per non perdere velocità e da un’ultima doppia chicane sinistra / destra, la seconda giusto all’ingresso della corsia box, di qui una veloce curva a sinistra in discesa porta alla spettacolare staccata finale, che tutti prendono in derapata, per una stretta (diciamo sui 60°) e secca curva a destra che immette nuovamente sulla prima curva del circuito e, nell’ultimo giro, sul traguardo, preso rigorosamente in impennata dal vincitore.

Il tracciato, a parte l’imbuto del primo tornante, non appare particolarmente stretto, e può essere giudicato come di tipo medio veloce, e come tale, almeno in teoria, non esente dalla possibilità di sorpassi; i rettilinei non hanno però, tra chicanes e dossi di rallentamento, lunghezza tale da sfruttare una migliore accelerazione e l’insidia più evidente sono i marciapiedi, laddove una “pizzicata” con una delle ruote potrebbe facilmente portare a cadute.

In tale ottica, stante come nessuno voglia prendersi rischi in merito, la porzione di strada che viene utilizzata si riduce in modo considerevole; l’altro punto, in negativo, è che, trattandosi di strade cittadine, non esistono vie di fuga che permettano di limitare gli effetti negativi in caso di cadute o scivolate.

Come tutti i tracciati cittadini, tra cui il Montecarlo che si citava all’inizio, ha un certo fascino, soprattutto per chi lo vive come spettatore; a livello di fotografia è decisamente bello, il contorno ed il panorama sono meravigliosi, vi sono tanti punti dove si possono prendere delle belle immagini, un fatto che, certamente, i piloti, dal loro punto di vista, non avranno modo di apprezzare mentre saranno in azione.

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