MICHAEL SCHUMACHER: Quello che Netflix non dice, quello che fa capire

DI HERIBERT STOHR FOTO FILIPPO DI MARIO (Copyright)

Ieri sera ho guardato con placido interesse e dolci propositi il documentario relativo al campione tedesco. Si preannunciavano filmati inediti e la prima intervista pubblica della moglie Corinna dopo 8 anni.

Dopo i primi 40 minuti doppiati in italiano mi sono accorto che la traduzione non era corretta e c’erano alcune menzogne; per cui ho ricominciato da zero, messo audio inglese originale e tedesco, con le didascalie in italiano la traduzione era finalmente corretta e fedele.

Una cosa mi ha sorpreso, il racconto biografico ci mostra un pilota che conoscevo, conferma esattamente e con ricchezza di particolari, cosa pensavo di lui. L’esempio più clamoroso è quando ci mostra che Schumi e Coulthard erano amici stretti e affabili, per cui quando ebbero quel famoso incidente a SPA tra di loro (dopo che Michael aveva fatto fuori Hakkinen) Schumi avrebbe strozzato lo scozzese con le sue mani, ma poi  c’è stato l’incontro chiarificatore dove Coulthard ammetteva l’errore ma sosteneva che anche il tedesco doveva stargli lontano e fuori scia “Mi hai tamponato tu”. Niente da fare. Schumi imbestialito. A questo punto David dice : “Avrai pur fatto un errore in vita tua ?” e lui  “ Non che io ricordi.”

Tutta la carriera del tedesco è su questa lunghezza d’onda. Ne parlano Webber, Todt, Montezemolo, Briatore, Irvine (sua la porcheria/tranello dove Schumi si ruppe una gamba). Dai primi passi in go kart alla F1 non ci sono molti episodi, vengono fatti vedere i più significativi relativi a vittorie e sconfitte.  Si parla in fretta di personaggio dalla doppia personalità e lo vedremo in seguito. Si accenna appena al ritiro di fine 2006, non si parla dell’esperienza in superbike dove si fece anche male. Si accenna appena al suo ritorno in F.1 su Mercedes per 3 anni con un solo podio (3°).

Si da molto spazio a Michael marito e padre, con innumerevoli foto del quartetto sorridente e vari filmati, dove sia la moglie che i figli raccontano solo di quel ruolo del marito e del genitore. Non ci sono immagini relative all’incidente sugli sci, non parlano dell’incidente, parlano delle condizioni, della sua situazione. A volte ne parlano al passato come se fosse morto, a volte ne parlano come se fosse un vegetale, a volte ne parlano di un adattamento, nel senso che lui è qui, con noi, ma è una persona diversa, specie il figlio maschio parla di interruzione di un rapporto che desiderava avere specialmente ora che sta correndo ma non ci sarà mai più ed è rammaricato fino alle lacrime pur essendo volenteroso e rassegnato a continuare questo nuovo tipo di rapporto che sicuramente ha difficoltà di comunicazioni enormi.

Termina Corinna ricordando “ Lui ha fatto di tutto per proteggere noi, ora siamo noi che dobbiamo proteggere lui.”  Senza alcuna vena polemica mi limito a poche parole su come conosco il grande campione (“sfortunato dopo tante fortune, come dice Corinna, e non ce l’abbiamo con Dio”). Egli è sempre stato un tipo endorfino con l’ormone del piacere che schizzava a mille; lo si vedeva nell’atteggiamento competitivo quasi animalesco (senza offesa), il che significa che puntava troppo sul rischio anche se non fosse necessario.

Una componente di rischio doveva esserci sempre e comunque in quello che faceva quotidianamente, cucinare, andare in bicicletta, fare 24 lanci col paracadute in un giorno, insistere con la superbike fino a rompersi l’osso del collo, e persino cacciarsi nei guai passando in quella discesina con rocce e neve tentando un gioco di abilità incredibile che altre volte gli era riuscito. Quel giorno no. Io la misura del rischio la rapporto alla mia età e alla risposta del mio corpo. Lui era di un altro avviso. E mi dispiace tantissimo.

 

Heribert Stohr

 

Condividi su: