F.1 Monza, demoliti pezzi di storia la casa dei motori si rinnova così

TESTO E FOTO DI GIUSEPPE MAGNI

La famosa tribuna esterna dell’Ascari è stata demolita, ma non è l’unico tratto dove fervono i lavori all’autodromo

“Devi fare attività fisica!” Questa è la frase che, spesso e volentieri, si sentono dire gli anziani dai medici. Ed è la stessa, identica, che riecheggia, sinistra, nell’ambulatorio del mio medico di base, tutte le volte che ho bisogno di lei. Se due più due fanno quattro, significa che sono anziano anch’io… Così, nel tentativo di seguire i consigli della mia bravissima dottoressa, spesso e volentieri cammino, vado in bici, cerco di muovermi.
Stamattina no.
Nonostante la giornatina tersa, corroborata, da uno splendido sole caldo e da un’arietta fresca, che neanche il miglior climatizzatore, non ne avevo voglia. Sono rimasto a casa. A casa mia.

RITORNO A CASA MIA, L’AUTODROMO DI MONZA


Il Parco di Monza. L’Autodromo Nazionale.
Gli ultimi accadimenti sanitari mi avevano colto lontano e il lock down mi aveva impedito di rientrare. Adesso, che la situazione appare in miglioramento, le autorità hanno consentito, a chi stava lontano da casa, di farvi ritorno.
E così sono a casa, finalmente! Adesso vedo se sia rimasto tutto in ordine… Mi avvicino, con una certa emozione, alla porticina che c’è a Biassono, che, dal parcheggio di Via Parco, introduce direttamente nel paradiso verde. Dentro, la frescura della macchia brianzola nel suo massimo splendore, mi dà subito la sensazione di essere arrivato, finalmente, dove più volevo stare. Mi si aprono i polmoni, inumidiscono gli occhi, mi si piegano leggermente le gambe. Due passi, costeggiando la rete che delimita l’Autodromo, ed arriviamo nei pressi della tribuna esterna alla Prima Variante del Circuito più bello del mondo. Mi fermo. Quasi non respiro per assaporare il silenzio che mi racconta mille cose, di quel manto d’asfalto. Vedo dei macchinari tipici usati per i lavori stradali. “Stanno rinnovando il pavimento”, mi dico.

FRA SCOIATTOLI E RUSPE IL QUADRO E’ SCONVOLGENTE

Proseguo. Entro. Sottopasso nord. Giro a destra, sottopasso pista junior. Prima di arrivare in cima, uno scoiattolo attraversa veloce la strada. Una bimba in bicicletta lo guarda, divertita e sorpresa. Sì ferma. Sorride. Io la guardo, è talmente bella che un po’ me ne innamoro…
Giro a destra, al posto delle tribune alla Variante Ascari trovo un tizio che, a bordo di un escavatore, sta al centro di una grande area sbancata. Della vecchia tribune, nemmeno l’ombra. “Ecco!” Penso. “Non puoi star via un attimo da casa che qualcuno vi si introduce e pensa subito a cambiare pavimento, arredamento…” Guardo sgomento: un pezzo di storia perso nel vento, uno sconvolgimento, quasi senza fondamento…


Proseguo. La tribuna sulla destra, in ingresso variante, la celebre Ascari III, è ancora lì, maestosa e spettacolare, che sembra quasi aspettare il suo mentore, il suo reggitore, il suo pilastro: il Maestro Marco Ragni da Perugia, che da tempo immemore siede all’ultimo posto nell’angolo in cima a destra, posto guardando la tribuna, nei giorni in cui si celebra il Gran Premio d’Italia. Posto 69, fila N. Salgo, lentamente, quasi solennemente, soppesando i passi. Certi scricchiolii della struttura mi fanno capire che nessuno, da tempo, ha più messo piede lì sopra. Tentenno, ma proseguo, prendo la scaletta e salgo fino in cima, penultimo posto nell’angolo in cima a destra, guardando la tribuna. Mi giro: la sinuosa e sensuale esse dedicata al grande asso milanese Alberto Ascari, mi si apre davanti agli occhi. Meravigliosa, provocante, sexy come solo certe curve sanno essere. Mi emoziono. Allargo il braccio, quasi ci fosse lì il Maestro. Un groppo sale in gola. Mi commuovo…

IERI I MOTORI, OGGI LE RONDINI COME COLONNA SONORA

Il cinguettio di alcune rondini mi riporta alla realtà. Scendo e proseguo la visita alla casa dolce casa. Che bello essere qui!
Passo sotto la sopraelevata ed arrivo alla curva Biassono. Il manto d’asfalto non c’è più: ci stanno lavorando. Due passi ancora e sono alla Roggia. Vedo subito che la tribuna esterna non c’è, c’è solo quella frontale. Mi avvicino, ma è chiusa. Dietro, altro sbancamento, altro piccolo pezzo di storia e di cuore che se ne va… Ma non riesco ad essere triste. È troppa la gioia nel cuore…
Arrivo alla Prima di Lesmo, l’angolo più intimo, più mio, di tutta la casa. Mi appoggio alla rete. La mia rete. È una sensazione meravigliosa, sto bene e sono felice, pienamente, totalmente felice. Guardo il cielo, blu dipinto di blu, ammiro l’asfalto, la piega, e mi sembra di vedere Lewis Hamilton che la butta dentro, di forza, la sua Mercedes…
Sto per cedere, un singhiozzo mi coglie, mi giro e mi lascio andare un po’…

LA PRIMA DI LESMO, L’ANGOLO PREFERITO DI CASA MONZA

La lontananza è stata molto lunga e molto dura. Provo a fare altri due passi, magari mi passa un po’. C’è lì la seconda di Lesmo che mi guarda e mi chiede se mi ricordo di quella volta che il mio amico Ciccio ed io non riuscivamo a capire chi fosse quell’indiavolato con la Benetton che passasse di lì. Non era né Moreno né Piquet… Dopo un po’ scoprimmo che era il giovane Schumacher, e la Seconda di Lesmo sogghignò, soddisfatta di vedersi percorsa in maniera così perentoria e brutale da quel ragazzino già cosi irrequieto…
Vado avanti: vedo un albero secolare che sembra ricordare di essersi visto passare davanti Nuvolari e Brilli Peri, Sivocci e Campari, Ascari, Fangio e Farina… Lo abbraccio. “Ci vediamo presto!” Gli dico… “Così mi racconti…”.
La vegetazione che sembra divorare il Serraglio sembra uscita dal pennello di un impressionista fiammingo: mille colori, mille sfumature, sotto il blu di un cielo proprio solo di una giornata speciale.

GLI ODORI DEL PARCO CON QUELLI DELLA PISTA, UNICI NEL LORO GENERE

Di tanto in tanto, soavi profumi inebriano le narici, già appagate da un’aria pulita, limpida e sublime.
Vado avanti, altra stanza della casa: Prima variante interna. Tribuna chiusa. La sfilo a destra e scendo, ai piedi della sopraelevata. Mi ci arrampico, aiutandomi con la rete divisoria che, da sempre, c’è in quel punto. Arrivo in cima e, finalmente mi siedo, sul vecchio guard rail, soddisfatto, felice. Sospiro. Sotto i miei occhi la prima curva, la prima piega, destra-sinistra secca, innaturale, geometricamente quasi perfetta. Novanta gradi e poi quarantacinque gradi di sfida, gioie e dolori di centinaia e centinaia di cavalieri del rischio, che vi si sono cimentati… Mi pervade il silenzio, mi sovrasta il cielo sgombro, mi scalda la leggenda di un posto incomparabile, sublime, eterno… Non mi muovo più. Non voglio andare da nessuna parte. Voglio fermare il tempo, per dare modo al cuore di riposare e di ricordare. Di godere e di sorridere. Come e solo quando si sta a casa, in pace, senza nessun rumore, liberi di sognare…

 

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