F.1 i campionissimi: Alain Prost visto con l’occhio del tifoso

DI GIUSEPPE MAGNI

Chissà cosa dissero, cosa pensarono André Prost e Marie Rose Karatchian quando si trovarono per la prima volta tra le braccia il piccolo Alain Marie Pascal.

Chissà quali sogni fantasticarono per lui. Non che a Lorette, piccolo paese ai bordi del Parco Regionale del Pilat, si potesse sognare chissà cosa…

In effetti, nonostante papà André fosse un discreto appassionato di motori, il ragazzino Alain ebbe l’opportunità di salire su un kart piuttosto tardi, già adolescente.

Ma se la deve essere cavata niente male, dato che prese subito a gareggiare, fino a vincere il campionato francese senior a venti anni. Se è vero che nasciamo tutti con un DNA bell’e scritto, il nostro Alain Marie Pascal avrà avuto modo di mettere in mostra fin da subito le sue doti di velocista irresistibile, di passista inarrivabile, accompagnati da una delicatezza e da una sensibilità sulla meccanica che hanno avuto pochi pari.

 Montecarlo 79, Prost vince il GP di F.3

Partecipò in seguito al campionato di Formula Renault, Casa che già allora prestava particolare attenzione, insieme alla compagnia petrolifera Elf, allo svezzamento dei futuri campioni d’oltralpe. La cristallina, trasparente appartenenza alla categoria degli Ascari, dei Lauda, dei Vettel, campioni inarrivabili nella interpretazione di una melodia velocistica sopraffina, di un ritmo armonicamente elevatissimo, fece presto emergere il nostro eroe nella F.3 francese ed europea, in quel 1979 che lo impose all’attenzione dei team manager della F.1. Allora chi aveva piede e testa, come Alain Marie Pascal, riusciva ancora ad emergere per meriti meramente sportivi.

Ora si è fatto tutto molto più complicato, bisogna godere di congiunzioni astrali particolarmente e sfacciatamente favorevoli e tante volte non basta… Esordì in F.1 con la Mc Laren nel 1980, dopo aver svolto un test al Paul Ricard dove girò più veloce di John Watson e Kevin Cogan.

LA PRIMA VOLTA A MONZA 1981 CON LA RENAULT

La prima volta che lo vidi in azione dal vivo fu durante la disputa del 52esimo Gran Premio d’Italia del 1981, gara che ricordo con particolare affetto, perché fu la prima a cui assistetti dotato di regolare biglietto, rigorosamente omaggio, dopo alcuni anni di presenza, diciamo così, non ufficialissima… Al sabato, come spesso capitava, Alain Marie Pascal si prese un bel distacco dal compagno di squadra Renè Arnoux, che gli rifilò addirittura nove decimi. Ma in gara non ci fu storia. Ero piazzato poco prima della variante Ascari e al giro uno il nostro campione menava già le danze. E il distacco non fece che aumentare progressivamente.

ALLA CHICANE SEMPRE PULITO MAI UNA SBAVATURA

Monza 1987 prove libere con la McLaren

Ricordo l’approccio di Alain alla variante, mai scomposto, ma preciso, velocissimamente delicato, alla stregua di un finissimo violoncellista. Non percorreva la variante Ascari, la pennellava, la dipingeva con una traiettoria composta, redditizia, che non regalava nulla allo spettacolo, ma che produceva un distacco, come detto, sempre crescente. Addirittura aumentato quando ci dissero i commissari, piazzati lì vicino a noi, che stava piovendo in Parabolica. La sua armonia e sensibilità gli permettevano di non arrivare mai in staccata impiccato, aggrappato a volante e freni. E così, probabilmente, in quei giri di pioggerella in Parabolica, se la cavò alla grande. Vinse. Era la sua terza vittoria in un Gran Premio, ma, vedendolo in azione dal vivo, sembrava già un campione consumatissimo.

L’INCONTRO AI TEST GLI AUTOGRAFI E…

Un’altra volta che lo vidi di persona fu nella settimana successiva al 58esimo Gran Premio d’Italia del 1987, quando la McLaren venne a Monza per svolgere una sessione di test, in vista del successivo Gran Premio del Portogallo. I box del Tempio della Velocità erano temporaneamente inaccessibili ed i tecnici inglesi piazzarono la loro monoposto all’aperto, a bordo pista, in piena corsia di accelerazione all’altezza del cancello delle vecchie rimesse. Nemmeno fossimo negli anni cinquanta! Davvero altri tempi.

Al mio arrivo, lo spettacolo fu davvero di un minimalismo primordiale: macchina lì in mezzo alla corsia, carrozzeria su due cavalletti e i tecnici di una delle squadre più blasonate della storia della Formula Uno lì fermi, quasi a godersi il sole, in attesa dell’arrivo di Alain Marie Pascal, già da tempo ribattezzato: il Professore.

Il quale non si fece attendere poi molto: arrivò, quasi come un normale turista, con una Mercedes scura, maglietta verde e pantaloni sportivi chiari.

Parcheggiò nei pressi del cancello di ingresso e scese, sorridendo benevolo, dalla macchina, mettendosi immediatamente a disposizione della decina, forse quindicina di appassionati presenti, tra cui, emozionatissimo, il sottoscritto. Gli misi in mano il blocchetto e la biro per l’autografo, ma non firmò subito. Si accorse del fotografo e ricordo la sua attenzione nel guardare verso di lui prima di firmare, perché evidentemente voleva che la foto uscisse con lui sorridente che guardava in camera, e non all’atto di vergare l’iniziale del suo nome e il suo cognome per esteso sul blocchetto. Un particolare che mi colpì molto e che la dice lunga sulla attenzione ai dettagli e sull’approccio che avesse questo incommensurabile campione alle corse e, molto probabilmente, alla vita…

MOLLO’ I TIFOSI E ANDO’ A FARE…LA PIPI’!

Poco dopo, essendosi accertato di aver accontentato completamente lo sparuto gruppo di tifosi presenti, neanche troppo alla chetichella, si diresse lungo la rete di cinta della pista, davanti alla fila di macchine parcheggiate di fianco alla sua. Giunto in fondo alla fila, proprio davanti alla alta siepe che delimita ancora oggi, lato destro, le vecchie rimesse, tac! Pisciatina e subito via a salutare i tecnici McLaren, che stavano controllando alcuni particolari sulle sospensioni. Altri momenti di attesa, in un clima rilassato, dove il Professore sembrava avesse nessuna voglia di mettersi in tuta. In realtà era solo perché stava seguendo nel dettaglio le attività che stavano svolgendo i suoi ragazzi.

Poi, dopo una mezzoretta, sparì, ritornando subito dopo in tuta e, oplà, via! Per una serie di giri intervallati da soste in cui Alain Marie Pascal spiegava gesticolando con le mani alcune richieste di interventi che voleva essere apportati prima di riprendere ad inanellare giri. Risultato: il successivo Gran Premio del Portogallo fu vinto proprio dal Professore, che diventò nell’occasione il pilota più vincente della storia in F.1, arrivando a 28 Gran Premi vinti contro i 27 di Sir Jackie Stewart. Meraviglioso, Alain Marie Pascal…

Ai tifosi Ferrari non fu molto simpatico in quel periodo, vuoi per il suo stile di correre, mai troppo apparentemente entusiasmante per chi guardava dalle tribune o dagli alberi. Non era, non è mai stato un pilota di cuore, di quelli che infiammavano le emozioni e i cuori degli appassionati. Ma la testa e i piedi funzionavano alla grande, tanto che vinse quel che vinse, prima di imbattersi in quella incoercibile forza della natura che rispondeva al nome di Ayrton da Silva Senna. Le scintille, le faide, i colpi alti, ma soprattutto bassi, che intercorsero fra i due sono arcinoti. La loro guerra, prolungata, feroce, reiterata e bastarda, se lo ricordano ancora tutti, quelli che c’erano in quel periodo, massaie e carpentieri compresi. Peccato solo che questa loro questione personale costò un titolo mondiale alla Ferrari, che aveva prodotto una 641 F1, o F1-90 che dir si voglia, davvero molto molto competitiva.

CON LA FERRARI LA VITTORIA N.100 DEL CAVALLINO

E che il Professore, con una serie di prestazioni monstre, compresa la 100esima vittoria Ferrari in un Gran Premio in Francia, portò davvero vicinissima al titolo. Lavorando sui particolari, studiando l’assetto per l’approccio più redditizio a Le Beausset, per tornare al GP Francia, ancora oggi oggetto degli aneddoti più prelibati per chi ascolta raccontare la carriera di uno dei piloti più vincenti e più redditizi della storia.

Certo, Alain Marie Pascal Prost, avesse vinto con la Ferrari, battendo Ayrton da Silva Senna, sarebbe assurto agli onori della leggenda, e avrei ancora il suo poster appeso in camera. Ma quello che ha ottenuto è davvero importante. E i palati fini ancora deglutiscono pensando alle delizie delle sue curve, accompagnate dalla melodia dello 036, il V12 Ferrari che, a mio modesto parere, è stato il motore con il sound più bello ed emozionante della storia della F.1. Forse anche perché suonato ed interpretato da par suo da Alain Marie Pascal,   il Professore, certo, ma anche maestro inarrivabile, di corse e di vita. Con quel suo pragmatismo estremo e quel sorriso un po’ così, come quello di quel giorno, che si premurò di regalarmi, prima di scrivermi l’autografo…

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