I motori a benzina producono più PM10 dei diesel con FAP, lo rivela uno studio

Dopo la recente presa di posizione che impone ai motori a benzina dotati di iniezione diretta di rispettare gli stessi limiti per il particolato che vigono per i diesel, è diventato di fatto obbligatorio adottare un Fap anche per questi motori a benzina. Contemporaneamente, però, si portano a termine ricerche approfondite per individuare i fattori che, nei vari tipi di motore, portano alla formazione di PM10. 

Lo studio più recente è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature e vi hanno contribuito numerosi ricercatori di tutto il mondo: canadesi, svizzeri, norvegesi, francesi, americani e cinesi. E anche e due italiani del Joint Research Center della Commissione Europea, che lavorano ad Ispra nel Direttorato per l’Energia, il Clima e i Trasporti.

Questo studio entra nel merito della formazione del particolato chiarendo che gran parte di questo non esce immediatamente dai motori ma si forma in un secondo tempo a causa di aerosol organici presenti nell’atmosfera, che agiscono come precursori. Si distingue quindi fra particolato primario (presente allo scarico) e particolato secondario, che si forma in un secondo momento e che costituisce la frazione di gran lunga più importante di ciò che misurano le centraline.

Pertanto, il particolato è provocato non solo dalle emissioni, ma anche dai composti organici secondari che si generano nell’atmosfera per via di reazioni successive a partire da gas emessi direttamente. Capire quanto un veicolo sia effettivamente inquinante richiede non solo una conoscenza delle emissioni primarie (in particolare dei composti organici primari), ma anche del modo con cui queste emissioni si modificano nel corso del tempo nell’atmosfera.

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