F.1 Gp Austria, un signore di nome Emanuele Pirro, classe educazione e tanta amarezza

 Pirro e Chandok nei box austriaci a chiacchierare sul caso Montreal (Foto Magni)

 

Ieri sera, nel paddock del gran premio d’Austria, ho incontrato Emanuele Pirro. Sì, proprio lui, uno dei quattro giudici che, in Canada, hanno preso la decisione che tutti sappiamo. E che ha scatenato una serie infinita ed esagerata di reazioni anche scomposte, cattive, perfino pericolose. Lo stesso campione romano ne sembra ancora scosso, come segnato. “È stata una decisione dettata dalle regole che esistono”, dice Emanuele. “Sinceramente, non vedo nemmeno come possano essere cambiate. È come se, in una volata ciclistica, il concorrente davanti stringesse verso le transenne il concorrente che lo segue, lanciato per superarlo. Non si fa!” Detta così, è impossibile dargli torto.

 

LA TELEFONATA DI ARNOUX: IO E GILLES RISPETTO SEMPRE MAI CHIUSI IN CURVA

 

Quello che davvero sorprende, in negativo, è l’estrema amarezza che pervade le parole e la voce del cinque volte vincitore di Le Mans. “Mi ha espresso solidarietà anche René Arnoux”, continua, neppure tanto sollecitato. “Mi ha detto che lui e Gilles si erano messi le loro vite l’uno nelle mani dell’altro, contando sulla lealtà reciproca. Quella volta mai, mai una volta ci siamo ostacolati o buttati fuori pista. Stavamo combattendo con i nostri rispettivi problemi, ma facevamo anche molta attenzione a non nuocere all’avversario. Ci si poteva far male!” È stata davvero una chiacchierata illuminante, quella con Emanuele Pirro. Prima di tutto sulla statura, sulla educazione, sulla rettitudine e sulla umanità della persona, colpita oltre ogni misura da una vicenda che ha assunto contorni e contenuti davvero violenti. Ingiustificatamente e vigliaccamente. Si poteva non essere d’accordo, esprimere il proprio dissenso per la mancata vittoria della Ferrari, o per l’interpretazione di una regola che, riletta attentamente, ha ben poco di interpretabile.

 

Mai però si doveva arrivare dove si è arrivati. Agli insulti, alle minacce nei confronti di una persona, di un campione che assolutamente non se li meritava e non se li merita. Lo abbiamo visto poi parlare fitto con Karun Chandoch, che sosteneva una tesi diversa, portata dalla stessa Ferrari in quella sorta di istruttoria di appello, che in realtà, non ha portato che alla conferma della penalizzazione. Spero che la gente, tutta la gente, abbia modo di ravvedersi e di chiedere scusa a questo grande campione. E sostenerlo, nella sua preziosa attività di giudice di corsa. Che deve essere imparziale e applicare e far rispettare i regolamenti vigenti. Forza Emanuele, non mollare! Prendila, questa storia, come una notte difficile a Le Mans, dalla quale sei uscito tante volte vincitore. Vincerai anche stavolta. Pochissimi sono forti, sono campioni come te!

 

 

 

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