F.1 Silverstone 70 anni di GP, dal passato la speranza per il futuro

DI PAOLO CICCARONE PER AUTOMOTO.IT

Era cominciato tutto lì, un giorno di maggio del 1950 e oggi, 70 anni dopo, la F.1 torna a Silverstone per una doppia gara, il GP d’Inghilterra tradizionale e quello del 70 anniversario. Erano tempi diversi, la guerra era finita da poco e le ferite erano ancora pulsanti, la gente e l’industria stava ritrovando lentamente la voglia di vivere e ricostruire. Oggi, 70 anni dopo, la guerra ha la forma di un piccolo maledetto virus che ha causato morti, feriti e fallimenti a catena. Una guerra diversa, ma dove la gente e le industrie vogliono riprendersi prima possibile. Proprio come 70 anni fa.

A Silverstone la federazione fece partire il primo campionato del mondo di F.1, una soluzione inventata per creare una serie internazionale che racchiudesse le gare più importanti dell’epoca. Infatti si correva un po’ dappertutto, città, campagne, luoghi di villeggiatura. Si passava dalle monoposto alle sport. Il tutto senza un ordine preciso, alla rinfusa. Per mettere ordine la federazione scelse alcune gare simbolo e le inserì in un calendario che attribuiva il primo titolo di campione del mondo di F.1. Da allora ad oggi di benzina e gomme sotto i ponti ne sono passati tanti. E Silverstone 2020 rappresenta un ricordo e una speranza per il futuro.

 

La prima corsa fu dominata da piloti e auto italiane, piloti quasi scomparsi in questa edizione con un solo rappresentante. Antonio Giovinazzi, al volante di una Alfa Romeo. Altra cosa rispetto a quell’Alfa Romeo, quella mondiale. Oggi resta solo il legame col nome e la nazionalità del pilota. Il resto è tutto made in Germany con tocchi UK della Union Jack fatta a Brackley e col cuore a Stoccarda. A Silverstone Alfa Romeo ha segnato la storia del mondiale, ma a Silverstone sono cominciate altre storie, destinate al successo o all’albo dei ricordi. Fu qui che nel 1977 ci fu un doppio debutto: quello della Renault con un motore turbo di 1,5 litri in mezzo a tanti aspirati di 3 litri e il debutto su una McLaren per Gilles Villeneuve.

Una Casa divenuta simbolo dell’innovazione in F.1 e un pilota divenuto simbolo di indomabile spirito combattivo. E fu qui a Silverstone che Clay Regazzoni scrisse la prima pagina di una serie di vittorie targate Williams, era il 1979 e la squadra entrò di diritto fra le grandi, capace di dominare poi i mondiali e oggi nobile decaduta da metà schieramento e oltre. Silverstone, col suo paddock immenso, frutto del passato come aeroporto militare. Da qui partivano le missioni contro la Germania nazista. E da qui la Germania moderna ha dominato negli anni con un pilota britannico.

Cose che a guardarle col senno del poi ti fanno capire la stupidità e l’inutilità della guerra e di certe ideologie assassine. Silverstone 2020, doppio appuntamento, senza la cornice che l’ha sempre animata, fatta di barbecue, grigliate, tende, tifosi in mezzo al fango con birra in mano, di sale stampe fatiscenti, con tanto di roditori a fare passerella in mezzo ai giornalisti, del the alle 17 non importa cosa accada fuori da lì. Di colonne immense sulle stradine attorno al circuito, con la cittadina di Silverstone che ti accoglie col cartello: guidate lentamente. Nella patria del british motorsport. Un sottile senso dell’ironia per gli uomini più veloci del mondo. E i ristoranti cinesi a Towcester, unico rifugio per tanti piloti che qui hanno svolto la loro carriera, come Senna, Barrichello, Hakkinen, Raikkonen e tanti altri.

L’unico posto commestibile della zona, ma anche la quiete, la calma, il respiro della natura attorno alle farm e alle piccole case sparse lungo la rotta fra Northampton e Milton Keynes, con Banbury e Brackley snodate lungo stradine che a senso unico sarebbero strette e invece si percorrono nei due sensi, con spirito di sopportazione rigorosamente british. E la calma e il silenzio del parco che circondava una casetta dove un gruppo di fotografi italiani aveva trovato rifugio: “Guarda qua che calma, respira l’odore della natura, senti gli uccellini del parco che cinguettano” disse un fotografo modenese.

Salvo poi aprire la finestra, affacciarsi e scoprire che la casetta era quella del custode del cimitero che per l’occasione l’aveva affittata al gruppo di fotografi. Nonostante la quiete, non dormirono più. Forse per gli scricchiolii del pavimento, del vento fra le fessure delle finestre di fine 700. O per le civette col loro lugubre canto: “Qui il momento più bello della gara è quanto te ne vai e torni a casa” diciamo tutti noi continentali. Ma questa volta sentiremo la mancanza di Silverstone, con quello che rappresenta, con quello che è e con quello che sarà. Buon compleanno F.1, buon 70 anniversario.

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