F.1 Quando torna grande la Ferrari torna grande anche il mondiale. I sogni segreti dell’appassionato

DI GIUSEPPE MAGNI TESTO E FOTO
Mi piace pensare che, potenzialmente, gli ultimi tre campionati del mondo di Formula Uno avrebbe potuto vincerli la Ferrari. La SF70H, la SF71H e ora anche la SF90 hanno dimostrato di saper essere alla pari, ed in certe condizioni, anche superiori alla W08, W09 e W10, le frecce d’argento della corazzata Mercedes. Abbiamo ancora nella mente e negli occhi la faccia provata, quasi spaventata, di Lewis Hamilton dopo il Gran Premio del Belgio 2017, che fece davvero molta, molta fatica a portare a casa. Da allora, in Belgio, non ha più vinto. Già qui, se pensiamo a Spa come la pista più bella del mondo, tecnicamente probante, avere della Ferrari vincenti là è davvero elemento significativo di cosa abbia saputo esprimere la Scuderia Ferrari negli ultimi tre anni. Che, guarda caso, è proprio il periodo che ha coinciso con il ritorno alle Formula Uno toste, con dimensioni maggiorate della macchina, degli pneumatici, che hanno permesso alle monoposto della massima categoria automobilistica di far crollare, di frantumare record sul giro dei vari circuiti che resistevano dai tempi dell’incommensurabile Michael Schumacher. Insomma, da quando la Formula Uno è tornata ad essere quella vera, a Maranello hanno saputo tirar fuori davvero quello che la tradizione e la storia della Scuderia stessa imponevano: delle monoposto di assoluto livello, ai massimi vertici in fatto di competitività assoluta.
È davvero motivo di grande orgoglio constatare che questa arzilla vecchietta, nata a Modena il sedici novembre di novanta anni fa, sia in grado di contrastare con questa efficacia la grande Mercedes, una corazzata anglo-tedesca che conta il doppio degli organici e ha il placet della Casa madre per dei budget faraonici. È proprio molto bello, quasi commovente, scoprirci affettivamente molto legati alle tre ultime monoposto del Cavallino Rampante. Queste tre regine ci stanno regalando sogni antichi, gioie davvero molto profonde. Ci stanno facendo riscoprire il piacere, l’onore di indossare anche noi i colori della Scuderia, e non solo quando andiamo negli autodromi. Negli ultimi tre anni hanno ricominciato a parlare di Formula Uno e di Ferrari anche le massaie, i salumieri, perfino i sacerdoti. È un buon segno, questo. Davvero buono. Mi sembra di rivivere lo stesso clima che poi portò ai mondiali di Lauda e Scheckter, e, successivamente, lo stesso clima che portò ai mondiali di Schumi.
È molto bello, quasi esaltante, pensare che la Ferrari stia tornando stabilmente ai suoi livelli, livelli di eccellenza sbalorditivi, se pensiamo allo squilibrio di forze in campo. Ma, ancora una volta, lo spirito, la passione, l’entusiasmo che animano tutte le donne e tutti gli uomini che lavorano a Maranello stanno facendo la differenza. È lo stesso spirito, la stessa passione, lo stesso entusiasmo di Enzo Ferrari, che sempre ha saputo contrastare e, spesso, battere avversari molto più grandi e attrezzati della sua piccola, magica Scuderia. Magica, sì. Potrebbe essere questa la spiegazione di come, per l’ennesima volta nella sua storia, la Scuderia Ferrari nell’ultimo weekend abbia saputo sovvertire completamente e clamorosamente il pronostico della vigilia. Sappiamo tutti che dietro tutto ciò, invece, vi sia un lavoro enorme, pervicace, di gente che non ha mai mollato un millimetro, una fatica improba, quasi impossibile. Caratteristiche da sempre nel DNA della Scuderia Ferrari, che, nella sua novantennale storia, ha sempre saputo gettare il cuore oltre l’ostacolo, spronata da Enzo Ferrari prima, da Montezemolo e Todt, poi, ed infine da Marchionne, Arrivabene e Binotto ora.

Ecco, Mattia Binotto. Una persona quieta, in apparenza. Una persona di assoluta esperienza, di grande competenza acquisita sul campo.

Spesso le grandi aziende, specie multinazionali, trascurano questi aspetti importanti, ponendo a capo delle proprie strutture personaggi di esperienze molto variegate, sicuramente in gamba, ma loro stessi consapevoli di essere lì di passaggio. Mattia Binotto no. Mattia Binotto è nato e cresciuto a Maranello, ne ha respirato l’aria fin dall’inizio, si è abbeverato per decenni di quella cultura, di quella passione che esistono solo là. Mattia Binotto è uno che la Scuderia Ferrari ce l’ha nel sangue, è uno attaccato alla maglia, uno che ha il Cavallino Rampante stampato nel dna. Mattia Binotto è uno di noi. Mattia Binotto è anche uno che, grazie al suo background, ha saputo tirare fuori il meglio della Scuderia, un agitatore di uomini, come amava definirsi Enzo Ferrari. Ed eccole qui, le sue figlie: la SF70H, la SF71H ed ora la SF90, grandi Ferrari di una Formula Uno tornata grande, tornata a battere i record, tornata ad entusiasmare e ad esaltare… e noi, noi, da sempre con la mente e con il cuore là, ai piedi delle colline dell’Abetone, possiamo tornare a parlare di Formula Uno a testa alta con le massaie, con i salumieri, perfino con i sacerdoti… Noi, noi, che non ci siamo anche noi mai mossi da Maranello, possiamo continuare a sognare…
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