F.1 GP MONACO Quella barriera al Portier che fa storia nel circus dopo Senna

DI GIUSEPPE MAGNI TESTO E FOTO

Esistono alcuni luoghi, al mondo, apparentemente insignificanti, che rappresentano ricordi, raccontano storie, suscitano emozioni. Esiste un posto dove c’è una barriera, qualche decina di metri di guard rail, all’uscita di una curva. Quanti milioni di chilometri di guard rail esistono al mondo? Infiniti. Servono per contenere i mezzi di locomozione in caso di perdita di controllo da parte del conducente. Servono per preservare l’incolumità delle persone, per garantire la loro sicurezza.

Anche se, quando capita di finirci contro, la sicurezza, tante volte, la perdi, soprattutto quella in te stesso. Capitò anche ad un grandissimo campione di F.1 di finire appoggiato ad un guard rail, anzi, proprio a questo guard rail, una volta, tanti anni fa. Stava conducendo il suo bolide da corsa verso l’ennesima vittoria schiacciante, perentoria, in un volo fatto di armonie e di acuti che solo lui sapeva interpretare. Invece, ecco queste poche decine di metri di guard rail, apparentemente insignificanti, all’uscita di una curva, che lo attraggono, tirandoselo vicino, sempre più vicino, pericolosamente vicino, giro dopo giro, fino al contatto fatale. Corsa rovinata, vittoria sfumata.

IL PORTIER, CRONACA DI UN ERRORE

Il grande campione scese arrabbiatissimo dal suo bolide e si ritirò a casa sua, che distava duecento metri da quel guard rail, e nessuno lo vide più, quel giorno. Quelle poche decine di metri di guard rail, esistono ancora oggi. Vengono montate ogni anno, proprio in quel posto preciso, in preparazione alla corsa in auto più famosa del mondo, il Gran Premio di Montecarlo. Si trovano all’uscita della curva del Portier, proprio prima dell’ingresso nel tunnel. Sembra una curva facile, lenta, ma lì, proprio lì, si deve schiacciare a fondo il pedale dell’acceleratore, per affrontare il punto più veloce del circuito, quella finta curva sotto al tunnel, appunto. E allora l’uscita da quella curva lenta diventa importante, bisogna disegnarla bene.

Ed ecco che, allora, quelle poche decine di metri di guard rail vanno sfidate, vanno sfiorate, vanno accarezzate, in accelerazione, tante volte in sbandata controllata, per cercare di prendere più velocità possibile. Ed ecco che, allora, quelle poche decine di metri di guard rail, apparentemente insignificanti, assumono tutta un’altra importanza, vengono viste sotto un’altra luce. Diventando una sfida nella sfida, a chi è più abile a sfiorarle, ad accarezzarle, quasi ad appoggiarvisi, ma non troppo ruvidamente, come capitò quel giorno a quel grande campione, Ayrton Senna, che pose fine proprio lì alla sua galoppata, fino a quel momento, vincente.

UN GP SUL FILO DELLA LAMA DEL GUARD RAIL


Ancora oggi, dopo tanti anni, e con l’evoluzione tecnica esponenziale che hanno sublimato le monoposto di F.1, quel luogo rappresenta la sfida. La sfida dell’uomo verso la barriera, verso il guard rail. Dei piloti, dei campioni moderni verso Ayrton Senna. Verso l’Ayrton Senna di quel giorno, di quel solo giorno, che non seppe resistere all’attrazione fatale di quel guard rail. Ed è stupendo star lì ad ammirare, a scoprire quanto siano abili, quanto siano sensibili questi ragazzi di oggi, nel condurre le mastodontiche monoposto moderne vicino, sempre più vicino alla fatal barriera.

C’E’ CHI LA BACIA CHI LA TEME

Alcuni ne stanno rispettosamente lontani, altri la sfiorano, altri ancora la sbeffeggiano, accarezzandola in controsterzo, in controllo della furente apertura della farfalla del gas, in violenta accelerazione. Maestri. Questi ragazzi sono dei maestri meravigliosi. Fanno diventare quelle poche decine di metri di barriera uno spartito musicale di sublime bellezza. E vorresti che il tempo non passasse mai, anzi, che tornasse indietro, per poter rivedere passare di qui, insieme ai maestri di oggi, quel vecchio campione, non più corrucciato, ma felice, di sfidare ancora e ancora la barriera, facendo salire alta la musica e la poesia, che solo lui, e loro, sanno scrivere e cantare così…

GIUSEPPE MAGNI

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