MATTEO GATTO L’uomo che fa rinascere a nuova vita le Mini del passato

DI PAOLO CICCARONE

C’è chi colleziona francobolli e chi, vecchia scuola, le farfalle. C’è poi un altro tipo di collezionista, colui che ama le auto e cerca di possedere i modelli più esclusivi, unici e introvabili. E poi c’è Matteo Gatto, figlio d’arte. Suo padre Mario è stato campione di monoposto negli anni 70 e 80 con la neonata F.Fiat Abarth, il fratello Manuele ha pure rappresentato l’Italia nella serie A1 GP col team Ghinzani. Con un palmares famigliare di questo livello, uno si aspetta il salto in qualche categoria.

E invece…”Invece volevo correre con le moto ma mio padre non voleva. Era troppo pericoloso per lui e mi propose la Clio Cup Renault. Per ripicca ho rifiutato e così ho abbandonato la tradizione familiare delle corse in pista. Però la passione c’è ed è rimasta”.

Matteo Gatto con Alex Zanardi, aveva un buon rapporto col pilota bolognese

E infatti la passione di Matteo si chiama Mini. Tutte le vetture storiche, del passato, destinate alla demolizione, lui con un gruppo di amici con la stessa passione, le riporta a nuova vita. Giocandosi tempo e soldi. “Quando nel 1959 Issigonis presentò la prima Mini, vendette il progetto ad altri costruttori perché da solo non era in grado di sviluppare la vettura. Fu così che circolarono Mini firmate Morris, Austin ma anche Innocenti e Auti in Spagna. Queste sono da noi più facilmente reperibili e quando incontro qualcosa, dai pezzi di carrozzeria alle vetture intere, scatta la voglia di rinascita”.

E così Matteo, forte dei suoi amici, passa le serate in officina a saldare, montare, carteggiare e ripristinare. “A volte ci vogliono anche 230-250 ore di lavoro e una vettura può costare anche 18-20 mila euro, ma vuoi mettere la soddisfazione di vederle rinascere?”. Una delle ultime vetture è stata pure revisionata nel motore: “Abbiamo aumentato la cilindrata di poco, da 1275 cc a 1460 giocando sulla corsa, con due carburatori 44 SU, ci mancano ancora una ventina di giorni di lavoro ma sta venendo bene“.

Il motore però è originale in tutto e per tutto “L’abbiamo preparato un po’, lavorato sulle camme e su altri particolari, come una corsa più lunga portata da 81 a 86, era previsto a quel tempo, per cui non stravolgiamo proprio niente di quanto originale ci sia”. Il problema, al solito, è nei ricambi:In Italia sì, ma in Inghilterra la Mini Heritage produce pezzi originali con le specifiche dell’epoca e lo fanno benissimo“.

Molti pezzi, completi, restano nella collezione perché rivenderli non è nella natura di Matteo e dei suoi amici: “E’ passione pura, sto mettendo le mani su una Morris Cooper S del 66: sarà uno spettacolo se riesco a farcela...”. E allora, bando alle parole, nelle foto trovate il risultato finale coi vari passaggi dei restauri. Cosa non si fa per passione…

Condividi su: