LA STORIA DEL DTM IN PILLOLE

Testo e foto MARCO FERRERO

 

Il Deutsche Tourenwagen Masters (dal 1984 al 1996 la “M” significava Meisterschaft), campionato meglio e più semplicemente noto come DTM, è una serie, giunta quest’anno alla sua 37^ edizione, che nel corso della sua storia ha visto presentarsi al via marchi prestigiosi quali Alfa Romeo, Mercedes, BMW, Opel, Audi, Aston Martin, e della quale alcuni dei suoi campioni (Stuck, Di Resta, Albers, Paffett, Larini, Wehrlein) hanno avuto modo di gareggiare anche in Formula 1.

Un campionato che aveva visto la sua fine nel 1996, per rinascere nel 2000, e che con non poche difficoltà ha vissuto la sua storia degli ultimi due decenni, più volte cambiando il suo format, i suoi regolamenti e le sue vetture, il tutto per mantenere il suo fascino, la sua attrattiva e la sua tradizione, una serie martoriata da vicissitudini sia economiche che regolamentari piuttosto che gestionali o di natura tecnica, ma che con grande caparbietà gli organizzatori hanno continuato a proporre.

La serie nacque nel 1984 con un regolamento per le vetture di Gruppo A, che venne via via modificato per consentire l’ingresso di modelli “evoluzione”, e fino al 1992 vide una crescente presenza di svariati marchi europei, quali Opel, Mercedes, BMW, Audi, Alfa Romeo, Volvo, Rover e Ford; nel 1993 la serie si evolse al suo punto “tecnico” più alto, portando in pista supercars dotate di telai tubolari, largo uso dell’elettronica e motori da 2500 cc., il tutto con la speranza che gli appassionati “leggessero” il DTM come l’erede di quello “endurance” allora giunto alla sua fine.

Sono di questo periodo le uniche, ad oggi, vittorie italiane nella serie, con Ravaglia che ottenne il successo nel 1989 con la BMW, mentre Larini si impose nel 1993 alla guida dell’Alfa Romeo 155, nel periodo forse di massimo splendore della serie teutonica per quanto relativo ai piloti presenti nelle gare, tutti campioni che garantivano al campionato un livello incredibile ed invidiabile.

Purtroppo, causa una crescita continua ed esponenziale dei costi a carico delle squadre (anche per le trasferte in Giappone o Brasile), e senza un adeguato ritorno da parte dell’organizzazione o dai diritti televisivi, e complice una discutibile gestione “mediatica”, che da un canto non consentiva più l’accesso ai paddock e dall’altro aveva portato i prezzi dei biglietti a livelli inaccettabili, con un sempre minore interesse da parte del pubblico la serie nel 1996 vide la sua fine

Quasi per caso, dopo che all’Essen Motor Show del 1998 la Opel presentò una macchina da turismo DTM basata sulla Opel Astra Coupé, ridando fiducia ad un rinnovato interesse per quella competizione, il DTM rinacque nel 2000 sotto l’egida della ITR, utilizzando una formula simile a quella tenuta sino al 1995, con gare in Germania affiancate da altre su circuiti europei, ma cercando di evitare di ripetere gli errori legati all’incremento dei costi che avevano portato alla fine della serie.

Nel contempo il passaggio, più formale e burocratico che effettivo, da Meisterschaft (campionato) a Masters, stante come i regolamenti FIA avrebbero permesso, utilizzando la denominazione “campionato”, la disputa di una sola gara al di fuori della Germania, in tal modo limitando eventuali progetti di espansione verso Paesi vicini come l’Austria o il Belgio, potenzialmente “interessanti”.

In prima istanza furono utilizzate solo vetture con carrozzeria coupé e 2 porte finché, nel 2004, i produttori convenirono di ritornare alle “berline”, le cui versioni da corsa, avendo in comune con le rispettive vetture di produzione di serie solo l’aspetto esteriore, divennero delle “silhouettes”; con tale scelta furono rese obbligatorie, per tutti i produttori, molte parti in comune, quali cambi, freni e pneumatici realizzati dagli stessi fornitori, al fine di mantenere i costi a livelli accettabili.

Ciò non fu sufficiente a limitare i costi in quanto, se le vetture avevano sembianze “stradali”, a tutti i fini erano veri e propri prototipi; l’ultimo passaggio della storia del DTM due anni fa, dopo l’annuncio di Aston Martin e di Audi di abbandonare definitivamente la serie, lasciando che il DTM rimanesse un “monomarca” Mercedes, e la scelta di passare a vetture di classe GT3, una scelta azzeccata che ha ridato lustro ed interesse alla serie.

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