DAL CAMPIONATO DEL MONDO PROTOTIPI AL WEC, OVVERO, ”L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE”

Testo e foto MARCO FERRERO

 

C’era un tempo, quando questo tipo di competizioni raggiunse quelli che ad oggi vengono, forse legittimamente, considerati gli anni d’oro della manifestazione, e che appare ormai lontano e quasi solo più nei ricordi, e veniva chiamato Campionato del Mondo Prototipi; una serie che, oltre ad aver fatto trepidare gli appassionati italiani per i successi dei nostri marchi, ha regalato gare e duelli indimenticabili.

Come non ricordare non solo l’arrivo in parata delle tre Ferrari alla 24 ore di Daytona del 1967, i duelli con la Ford GT40, le vittorie degli anni ’70 di Ferrari ed Alfa Romeo, ma anche il dominio Porsche con le sue 917, gare affascinanti quanto pericolose, ma iconiche, quali la Targa Florio, e si potrebbe ancora continuare stante come ciascuno serbi ancora mille ricordi indelebili, e di cui la 24 ore di Le Mans continua a tutt’oggi a rimanere la punta di diamante.

Circa settanta anni fa, per la precisione era il 1953, nacque una serie dedicata “a vetture biposto dotate di impianto di illuminazione”, uno dei pochi esempi nell’automobilismo e seppur con le traversie e le comprensibili “mutazioni”  ed evoluzioni che nel corso dei decenni si sono succedute, di eventi che si sono protratti nella storia sino ai giorni d’oggi.

Detto in termini che possono apparire quasi grossolani, il World Endurance Championship (più comunemente conosciuto come WEC) altro non è che l’ultimo passo dell’evoluzione di questa competizione, di una serie capace di esaltare, più della Formula 1, il lavoro di un’intera squadra, sia in pista, con i piloti che si alternano alla guida, sia nei box, dove il lavoro dei meccanici, degli ingegneri e degli “strateghi”, al giorno d’oggi certamente facilitato dalla telemetria, dall’elettronica e da quanto i decenni hanno saputo portare a supporto delle competizioni, contribuisce in modo determinante al successo.

Una serie che, grazie anche alla maratona francese (quella di un tempo, non quella attuale, ha anche proposto versionamenti aerodinamici talora esasperati al limite del temerario (chiedere a Henri Pescarolo commenti sulla Matra 640) ma che hanno alimentato leggende tuttora sussistenti (pare che nelle prove di aprile del 1971 a le Mans Pedro Rodriguez avesse raggiunto la velocità di 412 km/h con la Porsche 917 “coda lunga” sul rettilineo delle Hunaudières).

Con l’arrivo delle Hypercar, o perlomeno questo probabilmente è stato il razionale che ne ha guidato la scelta, si dovrebbe tornare a riportare in pista una pluralità di marchi, caratteristica che aveva esaltato le competizioni di qualche decennio fa, e ridare nuova linfa ad una competizione, intesa in senso sportivo / agonistico, ad un confronto tra case, l’essenza stessa della serie, che negli ultimi anni, stante la presenza di pochi costruttori impegnati, è oggettivamente venuta un po’ a mancare.

L’occasione della tappa del WEC a Monza, su uno dei tracciati che storicamente ne ha visto lo svolgimento con le sue “1.000 km”, è occasione per lasciarsi andare alla nostalgia e ripercorrere idealmente questa affascinante storia, non solo dialetticamente ma anche visivamente; a tal fine a queste righe si vuole allegare una carrellata fotografica, un collage di quanto visto sia negli appuntamenti dell’ultimo biennio sia negli eventi dedicati a vetture storiche, di alcune delle vetture che di questo evento sono state protagoniste.

E se proprio si vuole lasciare spazio ai ricordi, per coloro i quali hanno avuto la fortuna e l’opportunità di ripercorrere buona parte di questa “evoluzione”, la sfida, ovviamente bonaria, è quella di riconoscere le vetture immortalate nelle immagini, un modo per rendere atto e merito ad una serie che nel corso dei decenni ha saputo regalare emozioni.

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