Ricordando Senna. "Quel giorno a Imola, con la morte in pista"

Un pugno allo stomaco da togliere il fiato. Dopo tanti anni è ancora questa la sensazione che si prova quando si ripensa ad Ayrton Senna e a quei drammatici istanti che seguirono all’impatto contro il muro del Tamburello a Imola. La scomparsa del pilota brasiliano ha ingenerato, in chi l’ha vissuta personalmente, la stessa sindrome dei reduci del Vietnam. Una sorta dell’“io c’ero e posso dire cos’era“.

 

Basta ritrovarsi la sera in un ristorante, a cena con alcuni colleghi, che il discorso cade inevitabilmente su Senna. Sugli ultimi istanti di vita e dei vari episodi rimasti nella mente di ognuno dopo quel drammatico impatto avvenuto alle 14:17 di domenica 1 maggio 1994. Una data che per molti ha coinciso con l’inizio di una nuova era in F.1. Chi non ha mai visto morire qualcuno non può capire cosa si prova in quegli istanti. Ma lo choc di una morte vissuta in diretta, di una persona conosciuta con la quale si è lavorato insieme per tanti anni, ha “svezzato” i giovani reporter della F.1 come la guerra in Bosnia e in Somalia hanno battezzato, col sangue, schiere di inviati di guerra che l’avevano solo letta sui libri o vista nei film.

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