Guerra ai diesel, con l'elettrico nuove sudditanze e il problema resta

Il nostro editorialista, Enrico De Vita, è intervenuto ai microfoni di Giuliano Giulianini nella trasmissione “A conti fatti”, in onda su Radio Vaticana, per parlare dell’attuale crociata nei confronti dei motori diesel, specie alla luce dei recenti annunci che vorrebbero, in brevissimo tempo, estendere il blocco della circolazione a tutti i diesel in diverse regioni italiane. De Vita comincia dal ribadire la sostenibilità dei motori a gasolio delle ultime generazioni. «Dal 2004 in avanti – spiega – il motore diesel è diventato più pulito dei motori benzina i quali, invece, allo scarico hanno sempre un problema marcato: cioè una elevata emissione di idrocarburi incombusti quando si preme a fondo l’acceleratore. Infatti, per non bruciare le valvole e per raffreddarle, si ricorre da sempre a una tecnica che non è stata ancora abbandonata: l’arricchimento – anche del 20% – della combustione mediante aggiunta di benzina in eccesso».

«Ed è per questa ragione che, proprio di questi giorni, diventa imperativa una norma che impone anche ai motori a benzina di introdurre un filtro antiparticolato. In conclusione, possiamo dire che allo stato attuale nei motori diesel rimane un nemico molto blando, gli ossidi di azoto, innocuo per l’uomo, soltanto un po’ irritante; mentre nel motore benzina rimangono ancora degli idrocarburi incombusti che sono potenzialmente cancerogeni e pericolosi».

 

Quanto ai blocchi nelle regioni del nord dei diesel, De Vita commenta in questo modo: «Si tratta di un autogol dell’Europa contro la sua industria e contro il common rail. L’Europa ha condivisa la battaglia degli Stati Uniti contro gli NOx dei diesel, originata negli Usa probabilmente per motivi commerciali, e ha finito col soffocare nella culla una sua creatura prestigiosa, il diesel. Ma, bandendo i diesel dalla città, fa un danno all’ambiente, alle tasche del cittadino e anche al futuro del pianeta. Questo perché il motore diesel comporta emissioni di CO2 inferiori del 25-30% rispetto a tutti gli altri motori endotermici, siano essi a benzina, a metano o a GPL: è quindi lo strumento principe per contenere le emissioni di CO2, accusate di provocare il surriscaldamento globale. L’Europa ha deciso di limitare la circolazione di tutti i diesel fino a Euro 4, quasi tutti dotati di filtro antiparticolato, ignorando il fatto che questi rappresentano già uno standard elevato di sostenibilità. I diesel, da Euro 4 in poi, non solo non si devono vietare, ma si devono accogliere e privilegiare rispetto ai motori a benzina».

 

A domanda di Giulianini sulla opportunità di eliminare il diesel subito, perché la sua scomparsa dall’orizzonte tecnologico è comunque prima o poi necessaria, De Vita risponde: «Tutti i combustibili fossili, e in particolare quelli liquidi, sono destinati a sparire per esaurimento. Tuttavia, ritenere che sia necessario fare sparire il diesel per sostituirlo con auto elettriche, oggi, è decisamente prematuro. L’auto elettrica, per la sua produzione, richiede una quantità di CO2 – supplementare rispetto a quella necessaria per un’auto tradizionale – emessa al momento di produrre le batterie, che verrà ammortizzata durante l’uso dell’auto solo in 30-40 mila chilometri. Quindi, per i primi 30-40 mila chilometri di funzionamento di un’auto elettrica, il Pianeta va in debito. A Bruxelles le norme europee tendono a privilegiare le tecnologie nuove, e non badano in maniera razionale a quello che può essere ancora conservato: e che prende il nome di economia circolare.

 

Un esempio: se rottamiamo, nel Piemonte assieme a Lombardia ed Emilia, tre milioni di automobili diesel, praticamente buttiamo nelle discariche una quantità gigantesca di energia elettrica – pari a 25 mila chilowattora – utilizzata per la produzione di ognuna di queste vetture. Se dovessimo produrre di nuovo queste vetture, siano esse elettriche o con qualunque altro motore, per rivenderle e sopperire a quelle che rottamiamo, dovremmo spendere una quantità di energia gigantesca: tre milioni di auto nuove richiedono 75 miliardi di kWh. Una cosa pazzesca». Dello stesso avviso, anche se per ragioni diverse, è anche Vincenzo Balzani, professore emerito dell’Università di Bologna. «Non mi sento di consigliare la rottamazione, tanto più che in questo momento consiste nella sostituzione di un’auto diesel con un’altra a motore termico. Ciò significa rimandare ancora di più la transizione. Ogni macchina nuova che si produce, poi, comporta la produzione di molta CO2: si stima che se ne emettano 15 tonnellate per ogni vettura».

De Vita aggiunge: «Non possiamo permetterci, oggi, di fare questa spesa solo per un osanna alla tecnologia del futuro: all’auto elettrica, che ancora non è certa, né garantita; né soprattutto ci rende autonomi dall’industria cinese che possiede la tecnologia di fabbricazione delle batterie al litio, il cobalto, il palladio e le terre rare. Il cobalto è utilizzato negli elettrodi delle batterie al litio per ridurre il tempo di ricarica; le terre rare, come il neodimio, sono utilizzate nei motori elettrici per avere un alto rendimento, o come il litio, per le batterie».

 

«Se accettiamo la tecnologia dell’auto elettrica a batteria, avremo quasi certamente un futuro di sudditanza all’industria e all’economia cinese. Guardiamoci bene in faccia: siamo così ricchi da poterci permettere questo dispendio di nostre energie in casa, e questo pagamento delle tecnologie che compreremo dai paesi dell’est asiatico?».

automoto.it

 

 

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