F.1 GP Monza come nasce una passione in pista

 

C’era una volta un piccolo tifoso, che si appassionò alle Corse di F.1 esaltato dalle gesta di una Macchina Rossa, ruote piccolissime davanti ed enormi dietro. I Piloti erano Clay Regazzoni e NIki Lauda. Fu così che, con un paio di amici, costruì una pista su un vecchio tavolo di legno: rettilineo, curva grande, altro rettilineo, due curve a 90 gradi, chiamate, da subito, di Lesmo, altro rettilineo, curva Ascari, rettilineo, curvone Parabolica di ritorno. I tre amici riuscirono a farsi regalare qualche modellino Polistil, scala 1/66: c’erano una macchina blu, la Tyrrell, una bianca, detta Lola, una grigia, la Brm, poi la nera Lotus e quella Rossa, già la più ambita. I tre piccoli amici si appassionarono talmente tanto alla loro Pista da passarci intere estati a disputare Gran Premi, Campionati del Mondo, Corse dei Campioni. Erano talmente assorbiti da questa intensa attività di Corse, che tante volte capitava che saltassero pure il pranzo. I genitori erano un po’ preoccupati: com’era possibile che tre ragazzini si appassionassero così tanto ad un gioco avvincente fin che si vuole, ma alla fine così ripetitivo? Ma ben presto si tranquillizzarono, si accorsero che era nata una fantastica Passione. Tant’è che un bel giorno, uno dei papà decise che era venuto il momento di portare i tre… Piloti a vedere quelle vere, di F.1. La notizia fece trasalire i tre piccoli amici, che cominciarono a tremare dall’Emozione, increduli. Finché iniziò il viaggio, in macchina, verso la Pista vera, uguale a quella su cui giocavano già da anni, solo, questa, a grandezza naturale. Attraverso le campagne, arrivarono ad un alto muro di cinta, quello del Parco di Monza, dove, dall’altro lato, si celavano le due Curve di Lesmo. Parcheggiata la macchina, fu bellissimo accorgersi che c’erano sei piccole gambette che tremavano… Vinta l’Emozione, anche se il cuore batteva forte in gola, entrarono nel Tempio della Velocità, per la prima volta nella loro vita. Era l’otto settembre 1978, si sarebbero svolte le prime prove del venerdì, valevoli per il Gran Premio d’Italia di quell’anno. La seconda sessione, allora, era cronometrata, valida per lo schieramento di partenza. Salirono le vecchie scale in ferro di una grande tribuna, quella all’esterno della Curva di Lesmo. Arrivati su, videro il nastro d”asfalto più famoso del mondo: sullo sfondo la Prima di Lesmo, bordata da guard rail a filo pista, dietro guard rail c’era la rete e poi il bosco, zero via di fuga. Breve rettilineo e, sotto di loro un Curvone mozzafiato, ampio, vertiginoso. Anche lì, zero via di fuga all’esterno. Una mezz’ora di attesa e arrivarono i primi bolidi: Clay Regazzoni su Ensign, Arturo Merzario su Merzario. Velocissimi, lucidissimi, meravigliosi. Con un suono fortissimo, tanto che i tre ragazzini furono costretti a turarsi le orecchie con le dita. Qualche attimo ed ecco Mario Andretti con la Lotus 78, nera, di una bellezza stordente, assoluta, da perdere la testa. Subito dopo, eccola! La Macchina Rossa, numero 12. Suono melodioso, acutissimo, con a bordo un tizio che reclinava il casco a destra nel fare le curve. Lui, questo qui della Macchina Rossa, trascorsero tutto il venerdì a rubarsi la pole position. Non faceva in tempo uno a migliorare il suo crono, che l’altro lo migliorava ulteriormente a sua volta. “Villeneuve! Ancora Villeneuve!” Lo speaker sembrava impazzito. E con lui tutto il folto pubblico che affollava la tribuna e tutto il bosco ad essa antistante. Figuriamoci lo stato d’animo dei tre ragazzini… Si guardavano spesso negli occhi e vedevano nell’altro la stessa umidità, la stessa Emozione. Che è poi la stessa che ho letto negli occhi di altri ragazzini, ma anche tanti adulti questa mattina, entrando in Autodromo. Sono passati quarant’anni da quella magica sessione di prove ufficiali, ma qui è come il tempo si fosse fermato: c’è una folla enorme, di qua e di là del nastro di asfalto. Ora come allora in spasmodica attesa dei bolidi. Ora come allora la maggior parte vestiti di Rosso, si guardano e ti guardano, già con gli occhi umidi, già con il cuore caldo. Cerco di darmi un contegno, ma in realtà mi trattengo a stento dal saltar giù dalla macchina e abbracciarli, abbracciarli tutti. Perché la loro Emozione è la mia Emozione, la loro Attesa è la mia Attesa, il loro cuore batte con il mio, all’unisono. Siamo tutti qui, di nuovo, per l’ennesima volta, ininterrottamente. Ci guardiamo, ci capiamo, commossi. E aspettiamo…

Condividi su: