DTM, LA STORIA CONTINUA

 

 

Deutsche Tourenwagen Masters (n.d.r. dal 1984 al 1986 Meisterschaft), il campionato meglio e più semplicemente noto come DTM, una serie, che nel corso della sua storia ha visto presentarsi al via marchi prestigiosi quali Alfa Romeo, Mercedes, BMW, Opel, Audi (quest’anno anche Aston Martin), giunta quest’anno alla sua 34^ edizione, e della quale alcuni campioni (Di Resta, Albers, Paffett, Larini) hanno avuto modo di farsi vedere anche sul palcoscenico della Formula 1. 

Un campionato che si potrebbe definire “araba fenice”, risorto nel 2000 dalle sue ceneri dopo la “chiusura” occorsa nel 1996 e che, con non poche difficoltà, sta cercando di ritornare ai fasti del passato portando in gara vetture “silhouette”, il cui fascino rimane sempre elemento di attrattiva; una serie martoriata da non poche vicissitudini, sia economiche che regolamentari, piuttosto che gestionali o di natura tecnica, ma che la caparbietà teutonica continua, fortunatamente, a riproporre agli appassionati di questo tipo di competizioni. 

Nato nel 1984 con il regolamento per le vetture di Gruppo A, via via modificato per consentire l’ingresso di modelli “evoluzione”, fino al 1992 vIde la presenza di svariati marchi europei, quali Opel, Mercedes, BMW, Audi, Alfa Romeo, Volvo, Rover e Ford; nel 1993 la serie si evolse portando in pista super vetture dotate di telai tubolari, largo uso dell’elettronica e motori da 2500 cc., generando un entusiasmo ed un’attenzione degli appassionati alla ricerca di un campionato che prendesse nei loro cuori quello dello scomparso “endurance”. 

 

 
Purtroppo, l’escalation dei costi a carico delle squadre (costrette anche a trasferte in Giappone o Brasile), senza adeguato ritorno dai diritti televisivi o dall’organizzazione, ed una gestione “mediatica” che non consentiva più l’accesso ai paddock (oltre a prezzi dei biglietti saliti alle stelle!), fecero scemare l’interesse da parte del pubblico, ed il campionato nel 1996, che vedeva solo la Mercedes come partecipante, vide la sua fine. 

Dopo che all’Essen Motor Show del 1998 la Opel presentò una macchina da turismo DTM basata sulla Opel Astra Coupé, ponendo le basi per un rinnovato interesse in tali competizioni, il DTM tornò nel 2000 organizzato dalla ITR,con una formula simile a quella tenuta sino al 1995 con gare in Germania affiancate da altre su circuiti europei, ma con una particolare attenzione ai costi per evitare il ripetersi del disastro di pochi anni prima. Il nome venne cambiato da Campionato (Meisterschaft) a Masters, in quanto le norme FIA sull’uso della denominazione “Campionato” avrebbero permesso agli organizzatori la disputa di una sola gara al di fuori della Germania, limitando i piani di espansione verso Paesi vicini come l’Austria o il Belgio. 

Inizialmente furono ammessi esclusivamente vetture con carrozzeria coupé e 2 porte finché, nel 2004, i produttori accettarono il ritorno alle berline, le cui versioni da corsa, avendo in comune con le rispettive vetture di produzione di serie solo l’aspetto esteriore, divennero delle “silhouettes”. 
La scelta ha permesso di rendere obbligatorie, per tutti i produttori, molte parti in comune, e ciò per mantenere i costi a livelli accettabili. Si usano tra le altre parti, cambi, freni e pneumatici realizzati dagli stessi fornitori, permettendo di risparmiare sui costi di sviluppo per le case costruttrici. 

 

 
Gli ultimi anni hanno tuttavia evidenziato ancora difficoltà legate ai costi, in quanto, anche se le vetture gareggiano con il nome di vetture stradali, si tratta a tutti gli effetti di prototipi; per livellare le prestazioni e limitare i costi, diverse parti meccaniche comuni vengono preparate da fornitori specializzati, come le trasmissioni Hewland e X-trac, i freni e gli pneumatici Hankook. Le configurazioni aerodinamiche sono testate nella galleria del vento prima dell’inizio della stagione, portate a un livello comune e poi non più modificate durante la stagione. 

Tanti i campioni che si sono susseguiti sul trono di questa serie ed i cui nomi sono famosi; giusto per non dimenticare che il campionato teutonico ha visto anche un po’ di tricolore, doveroso citare le vittorie di Ravaglia (1989) e Larini (1993), laddove il primo aveva trionfato su una BMW, mentre il secondo aveva condotto alla vittoria l’Alfa Romeo 155.

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