CONTROVENTO Ferrari, non si vince litigando in squadra

 

Commentare questa declinante parabola della Ferrari a fine stagione è sconsolante. E’ vero che stando seduti sul sofà, tutto sembra semplice da quella posizione.

Ho riflettuto sull’argomento, e concludo che lo è, sia dal sofà, che in pista. La Formula 1 è la massima categoria dello sport automobilistico, e richiede particolare esperienza nell’affrontarla. Ci sono in gioco tanti soldi e la reputazione.

Per vincere devi mettere a posto tutte le caselle del puzzle. Non puoi sbagliarne nessuna. E quando sbagli, perché quello può succedere, anzi succede, devi avere la grande umiltà di mettere in riga gli errori e la grande capacità di analizzarli per trovare le linee di miglioramento.

 

La gestione di Arrivabene, sotto il profilo tecnico, è riuscita a trovare il bandolo della matassa con l’incarico a Mattia Binotto, decisione che a me all’inizio era sembrata azzardata. Dare in mano il team ad un motorista non mi sembrava la scelta migliore. I risultati qualitativi mi hanno dato torto. Bene per il team di Maranello !

Quello che in questi anni, però, è quasi sempre stato carente, è stata la gestione dei box. Ai tempi di Michael Schumacher, Ross Brawn e “Baldo” Luca Baldisserri presidiavano il muretto con decisioni ineccepibili. Che succede alla gestione Arrivabene ?  A me è spesso sembrato che ci fosse un’ansia, anzi un’angoscia di anticipare l’avversario, molto di pancia e poco di cervello.

 

Sul tema c’è una considerazione da fare. Non si possono forzare le situazioni. Puoi fare, sì, qualche giochetto, leggasi nel linguaggio moderno “undercut” o “overcut”, ma è roba da guadagnare una posizione, al massimo. Sparigliare le carte, tipo far fermare Raikkonen 8 giri prima di Lewis (leggasi Monza) è puro azzardo, per non dire … disperazione.

Ho un ricordo lucido nella mia memoria, ero alle prove libere che tradizionalmente si tenevano a Monza ad inizio Agosto prima della gara, ed andai a trovare Michel Tetu che era responsabile in pista di Renault Sport. Il team aveva Prost ed Cheever. Prost in quel momento aveva 51 punti con un vantaggio di 14 su Piquet con la Brabham. Ebbene, guardandolo negli occhi capii la sua disperazione che avrebbero perso il mondiale. Non c’era nulla che lui avrebbe potuto fare per evitare la catastrofe. E così fu. Nelle ultime tre gare Nelson ne vinse 2 ed arrivò terzo nell’altra. Prost ruppe due volte e arrivò secondo nell’altra.

 

E anche qui, si coglie la ineluttabilità del baratro, perché è vero che la Ferrari ha recuperato tecnicamente, ma il team non sembra essere in grado di rispettare i “protocolli” della F 1. Sia in qualifica, dove progressivamente sembra esserci una regressione, per esempio far partire Vettel davanti a Raikkonen a Monza o usare le intermedie in una situazione in Giappone totalmente sconsigliabile.

Oppure praticare una gestione in gara quasi sempre tendenzialmente aggressiva. Io penso che l’aggressività agonistica vada lasciata ai piloti, la strategia quasi sempre è conservativa perché quando le prestazioni delle vetture sono equivalenti, e oggi la situazione è così. devi mantenere le marcature strette. Il guizzo del campione lo deve dare il pilota e non il muretto. Le corse si vincono con il pragmatismo con  l’emotività o con i colpi di scena.

Anche la gestione piloti mi sembra precaria. Io non ho mai avuto dubbi sul fatto che Vettel fosse il primo pilota e Raikkonen il secondo. Se aspetti quasi tutta la stagione a giocare sull’equivoco, fai un grosso errore. Basta pensare all’Hamilton di questanno, indiscusso leader del team e la stagione della lotta con Rosberg che mise in ginocchio l’inglese a livello psicologico. Alla Mercedes hanno capito la lezione ed hanno agito di conseguenza.

Se poi come sembra, dopo la morte di Marchionne, sono cambiati gli equilibri interni, sarà bene che qualcuno intervenga per ripristinare le priorità. Non si vince un mondiale litigando. A bien tot

 

 Giorgio Stirano ingegnere progettista F.1

Condividi su: