INDUSTRIA: 700 esuberi Bosch nello stabilimento a Bari. La transizione ecologica e le sue vittime

DI PAOLO CICCARONE

Nello stabilimento di Bari si producevano materiali per vetture diesel e benzina che con l’avvento della mobilità elettrica, sono divenute tutto a un tratto obsolete. E quindi non redditive. La notizia che arriva da Bari ha l’effetto di una bomba: Bosch ha infatti annunciato, in occasione di un incontro con sindacati e Regione, di aver pianificato ben settecento esuberi nei prossimi cinque anni nello stabilimento pugliese. I fautori della mobilità pulita potranno obiettare che perso un lavoro in un settore, un altro emergente dovrebbe garantire l’occupazione di chi ha perso il proprio in un segmento penalizzato da scelte politiche più che tecnologiche.

E quindi il dualismo elettrico-termico rischia di creare situazioni difficili per chi lavora nelle produzioni tradizionali. Nel comunicato di Bosch, si dice anche che: “in conseguenza della conversione verso la mobilità elettrica fino al 2027, perderà più del 40% della forza lavoro attualmente impiegata, pari a 1.700 operai, mentre se sarà confermata la dead line europea del 2035 per la cessazione della vendita di auto con motore termico, agli annunciati se ne aggiungeranno almeno altri 500″.

Se inquadriamo il contesto meridionale, dove il lavoro latita, la conversione all’elettrico rischia di mietere le prime vittime e i proclami della UE, del divieto entro il 2035 con Case auto che proclamano addirittura il tutto elettrico entro il 2030, che è poi dietro l’angolo, la mancanza di infrastrutture adeguate, i costi elevati delle motorizzazioni elettriche, a fronte di una minore componentistica, stanno creando un problema sociale solo perché la politica degli annunci non considera la realtà delle cose e i problemi veri e reali di una transizione imposta ma non scelta dalla base.

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