Monza e la passione rossa, una storia d'amore eterna

 Festa Ferrari sotto al podio di Monza, foto Ercole Colombo per Ferrari.com

 

Regolamenti tecnici, punteggi, alchimie varie, le hanno provate tutte per rivitalizzare la F.1, senza grosso successo a dire il vero. Poi accade che la Ferrari torna a vincere, che la domenica pomeriggio tiene incollati davanti alla TV o in pista, i tifosi che si aspettano di ascoltare l’Inno di Mameli sul podio. E la domenica, specie quelle vincenti, assumono un altro sapore. Il sapore antico di trionfi che ti rendono orgoglioso di essere italiano, di quel rosso abbinato al tricolore che sventola sulle tribune di tutto il mondo e d’un tratto, alchimie, regolamenti e quant’altro ancora, finisce nel bidone della spazzatura. Il vero segreto del successo della F.1 è una Ferrari vincente, non importa chi sia il pilota, è quell’insieme di carbonio e metallo, dal sibilo perforante che sfreccia a 300 all’ora ad infiammare.

 

E così torna la popolarità. Lo dimostrano alcuni dati. Negli ultimi Gran Premi, Inghilterra, Ungheria e Belgio, le tribune erano gremite come mai. Addirittura a Spa, domenica scorsa, si è superata la soglia di 260 mila persone presenti all’evento. Chi si è fatto tre ore di coda per uscire dal circuito e ha perso l’aero, prenotato con ottimismo per la domenica sera, è ancora lì che si chiede cosa sia successo. E’ successo che i protagonisti del mondiale 2017 coinvolgono le nazioni che hanno la cultura storica delle competizioni. Un pilota inglese, Lewis Hamilton, un pilota tedesco e una macchina tedesca, Vettel e Mercedes, la tradizione e la storia della F.1 come la Ferrari italiana.

 

Mettete insieme queste tre nazioni e avrete il quadro di cosa significa questa sfida. E il perché in tribuna, rispetto a un anno fa, ci sia un 11 per cento di spettatori in più. E’ la nuova politica di Liberty Media, che vuole avvicinare i piloti al pubblico, renderli più umani e non soggetti inavvicinabili, lontani anni luce dalla realtà di un paddock sempre deserto. Certo, non è che oggi sia pieno di donne (immaginario comune mai confermato dalla realtà) o tifosi. E’ sempre un luogo esclusivo, riservato, in cui accedere è sempre più difficile, anche per chi deve raccontare certe storie e personaggi. Ma la percezione che un pilota, il tuo eroe (magari vestito di rosso) sia disponibile per una foto o un autografo, che in pista ci sia lotta per la vittoria fra la più amata dai tifosi, la Ferrari, e gli odiati rivali tedeschi (gente per bene e sportiva, educata e piacevole di compagnia fra l’altro) ebbene scatena gli entusiasmi, la passione, la voglia di vestirsi di rosso, presentarsi in tribuna a 50 anni suonati e a fare cagnara come si faceva da ragazzini.

 

E’ questa sensazione di senza tempo, di entusiasmi del passato, di un sogno che potrebbe concretizzarsi, la molla che spinge ad avvicinarsi, a ritrovare la voglia di fare ore in fila all’ingresso di un autodromo, di toccare con mano una realtà che, stranamente, in TV non premia più come una volta. I 10 milioni di ascolto all’epoca Schumacher se li sognano ancora. Le TV in chiaro fanno meno ascolti, quelle a pagamento arrancano eppure lo spettacolo delle varie riprese è unico. No, non è la voglia di seguirlo da uno schermo, è proprio la voglia di essere presenti di persona a un evento come è un Gran Premio di oggi. Se ne sono accorti a Monza, che hanno visto salire la vendita dei biglietti a un più 25 per cento rispetto a un anno fa. Ovvero ci sarà uno spettatore in più ogni tre, e per questo hanno dovuto inventarsi nuove tribune, nuovi eventi collaterali per soddisfare tutti.

 

E la caccia al biglietto omaggio è tornata ai livelli del passato, quando pure il macellaio ti lasciava l’osso migliore per il cane e poi la buttava là: “Ma non è che domenica si corre a Monza? no sa perché ho il nipotino che vorrebbe andare a vedere ma non so dove trovare i biglietti… lei per caso…” e via così di questo passo. E poi scopri che il nipotino ha 48 anni e che conciato da hoolingans con maglietta cappellino e braghette rosse comprate apposta, è lì su una tribuna ad agitare la mano verso quel pezzo di carbonio dipinto di rosso. Magia di un nome, Ferrari, magia di un rito antico e moderno al tempo stesso. Quello del GP d’Italia di F.1, una storia di passione e di amore verso un nome senza tempo: Ferrari.

 

 

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