F.1 una parete per tre: Senna, Schumacher e Hamilton così diversi ma così uguali fra loro. Ecco come

DI GIUSEPPE MAGNI TESTO E FOTO
Il primo era uno che aveva la pretesa di parlare direttamente con Dio. Lo aveva addirittura visto, accanto a lui, sullo schieramento di partenza del Gran Premio del Giappone 1988. Poi, nello stesso Gran Premio, ma nel 1989, subì un torto evidente e prepotente, che gli costò la perdita del titolo mondiale. E lui che fece? Invece di porgere
l’altra guancia, come avrebbe dettato il suo altissimo interlocutore, l’anno dopo ancora, nel 1990, sempre in Giappone, si vendicò brutalmente e platealmente, restituendo il colpo all’acerrimo rivale. Qualcuno insinuò e disse perfino che fosse gay, in un periodo ed un mondo dominati dai pregiudizi molto più di oggi.
Un periodo in cui ancora dominava il machismo tra i piloti di F.1, che erano idolatrati ed incensati come i maggiori sciupa femmine del pianeta. Era davvero un gran brutto ceffo, che mascherava il suo essere gran figlio di buona donna con una eloquenza in cinque lingue molto forbita e profonda, tanto da far credere che non fosse nemmeno lui
a compiere quelle manovre vigliacche nei confronti di Michele Alboreto, lui sì un signore vero, quella volta, a Monaco, stoppando platealmente il campione italiano in qualifica.

Il secondo non parlava niente di italiano, almeno pubblicamente.

Trattava malissimo i giornalisti, che, al massimo, quando dovevano sentire le sue dichiarazioni post qualifiche o gara, potevano udire la sua voce solo registrata, portata loro dalla instancabile addetta stampa. Fu il pilota che inventò quella manovra carogna in partenza, tagliando pista e strada al malcapitato avversario che aveva la sventura di partirgli a fianco, fino a schiacciarlo quasi contro il muro.
Anche lui buttò fuori bellamente il suo avversario diretto per la conquista del mondiale a Jerez 1997. Spregiudicato. Talmente duro di cuore da passare sopra persino alla morte della mamma, cui diede fugacemente un ultimo saluto solo tra qualifiche e gara di un Gran Premio di San Marino a Imola, che, naturalmente, vinse.
Ruppe le scatole al suo predecessore, il primo campione citato, in un Gran Premio di Francia a Magny Cours, beccandosi una memorabile ramanzina in mondovisione e minacciò di picchiare, sempre in mondovisione un avversario reo di avergli fatto
prendere un grande spavento in un Gran Premio del Belgio. Una persona davvero gretta, poco raccomandabile per chiunque.

Vinse un Gran Premio d’Austria grazie al più inutile ordine di scuderia della storia della Formula Uno,

scatenando l’ira dei suoi stessi connazionali, che vennero il Gran Premio dopo a Monaco a contestarlo apertamente, con distribuzione di adesivi con scritto “io non freno per lui”.
Il terzo è uno che ha più culo che vita, ha sempre avuto a disposizione la macchina migliore e ha perso un mondiale addirittura da un compagno di squadra! E’ uno che quando non deve piovere, piove, giusto solo per farlo vincere.
E’uno che veste malissimo, si presenta in ciabatte o in calzoncini indecenti ed inverecondi ai box di Monaco, di fronte a facoltosi clienti della sua Casa costruttrice, tutti rigorosamente in doppiopetto Hugo Boss.
Anche lui è uno che pretenderebbe avere un rapporto privilegiato con il Padre Eterno che, chissà perché, debba favorire solo lui. E’ un ipotricotico con un trapianto a treccine assolutamente indegno e ridicolo, che rilascia dichiarazioni
ambientaliste a sproposito e ha pure osato fare brake testing in faccia ad un suo illustre collega durante una safety car, qualche tempo fa.

Tre brutte persone. Tre loschi figuri. Tre grandi figli di buona donna.

Il primo telegrafava con l’acceleratore a metà curva, creando una sorta di traction control umano con il piede destro.
Aveva una maniera di sfiorare i guard rail di Monaco che ho visto solo parzialmente imitata da un suo collega spagnolo, qualche anno dopo. Era capace di finire e vincere un Gran Premio in sesta marcia, per poi essere estratto quasi esanime
dall’abitacolo ed essere pietosamente issato a viva forza sul podio, quasi come fosse in croce, come quello là, con cui parlava spesso. Un artista, un poeta che si esaltava quando le condizioni meteo e della pista diventavano difficili.
L’ho visto vincere dal vivo tante, tante gare, arrivando, lo confesso, a starmi davvero antipatico. Troppo forte, troppo distante, troppo intelligente e sensibile, troppo inarrivabile per i suoi avversari, figuriamoci per noi, gente comune.
Ancora oggi vado a rivedermi le sue interviste e mi commuove il suo italiano cantilenante, quasi insofferente, ma sempre profondo nei pensieri e nel trasmetterci la sua determinazione, la sua filosofia di vita, la sua immensa umanità.
Peccato, davvero un peccato che non arrivò mai a guidare la Rossa di Maranello. Sarebbe stato un Principe stupendo per la Regina delle Regine. E se pensassi che aveva già un contratto in tasca, il rimpianto aumenta, così come il magone per un Fuoriclasse che ha deciso troppo presto di cambiare campionato, vincere su altre piste, un po’ più in alto, forse più degne di Uno come Lui…
Il secondo la Rossa l’ha portata dove nessuno mai. Aveva la grinta feroce e vorace che forse solo i tedeschi sapevano esprimere.
Un cavaliere fiero, coraggioso, senza macchia forse no, ma certamente senza paura. Di niente e di nessuno. Aveva una attenzione particolare per tutti i suoi innumerevoli tifosi, che citava praticamente ad ogni intervista e a cui si concedeva totalmente, anche quando il buon senso avrebbe suggerito maggiore prudenza, per la sua personale incolumità. Ho gustato, ho goduto ogni giro, ogni metro delle sue decine di galoppate vincenti sul Cavallino Rampante. Tante gare le ho viste piangendo, soprattutto dal vivo. Non ci credevo, non potevo credere, io, umile tifoso venuto dal ventennio del grande
digiuno, che fosse giunto, da chissà dove, questo messia a quattro ruote che ci stava realizzando meraviglie che non avremmo mai osato nemmeno sognare. Ho avuto pure la fortuna di incontrato, qualche volta, sempre gentile, quasi timido, sempre disponibile.
Ricordo intere giornate di test a Monza di fronte al suo garage, a scattare migliaia e migliaia di foto, tante sfuocate dalle irrefrenabili lacrime, altre mosse dal tremolio delle gambe, incapaci di fermarsi, sovrastate dall’emozione del trovarsi, chissà come e chissà perché, lì, al cospetto del Re…..

Il terzo lo chiamano il Re Nero.

Ha una dote innata di controllo totale del mezzo, con cui si cimenta, che incanta. Vola sul bagnato e sull’asciutto, improvvisa assoli sul giro secco che nemmeno Paganini. Andare a vederlo dal vivo vale da solo il prezzo del biglietto.
E’ uno che trasmette dal primo metro la sensazione di essere lui a condurre, a dominare il mostruoso mezzo meccanico su cui sta seduto, mai viceversa, nemmeno per un attimo. Possiede una armonia di guida che alterna, con una rapidità mai vista, carezze e frustate, dolci tocchi e strattoni, senza soluzione di continuità, quasi come un virtuoso del pianoforte, un artista inarrivabile, un poeta tanto estroso
quanto esaltante. Quando ho la possibilità di ammirarlo, mi dimentico dopo un nanosecondo della differenza di colore tra la mia maglietta e la sua macchina. Anche se, ora che la Scuderia di Maranello sta tornando davvero grande sotto la guida di un Condottiero Italiano di grandissima esperienza e bravura, sarebbe bello vedere il Re Nero sulla Regina Rossa. Con tutto il rispetto e l’ammirazione per
i campioni che stanno con Lei ora.

Stabilire chi sia il più grande dei tre è assolutamente impossibile.

Un po’come tentare di proclamare il più grande di tutti i tempi.
E’ molto meglio crogiolarsi, commuoversi nelle innumerevoli, grandissime emozioni che tutti e tre questi Immensi del Volante ci stanno regalando, chi su questa terra, chi lassù in alto nel cielo, chi a metà e metà. Grazie. Grazie di cuore, Campioni!
Ci state insegnando tanto, ci state esaltando di più. State correndo, vi state esprimendo ad un livello talmente più alto di noialtri che forse per questo, tante volte, facciamo fatica a capirvi, ad entrare in sintonia con voi, ad amarvi come davvero vi meritate.
Ma voi continuate pure a correre, a divertirvi e a divertirci, felici. Noi, guardandovi, sapremo forse un giorno tutti sognare, come fate voi, sapremo arrivare a volare, come ci insegnate voi. E allora forse sì, che ci potremo davvero tutti abbracciare….
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