F.1 Meglio parlare di duelli al fulmicotone o di regole e track limit vari?

DI GIUSEPPE MAGNI

Mansell centra Senna in Portogallo, un episodio del 1989 che ha fatto discutere. Foto dal web (probabile Colombo Images)

È da un po’ che mi frulla in testa una domanda: perché la gente, così tanta gente, guarda le corse automobilistiche? Cosa si aspetta di vedere? I colori sgargianti di macchine dalle forme accattivanti, sfrecciare velocissime su un nastro di asfalto, ora dritto, ora variamente curvilineo? Vogliono eccitarsi ad ogni track limit non rispettato, esaltarsi per ciascuno degli under investigation che spessissimo appaiono in sovraimpressione, altrettanto spesso seguiti da punizioni per questo o quel pilota? Vogliono guardare le gare per potersi, prima, durante e dopo, sfogare sui social network, espellendo le loro repressioni, frustrazioni, esaltazioni, farneticazioni, emozioni? Guardano le corse automobilistiche per imporre le loro personali verità a tutto il mondo, dall’alto di una competenza e una conoscenza che, molto spesso, maturano su un divano, comodamente a casa, mettendosi in testa film assurdi, basati, nella maggior parte dei casi, sul nulla?

VOLETE LE GARE O LE DISCUSSIONI SUI REGOLAMENTI?

Oppure la gente guarda le corse per vedere una gara, una tenzone, una competizione fondata sulla sfrenata ambizione umana di prevalere sull’avversario, su quell’ansia di superamento così sublimemente citata a suo tempo da Enzo Ferrari?
Cosa vogliamo vedere, di preciso, dopo ogni spegnimento dei semafori? La camicia intonsa di Michael Masi che impartisce punizioni terribili o chi arriva primo alla prima curva? La lista dei punti presi sulla patente da ciascun pilota o emozionarci per la sua capacità di essere veloce, di lottare aspramente con l’avversario, per poi batterlo sul traguardo? Preferiamo andare in solluchero per il pilota che conserva per quaranta giri le gomme rosse o per quello che allarga i gomiti in rettilineo o in curva per tentare di sopravanzare l’avversario? A me sembra di sentire il telecronista alzare tantissimo la voce quando si tratta di urlare:”Ruota a ruota, ruota a ruota!”

Tempi moderni, cambiano piloti e auto, resta la competizione

Ho letto più di una volta sui libri di storia che, un tempo, gli eroi antichi, i vari Nuvolari, Varzi, Pintacuda, durante le Mille Miglia o Targa Florio, portavano spesso in macchina ogni sorta di chiave, vite o bullone che fosse, con il nobile intento di riparare la macchina stessa, in caso di guasto. In realtà, molto spesso, chiavi e bulloni venivano usate come armi improprie da scagliare contro l’avversario, colpevole di non lasciare strada al pilota che seguiva, e che si riteneva più veloce.

COSA VUOLE IL TIFOSO DAI GP?

Adesso ripeto la domanda: cosa vuole vedere davvero la gente durante le corse automobilistiche? Forse il confronto serrato tra due o più piloti che si affrontano su circuiti più o meno tortuosi, combattendo allo spasimo, sul filo dei trecento all’ora? Vuole vedere l’abilità e il coraggio degli eroi moderni, nell’affrontare a muso duro l’avversario, superandolo o tentare di farlo, ricorrendo a traiettorie a volte inusuali, frenate al limite, manovre fulminee quanto esaltanti? È questo o no che vogliamo vedere?


Se così fosse, forse converrebbe riflettere che queste lotte, queste battaglie sono condotte da campioni impegnati allo spasimo, al limite delle possibilità umane, a velocità pazzesche, inoculati dentro un abitacolo da dove vedono poco o nulla se non davanti a loro. Ma loro si buttano, si confrontano, si sfidano, a viso aperto, con coraggio e grinta non comuni. Per arrivare primi. Esaltarsi ed esaltarci, emozionarci, facendoci scattare in piedi dal divano o dal sediolo in tribuna o dal ramo dell’albero a bordo pista, per ogni spericolata manovra riuscita, per ogni sorpasso, anche azzardato, compiuto.

UNA SFIDA A 300 ALL’ORA E’ SEMPRE UN RISCHIO

 

Suzuka 2018, Vettel centra Verstappen e la colpa fu data all’olandese…

Sono ragazzi, campioni, che si affrontano al limite, ai trecento all’ora. Siamo tutti assolutamente convinti che nessuno, nessuno di loro scenda in pista con la volontà di farsi male o far male all’avversario. Può capitare, però, soprattutto durante battaglie ruota a ruota particolarmente aspre, che un pilota azzardi un po’ troppo, che metta le ruote non esattamente nei centimetri che una susseguente, minuziosa indagine televisiva, effettuata rigorosamente al rallentatore, sancisce inappellabilmente come gli unici ortodossi. Ma sulla base di che cosa? Di quale principio? Di quale concetto di gara? O filosofia di vita?
Basta, per favore. Smettiamola. Lasciamoli correre, questi ragazzi, questi grandissimi campioni.

LASCIAMOLI CORRERE I CAMPIONI SENZA LACCI

Lasciamoli lottare, battagliare, confrontarsi il più duramente possibile. È quello che vogliamo vedere tutti, confessiamolo! Vogliamo goderci qualsiasi ruota a ruota dal primo all’ultimo metro, dove i due o più protagonisti ci provino, non una, ma tre, cinque, dieci volte! Senza mollare mai, come ci insegnava Gilles. E, se talvolta, nel bel mezzo di una aspra battaglia, ci scappa il contatto, accettiamolo. Con serenità e gratitudine. Fa parte del gioco, dello spirito dello sport che tanto amiamo e tanto sogniamo di vedere, anche tutti i giorni.
Al giorno d’oggi più nessun pilota porta in abitacolo chiavi o bulloni da lanciare all’avversario che non lascia strada. Ma gli attributi sì! Sono assolutamente richiesti! E sono proprio quelli che noi vogliamo vedere estratti al momento giusto, durante le lotte in pista. I più grossi possibile, più pesanti sono meglio è! Con buona pace di Michael Masi e dei suoi under investigation.
Buona Formula 1 a tutti!

GIUSEPPE MAGNI

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