F.1 DONINGTON 93 Mentre Senna faceva la storia, noi cercavamo un bagno…

DI PAOLO CICCARONE

Era un 11 aprile anche quel giorno, solo che era una domenica di Pasqua. La F.1 aveva messo in calendario una gara a Donigton, un circuito famoso per gli appassionati inglesi, meno noto per il resto del mondo se non fosse per il castello e il museo Grand Prix Collection di Tom Wheatcroff, aperto nel 1973 e purtroppo chiuso definitivamente nel 2018.

La gara è passata alla storia come il capolavoro di Ayrton Senna, con un primo giro epocale, sorpassi a ripetizione, il giro più veloce passando per i box, i 7 pit stop di Alain Prost. Mentre Senna scriveva quella pagina di storia, il vostro cronista la stava raccontando. Ecco però qualcosa che non avevamo scritto a quell’epoca, un dietro le quinte di una impresa storica coi problemi quotidiani di chi faceva il giornalista.

INVIATO PER ROMBO, AL SEGUITO DEL GP

A quel tempo ero inviato per Rombo, il settimanale fondato da Marcello Sabbatini e il direttore dell’epoca, Alberto, figlio di Marcello, mi conferì l’incarico di seguire il Gran Premio. Vista la vicinanza del museo e il luogo insolito (di solito si correva a Silverstone) decide di venire anche lui e quindi partenza da Bologna fino a Parigi, con Air France, e poi coincidenza fino a East Midland, l’aeroporto più vicino al circuito.

Partiamo di buon ora da Bologna e a Parigi dobbiamo correre per il terminal, superare i controlli doganali, e imbarcarci sul volo della British Midland. Appena visto l’aereo, veniva voglia di tornare indietro: un vecchio DC9/30 che aveva visto tempi migliori, sedili usurati dal tempo e hostess che sembravano più guardiani di un carcere che dedite all’accoglienza dei passeggeri. Ci assegnano il posto in fondo, vicino ai motori di coda. Il decollo è saltellante, visto il meteo parigino, ma sempre niente rispetto a quello inglese…

UN AEREO VECCHIO E TRABALLANTE PER IL VIAGGIO

Durante la salita (e i salti) il rombo del motore è assordante, sembra quasi un trattore con un cambio marcia difficoltoso, sali e scendi, scuotimenti, motore che tira, poi si ferma e poi riprende potenza in un alternarsi di scossoni che impediscono pure di bere un bicchiere d’acqua. Maledico il direttore, maledico il mestiere e mentalmente si recita a memoria il calendario sperando di ricordarsi tutti i santi segnati giorno per giorno. Inizia la manovra di discesa, cielo cupo, grigio, nuvole spesse quando a un tratto, spiando dal finestrino, ci troviamo belli bassi quasi sul circuito.

Attrattiva del posto, il museo aperto nel 1973 e purtroppo chiuso nel 2018 con pezzi unici

Sotto stanno girando delle F.Opel Lotus e noi siamo a una decina di metri poco sopra: “non vorrà mica atterrare in autodromo” penso con terrore, salvo poi vedere la pista poco oltre la recinzione. L’atterraggio fa tirare un sospiro di sollievo, adesso comincia la seconda parte del problema: prendere l’auto a nolo, andare in circuito, recuperare il pass per il direttore e cercare un posto in sala stampa.

AEROPORTO AUTODROMO, MENO DI 1 KM IN AUTO

L’auto è grandicella (quando c’è il direttore si tratta bene, di solito da inviato mi mollavano quella a pedali…) si esce dall’autodromo, si prende la prima strada a destra, 500 metri, la seconda stradina e…siamo in pista. Altezza tornantino dove sono assiepati alcuni spettatori infreddoliti. “Ma corrono qua davvero?” gli chiedo. “Boh, e dove sennò!” la risposta secca.

PIU’ CHE UN CIRCUITO DI F1 UN CORTILE D’ANNATA

In effetti, sembra di essere all’interno di un cortile (mancano le galline), fangoso, erba bagnata ai lati. Saliamo le scale dove c’è scritto media center, ma scopriamo che è quella vecchia. Ovvero una tribunetta di un secolo fa, con una decina di posti. Non è quella la nostra postazione. Ci avviamo e scopriamo che per l’occasione avevano montato un tendone bianco, con una struttura al piano di sopra destinata agli ospiti VIP. Noi siamo in basso, in mezzo all’erba bagnata e a una stuoina che dovrebbe evitare di bagnarci i piedi. Davanti a noi un guard rail grigio interrompe lo sguardo.

SALA STAMPA CON ERBA BAGNATA INCLUSA

Allacciati i telefoni, controllato le connessioni, giro per il paddock (praticamente le rimesse a fianco) e rientro in hotel. A quel tempo non c’erano navigatori, si prendeva una piantina, si cercava la zona e si tracciava una rotta. Ci avviamo verso Nottingham, il nostro alberghetto è vicino al fiume Trent, che fra insenature e laghetti offre uno spettacolo molto bello, peccato sia tutto grigio. Arriviamo in qualche modo in hotel dalle parti di Clifton Village e cerchiamo qualcosa da mangiare, ma è già tutto chiuso per cui si prosegue verso un centro commerciale dove fish and chips hanno lo stesso sapore di petrolio della carta di giornale in cui sono avvolti.

IL VENERDI’ …SANTO DELLA F.1

Il venerdì in pista scopriamo un altro problema: la sala stampa è posta all’uscita dei box e tutte le volte che passa una F.1 c’è uno spostamento d’aria che fa ballare la struttura. Il tavolino vibra, i computer saltellano (era il periodo dei Toshiba T1000), l’acqua sotto ai piedi aumenta il senso di freddo visto che manca il riscaldamento. L’effetto freddo causa problemi di vescica, per cui si esce dalla sala stampa improvvisata, si cerca il bagno nel cortile, che poi è al piano di sopra della scalinata della vecchia sala stampa e…sorpresa: c’è una lunga fila di persone.

UN SOLO BAGNO PER MIGLIAIA DI PERSONE

Ci informiamo e scopriamo che esiste un solo bagno per qualche migliaio di persone! Rientro in sala stampa, richiesta di informazioni, ma l’alternativa sarebbe il bosco fuori dal tracciato ma essendo sorvegliato dalla polizia, escluso si possa fare qualcosa di…utile. Inganniamo il tempo andando sul terrapieno esterno al tornante e guardiamo i piloti in pista dall’alto. Intanto gli aerei atterrano con frequenza spuntando dalle nuvole passandoci sopra la testa. E sentiamo del viscido nei capelli (all’epoca c’erano, fidatevi malfidenti…).

GLI AEREI LASCIANO SCIE DI OLIO SULLA PISTA

E’ olio e grasso dei motori che scaricano nel loro tragitto di atterraggio. E infatti dopo le prove i piloti si lamentano perché la pista fra pioggia e residui di aereo è inguardabile e pericolosa. Un problema che non avevano considerato. Per la sera ci organizziamo con Nigel Wollheim, PR Ferrari insieme a Maurizio Arrivabene, a quel tempo Philip Morris. Lui è della zona per cui tornando verso l’albergo, ci consiglia un ristorante (presentarsi entro le 19…) con un mulino ad acqua a fianco del fiume Trent.

RISTORANTE CON SORPRESA, ARINGA AFFUMICATA PIATTO UNICO

Entriamo e lui in un inglese maccheronico (lo faceva per divertirsi) ci fa accomodare con la cameriera che chiede se qualcuno parla inglese perché Nigel è incomprensibile! Risate generali, battute e poi la vendetta: “Ragazzi, ordino io la specialità del luogo per tutti, è molto rinomata ed è di qualità. Chi non mangia pesce?”. Il sospetto è forte, per cui alzo la mano insieme ad altri colleghi e ce la caviamo con una bistecca ricavata da una povera bestia morta di vecchiaia (tanto era dura) e poi ridiamo come matti quando arriva la specialità: aringa affumicata! Qualcuno sta male solo a sentirla, altri a guardarla. Altri si fanno coraggio e mangiano stando male poco dopo. Finisce la serata con l’impegno di non tornare più e di fidarci del ristorante dell’hotel, passeggiata lungo il fiume e freddo nelle ossa con la pioggerellina che scende insistente.

QUELLA FOTO CON LA STATUA DI ROBIN HOOD

Un collega è felice: in centro a Notingham c’è la statua dedicata a Robin Hood, infatti siamo nel pieno della foresta (o meglio la ex foresta) di Sherwood e ha detto alla figlia di aver fatto la fotografia con la statua “Finalmente papà una cosa seria, non le solite robe tue con le macchine”. In effetti fa specie vedere che la leggenda di Robin Hood si perde fra stradine, un castello, un fiume e un autodromo spuntato a una quindicina di miglia chissà come. Arriviamo a domenica, parte la gara, sala stampa esaltata dai sorpassi di Senna, la voce di Murray Walker, lo scomparso telecronista, a tutto volume nel tendone.

IL GP PIU’ PAZZO DELLA STAGIONE CON PIT STOP A RAFFICA

Poi cominciano i pit stop, macchine che entrano ed escono, spostamenti d’aria in sala stampa, tendone che vibra con quelli del piano di sopra che saltano e si agitano, col risultato che la struttura non è per niente sicura. Piove a dirotto, l’acqua entra copiosa in sala stampa, corriamo ai ripari spostando le prese di corrente sul tavolo, alziamo i piedi da terra cercando di non finire a mollo nei 20 centimetri d’acqua che ormai hanno resto un laghetto la postazione, qualche computer salta per il corto circuito.

SALA STAMPA ALLAGATA, RISCHIO CORTO CIRCUITO PER TUTTI

Stacchiamo tutto, in fondo è domenica e non si lavora, avendo spostato la chiusura del giornale a lunedì. Interviste di rito, si capisce che Senna ha compiuto una impresa unica, ne siamo testimoni, ma pensiamo al computer, ai bagni che mancano, ai piedi bagnati e al giaccone regalato da Renault il venerdì già zuppo da buttare. Era un bel giaccone beige con collo in pelle marrone, il logo Renault e la scritta Williams, in compenso ottimo il ricordo del barbecue Williams Renault del sabato sera (abbiamo saltato il ristorante locale…), sempre con lo stesso giaccone indosso che, essendo di tessuto e con la pioggia, è tutto bagnato.

GIACCONE E UOVO DI PASQUA GIGANTE REGALO DI MAURIZIO ARRIVABENE

Stiamo per ripartire, destinazione aeroporto col charter della Ferrari, Minardi e Scuderia Italia che si muovono sempre con un volo noleggiato. E qui Maurizio Arrivabene si supera: regala ai giornalisti un giaccone nero idrorepellente con collo rosso e colori Philip Morris e visto che è Pasqua, un uovo gigante! Salire a bordo non è facile, due giacconi addosso, borsa, computer e uovo che non entra nella cappelliera e facciamo il viaggio sul MD80 della Meridiana tenendolo in braccio col direttore, seduto a fianco, che intima di scrivere l’articolo mentre l’aereo balla da paura.

Gara storica anche per la Minardi e Barbazza, sesto al traguardo

IN AEREO CON TODT CHE FULMINA LO SPIONE

Mi sono rifiutato ma poche file più avanti c’è seduto il responsabile del team Ferrari che discute della gara, dei problemi di Berger, della situazione Ferrari in genere. Poi si accorge che sto origliando e ci guarda male. Intanto in testa si rivivono le immagini di Senna, dei piloti che hanno dato spettacolo e si capisce di aver assistito a qualcosa di unico. Atterriamo a Bologna e il caldo ci coglie all’improvviso. I due giacconi, di cui uno bagnato, sono una cappa unica, l’uovo gigante rischia di rompersi e quando passiamo la dogana i poliziotti ci osservano divertiti, guardano Todt e i ragazzi del team e sospirano: “Anche stavolta è andata male, ma perché non prendono a Senna?”.

Già, bella domanda. Torniamo a casa, ci si butta sul letto e la mattina dopo, 12 aprile, si comincia a scrivere e a raccontare quell’impresa epica. Oggi, 28 anni dopo, ecco l’altra faccia di quella medaglia, meno nobile, meno appariscente, ma mentre Senna faceva la storia, noi avevamo i piedi bagnati e cercavamo un bagno…

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