F.1 Charles Leclerc: “Con Vettel tutto ok. In Belgio felice ma vincere a Monza è stato speciale”

DI PAOLO CICCARONE PER AUTOMOTO.IT
ABU DHABI – Il tempo lenisce i dolori e stempera le polemiche. Dopo il burrascoso GP del Brasile, per Charles Leclerc è tempo di tornare a pensare alle gare e al rapporto con Sebastian Vettel. Il tedesco arriva tardi in pista perché è appena diventato padre per la terza volta, è nato un maschietto, e Leclerc non lo ha ancora visto nè sentito: “Per prima cosa gli farò ovviamente gli auguri, credo sia qualcosa di molto importante per lui. Non parliamo molto della sua vita privata, Seb è un ragazzo molto riservato, ma questa è davvero una occasione per felicitarsi con lui”.
Come è andata il dopo GP Brasile con Vettel? Le polemiche si sono sprecate… “Devo dire che mi ha chiamato Seb non ricordo se lunedì o martedì. Lui ha spiegato la sua posizione, io la mia. Ci siamo capiti e chiariti e sappiamo che non succederà più in futuro. Lui ha stretto un po’ troppo, io non gli ho dato molto spazio, per cui ci siamo assunti le nostre responsabilità. Poi abbiamo chiamato insieme Mattia Binotto per dirgli che non sarebbe più successo in futuro, che da piloti avremmo lottato ancora ma lasciandoci lo spazio per non rovinare tutto”.
– Diciamo che parlare prima fra di voi e poi con Binotto è stato un bell’esempio di spirito di squadra e di gruppo…
“Beh sì, era secondo noi l’unica cosa da fare anche perché poi ci ha rimesso la Ferrari. Dovevamo capire cosa fosse successo fra noi piloti, con Seb non ci sono problemi. Non dobbiamo dimenticare che da uomini abbiamo ottimi rapporti, poi quando indossiamo il casco diventiamo piloti che vogliono vincere ma questo non deve andare a scapito della squadra. Dobbiamo fare di tutto per evolvere, darci spazio e non metterci a rischio in corsa. Non che uno abbia chiesto scusa all’altro, abbiamo analizzato freddamente cosa è successo mettendo in comune i nostri punti di vista”.
– Ritieni che cambierà qualcosa nel 2020 nelle gerarchie in pista? Ovvero un ordine di squadra su un primo e un secondo pilota?
“Non lo so, dobbiamo stare attenti alla concorrenza, avremo squadre agguerrite, sappiamo solo che certi incidenti possono capitare e faremo di tutto per non farli più capitare. Io non sono la persona giusta per dire se cambierà qualcosa o gerarchie. Dico solo che mi piace lottare, dobbiamo fare il massimo e collaborare, e che quanto successo in Brasile va archiviato alla voce non deve succedere più”.
– L’incidente in Brasile ha fatto passare in secondo piano il fatto che la Ferrari nelle ultime corse non fosse stata molto competitiva, avete imparato qualcosa? “Di sicuro dopo Austin abbiamo analizzato a fondo cosa è successo, dovevamo capire cosa non è andato bene e cosa non era buono. Abbiamo fatto davvero un controllo particolare, anche in base al mio motore che era di tipo precedente a quello sostituito e devo dire che in Brasile andavamo molto meglio rispetto a quanto potessimo pensare alla vigilia. Sapevamo che la Red Bull in quella pista sarebbe andata forte ma non eravamo così distanti come si potesse pensare. Non è stato lo specchio del vero potenziale della Ferrari”.
– Il bilancio della stagione vede 7 pole position e 2 vittorie. Si poteva fare meglio e dove è mancato qualcosa? “Di sicuro si poteva vincere qualche gara in più. Io ho commesso degli errori che ci hanno impedito di farlo. A Baku in qualifica, ad esempio, ho sprecato un potenziale enorme e poi a Montecarlo. In Germania se non avessi messo la macchina a muro era un’altra vittoria possibile. La stagione per me è stata di apprendimento ad alto livello. Sono convinto che si può fare meglio anche perché non voglio ripetere due volte di fila lo stesso errore, sarebbe imperdonabile”.

VOGLIO RESTARE ANCORA A LUNGO IN FERRARI

– Il punto di svolta, la prima vittoria in Belgio seguita da quella di Monza, una gara storica per un pilota Ferrari. Cosa hai capito?
“Ho capito finalmente di potermela giocare. Fino a quando non vinci non sai se hai il potenziale per farlo. Vincere in Belgio mi ha dato quella carica e quella convinzione per dire: ce la posso fare, sono un grado di farcela. A Monza poi è stata l’apoteosi. E’ una gara che ti mette addosso tanta pressione, gente che chiede, gente che vuole foto, autografi, una pressione incredibile come mai provata prima. Ma vincere è stato fondamentale. E se ci sono riuscito è perché avevo vinto il Belgio e questo mi ha dato quella carica, quella confidenza in me stesso, dandomi quelle risposte che cercavo. Obiettivo? Beh il mondiale, ma sopratutto restare ancora in Ferrari il più a lungo possibile. Correre qui era il sogno di una vita, arrivarci è stato coronare quel sogno, poi ho vinto e per giunta anche a Monza e questo mi ha dato quelle certezze di cui avevo bisogno, perché vuol dire che sei capace di fare questo lavoro e sei capace di farlo da vincente. Un conto è sognarlo un altro realizzarlo ma in mezzo ci vuole impegno, quello che metterò ancora a lungo”.
– La chiave di volta la qualifica, le prime gare sono state deludenti forse, a parte il Bahrain, poi cosa è cambiato? “L’attitudine alle qualifiche in un top team. Coi miei ingegneri abbiamo modificato l’approccio. Quando ero alla Sauber dovevo dare tutto nella Q1 e forse nella Q2 se ci arrivavo. Con la Ferrari ho capito che va dato tutto nella Q3, che la macchina deve essere assettata per l’ultima parte di qualifica, perché cambia la pista, l’aderenza, è un altro mondo. Messo a punto questo sistema sono cambiate le prestazioni”.
– Che ne pensi di Mick Schumacher e del suo sogno di arrivare alla Ferrari? “Beh intanto diciamo che il padre Michael rappresenta un mito, un pilota che ha portato un metodo di lavoro che ancora oggi si trova alla Ferrari e in quanto a Mick gli auguro davvero di coronare quel sogno di arrivare in una squadra come questa. Sta lavorando bene, sta crescendo bene. Questione di tempo e poi il nome Schumacher, nelle corse, è qualcosa di emozionante. Specialmente per me quando sono a Maranello e sono dentro quell’abitacolo col cavallino rampante”.
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