LA STORIA DEL WEC IN PILLOLE

MARCO FERRERO

 

Il WEC, World Endurance Championship, il Campionato del Mondo Endurance, nella cui attuale forma trova il suo svolgimento dal 2012, è campionato di ben più lontane origini, di blasone e di una storia che non è legata solo alla più classica delle maratone automobilistiche, la 24 Ore di Le Mans, ma che racconta quella che è stata l’evoluzione della massima competizioni delle vetture a ruote coperte.

Già negli anni ’60 Le Mans raccontava di sfide epiche tra colossi automobilistici, raccontate sapientemente anche in alcuni film di successo, e metteva a confronto vetture, tecnologie, concept, oltre che, ovviamente, piloti; non solo la classica gara francese, ma anche Daytona aveva saputo raccontare nel 1967 imprese quali la storica tripletta, la prima in parata che si ricordi, delle tre Ferrari sull’anello americano (1^ Amon – Bandini, Ferrari 330 P3/4, 2^ Scarfiotti – Parkes, Ferrari 330P4, 3^ Rodriguez – Guichet, Ferrari 412P NART).

Per essere precisi, il primo campionato endurance a livello mondiale fu il WSC (in inglese, World Sport-Prototype Championship), per i più il “Mondiale Marche”, nato nel 1953 e che comprendeva non solo prove di durata, come le 24 Ore di Le Mans e Spa, o la 12 Ore di Sebring, ma anche gare stradali quali la Mille Miglia e la Targa Florio in Italia, e la Carrera Panamericana in Messico, che assegnava il solo titolo ai costruttori (quello piloti data il 1981).

L’era “moderna”, quella nella quale il campionato raggiunse il suo culmine, può essere identificata nelle annate dal 1972 al 1975, quelle delle vittorie Ferrari, Matra, Alfa Romeo, laddove il regolamento limitava i propulsori (di derivazione Formula 1) a 3 litri (da 5 litri) e nel quale si ebbe modo di assistere a campionati nei quali i piloti più “importanti” presenziavano alternando i loro impegni con quelli di altre serie.

Per quelli con qualche capello bianco in più, nel ’72 la Ferrari vinse le 10 gare (su 11) cui partecipò, lasciando alla Matra la vittoria nella maratona di casa, il 1973 fu forse l’anno più equilibrato, laddove la Ferrari conquistò più punti ma fu la casa transalpina ad aggiudicarsi il titolo grazie al gioco degli “scarti”, nel ’75 la cavalcata trionfale dell’Alfa Romeo con le sette vittorie consecutive nelle ultime sette gare (di cui 4 con Arturo Merzario)

Da qui in poi in periodo (dal ’76 al ’81) più “grigio”, generato da un canto dalla crisi del petrolio, dall’altro dal comportamento della FIA teso a privilegiare la Formula 1 rispetto a tutti gli altri campionati, con una minore copertura televisiva degli eventi; nasce quindi il campionato delle “silhouette”, di quelle vetture da competizione derivate da macchine di serie, di cui mantenevano la scocca originale, mentre per i prototipi verrà istituito il Campionato del mondo vetture sport che durerà solo due anni, nel quale si registra comunque anche il trionfo della Lancia con la sua Beta Montecarlo.

Inizia quindi l’era delle “Gruppo C”, dal ’82 al ’92, vetture sport prototipo chiuse con limitazioni nel consumo di combustibile (l’idea di fondo era che, limitando il consumo di carburante, le prestazioni del motore fossero tenute sotto controllo e livellate); all’inizio la serie ottenne grande successo, con un parco case partecipanti forse mai visto, quali Porsche, Jaguar, Mercedes-Benz, Nissan, Toyota, Mazda, Aston Martin, salvo poi che, col passare del tempo ed in particolar modo negli ultimi due anni,  le stesse si resero conto che questa serie comportava costi superiori a quelli della Formula 1 con un minor ritorno mediatico. Nel 1993, stante come quasi nessuno si fosse iscritto, il campionato venne soppresso.

Giusto ricordare come in questo decennio la serie ritrovò anche i piloti più famosi ed importanti, ed a tal fine basti ricordare come i titoli piloti furono ad appannaggio di gente come Jacky Ickx, Stefan Bellof, Derek Bell, Hans Joachim Stuck, Raul Boesel, Martin Brundle, Jean Louis Schlesser, Mauro Baldi, Teo Fabi, Yannick Dalmas e Derek Warwick.

Dal 1992 la 24 Ore di Le Mans si disputò ancora, pur senza far parte di alcun campionato; nel frattempo, negli USA, nel 1999 Don Panoz creava l’ALMS (American Le Mans Series), sulla base dei regolamenti ACO in vigore a Le Mans, leggermente rivisti. L’ACO decise di creare così la LMS (Le Mans Series), un campionato europeo composto per lo più da gare di 1000 km.

La serie, abbandonata per quasi venti anni, nel 2010 riprese vita, per due anni con la denominazione di Intercontinental Le Mans Cup, organizzata dall’ACO, composto da tre gare in Europa (1000 km di Silverstone), Nord America (Petit Le Mans) e Asia (1000 km di Zhuhai), e che vide la vittoria delle Peugeot in entrambi gli anni; fu un fatto importante, in quanto configurava la ripresa di quelle competizioni endurance che potevano vantare per i vincitori il titolo di campioni del mondo, e che portò alla successiva nascita del WEC, sulla stessa regolamentazione utilizzata per la 24 Ore di Le Mans, il campionato che, nonostante le sue traversie, è quello in vigore ed oggetto della nostra storia.

Un campionato che, purtroppo, ad oggi non riscuote più il successo e non ha più l’appeal dei suoi anni d’oro, nonostante negli anni dal 2012 in poi si sono registrate presenza e vittorie importanti, quali Audi (anche con Pirro e Capello), Toyota, Porsche, con piloti di grande nome (impossibile citarli tutti, ma buona parte di loro sono ancora ai vertici dei campionati cui presenziano), ma una serie che comunque ha un innegabile fascino e sa riportare indietro nel tempo, soprattutto per quanto ha saputo rappresentare.

(foto Marco Ferrero e web)

 

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