UN SALTO DI 30 ANNI NEL PASSATO

 

Tutti i concetti strettamente legati al tempo, quali l’immortalità, lo spostamento in periodi diversi da quello in essere, come magistralmente esposto nella fortunata serie “Ritorno al futuro”, od altri ancora, sono sempre state tematiche che hanno affascinato l’uomo sin dall’antichità, e che tutt’oggi suscitano in ciascuno di noi un misto tra curiosità, fascino e mistero, e magari anche un recondito desiderio che si cela nei meandri della nostra mente. 

Filosofia spicciola a parte, rimanendo ben ancorati al tempo presente, in particolare in ambito sportivo, ci sono, fortunatamente, eventi e manifestazioni motoristiche, spesso a carattere “tematico” o monomarca, che hanno per almeno un weekend la capacità di riportarci indietro nel tempo, da pochi decenni sino ad epoche pionieristiche dove la mobilità a motore sportiva appariva, quasi come viaggiare nel tempo, quasi un sogno che solo pochi potevano coltivare e realizzare. 

A riprova di ciò, presso il Circuito Paul Ricard di Le Castellet in Francia, si è svolta lo scorso weekend la prima prova del Masters Historic Formula One Championship, riservata a vetture della massima serie a ruote scoperte datate tra il 1966 ed il 1985, dotate di propulsori aspirati di 3,0 litri di cilindrata, con un regime di rotazione limitato per regolamento a 10.000 giri, occasione per rivedere in pista quelle che, se non le più belle, etichetta che si può applicare per le vetture degli anni ’70, forse sono state le ultime vetture capaci di esaltare la sensibilità e la capacità di guida dei piloti, prima che l’elettronica la facesse da padrone. 

 
Unico rammarico, il fatto che i punti sopra citati del regolamento non permettessero la presenza in pista di quelle vetture, che comunque sono state una pietra miliare dell’automobilismo degli anni ’80, dotate di motori sovralimentati, che hanno segnato un’epoca, che hanno rappresentato un’evoluzione significativa nel panorama motoristico agonistico ed hanno raccolto vittorie, la prima delle quali in un mondiale piloti, giusto ricordarlo, è stata quella del BMW nel 1983 con Nelson Piquet, nell’occasione al suo secondo titolo iridato. 

Impossibile non annotare, soffermandosi nei relativi dettagli, quale sia stata l’evoluzione tecnica delle vetture in quel solo ventennio; prese come estremi una vettura del ’66 ed una del ’85, se già solo l’estetica evidenzia la sofisticazione aerodinamica, frutto di studi supportati delle gallerie del vento, non passano inosservate le dimensioni degli pneumatici e delle vetture stesse, piuttosto che i livelli di sicurezza attiva e passiva, sino all’esasperazione di alcuni aspetti tecnici, che hanno visto alettoni con derive plurime, vetture ad “effetto suolo” con le loro minigonne, motori sovralimentati, per arrivare ad “estremi” quali la Brabham con “l’aspirapolvere” e la Tyrrell a 6 ruote. 

 

 
Rivedere schierate sulla linea di partenza venti vetture degli anni ’80 per un attimo ha riportato alla mente i Gran Premi di quegli anni, con i loro indimenticati protagonisti, piloti che hanno entusiasmato ed hanno condotto alla vittoria vetture comunque impegnative che sapevano esaltare la sensibilità e la capacità di guida dei piloti, non supportati dall’esasperazione di un’elettronica che tanto ha dato ma altrettanto ha condizionato in termini di guidabilità dei mezzi. 
Poco importa se il regolamento di questo Masters pone dei limiti e dei vincoli che se da un lato tendono a livellare le prestazioni di vetture e piloti, il tutto peraltro con il risultato di salvaguardare la tenuta dei propulsori stessi, dall’altro inevitabilmente limitano le prestazioni assolute che queste Formula 1 di trenta anni fa potrebbero raggiungere, in quanto il risultato sotto l’aspetto dello spettacolo rimane comunque di altissimo livello e di grande appeal. 

Un ultimo aspetto, che come italiani ci vede purtroppo in ritardo, forse sotto un aspetto “organizzativo”, è legato al calendario del Masters, che per il 2019 si articola sulle 8 prove di Paul Ricard, Brands Hatch, Magny Cours, Silverstone (2 gare), Nurburgring, Zandvoort, Spa Francorchamps, e che purtroppo non vede alcuna tappa in Italia; lascia un po’ di amarezza che il “Bel Paese”, con la sua tradizione sportiva, i suoi marchi (in F1 Ferrari, Alfa Romeo, Maserati) celebri in tutto il mondo, i suoi autodromi storici (Monza, Imola, Mugello, Vallelunga) non abbia modo di farsi carico di una prova, che di certo raccoglierebbe decine di migliaia di appassionati.

 

 

 

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