PROFESSIONE NAVIGATORE

 

Nel mondo dei rally c’è un ruolo, mai abbastanza nominato o valorizzato, quello del navigatore, una figura che, pur se sale sul podio per essere premiato, rimane, salvo qualche rara eccezione (la più eminente nella persona di quel Jean Todt che ricordiamo team principal della Ferrari di Schumacher, e che negli anni ’70 fu co-equiper di piloti famosissimi sino a diventare vice campione del mondo in coppia con Guy Fréquelin nel 1981), nell’ombra del suo pilota, ed il cui nome nel tempo viene immeritatamente dimenticato. 

Un ruolo invece, per importanza e significatività, fondamentale ai fini del rendimento dell’equipaggio, ed assimilabile, con un parallelo che vuol rendere onore ad entrambi, a quello del cane guida per una persona non vedente; poiché, di norma, il pilota non può avere a memoria il tracciato di un’intera gara, è il navigatore a “guidare” il compagno anticipandogli per mezzo delle “note” ogni curva (e tipo della stessa), ogni salto, ogni “allungo”, ogni dettaglio. 

Una sorta di “sguardo anticipato”, quasi un “gioco” in cui i tempi di reazione diventano sempre più brevi, dove un errore di indicazione, che nella realtà molto ben raramente avviene, od un’incomprensione possono generare un incidente che può porre termine alla gara e vanificare tutti gli sforzi fatti sino a quel momento. 

Indicazioni che, oltre che precise, devono giungere anche con le tempistiche giuste, né troppo presto né tardi, con quell’anticipo, stimabile in frazioni di secondo, utile al pilota per valutare e scegliere la traiettoria più veloce o l’impostazione migliore di una curva; una simbiosi, quella tra pilota ed il suo compagno, che si forma nel tempo, frutto di lunghi e meticolosi allenamenti, un affiatamento che trova fondamento in un’assoluta fiducia reciproca. 

 

 

Non si dimentichi, in tema, che il pilota ha il compito di realizzare la miglior prestazione possibile non potendo fare altro affidamento che sulle indicazioni del proprio compagno, il quale, e non è poco, deve rimanere concentrato sulla lettura delle note senza quasi mai guardare la strada, e ritrovandosi continuamente sballottato sul sedile senza poter anticipare ed assorbire eventuali asperità del percorso. 

Un ruolo, silenzioso e poco “sotto i riflettori”, la cui peculiarità può essere sintetizzata in un solo termine: responsabilità. Un fardello pesante ma accettato con semplicità e naturalezza, con la consapevolezza di poter fornire il proprio contributo, con la serenità di chi sente di volersi fare carico di un ruolo ingrato ma di accettarlo con modestia ed umiltà. 

Un ruolo, se vogliamo, “democratico”, uno dei pochi nei quali rappresentanti del sesso maschile e di quello femminile hanno la stessa valenza, stessi onori (pochi) ed oneri (tanti). 

Un ruolo che, oltre che dotato di grande professionalità, non può non essere caratterizzato da un carattere forte, e magari anche un po’ psicologo, capace da un lato di dare sicurezza al pilota, dall’altro di essere elemento “collante” all’interno del team ed anche, per il compagno, un amico con il quale condividere tutti i momenti e le emozioni della gara, composte da ansia, tensione, gioia, delusione e, perché no, anche qualche imprecazione. 

Giusto dedicare qualche immagine, presa qua e là nelle prove speciali del Monza Rally Show, anche a questi compagni di avventura, perché meritata, perché dovuta, affinché, se non saranno nel tempo ricordati i nomi, almeno non si scordi l’importanza del ruolo che queste persone hanno ricoperto.

 

 

 

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