F.1 Mario Andretti e il ricordo di Morosini: “I ricchi non spingono le auto”. Una storia da scoprire

DI NESTORE MOROSINI

DEDICATO AGLI 80 ANNI DI MARIO ANDRETTI

Oggi Mario Andretti, grandissimo pilota nato in Istria il 28 febbraio 1940, compie ottant’anni. Lo ricordo con un capitolo del mio libro “Quando ci divertivamo col calcio e la formula 1” e con l’intervista che gli feci per il Corriere della Sera.

I MILIARDARI NON SPINGONO LE AUTO

Dopo le prima fase di prove sul circuito del Paul Ricard, a Le Castellet , nel novembre 1976, in cui conobbi Carlo Chiti, ne seguì una seconda in cui erano impegnate soprattutto Ferrari e Lotus.
La Ferrari con Niki Lauda e la Lotus con Mario Andretti e il compianto Gunnar Nilsson. A coordinare i lavori della squadra italiana era Sante Ghedini, direttore sportivo, poi emigrato alla Parmalat e infine direttore tecnico del circuito del Mugello.
Fatta colazione alle 7 del mattino, Sante Ghedini si avviò verso la propria vettura per recarsi al circuito. L’auto era una 124 Fiat sperimentale, con 4 valvole per cilindro, prestatagli da Luca di Montezemolo.

LA MACCHINA DI GHEDINI NON PARTE E ANDRETTI SI RIFIUTA DI SPINGERLA…

“Brnnnn, Brrnn, Brrnn….”. Il motore non volle partire. Faceva freddo, la temperatura esterna era di circa 4-5 gradi.
Ghedini si spazientì, aprì il cofano ma evidentemente non riusciva a capirci molto perché il motore restava muto.
Dalla porta dell’Hotel uscì Mario Andretti che avviandosi verso il circuito. Sante lo vide, si mise svelto al volante e con occhi imploranti gli disse:”Mario, Mario: dammi una spinta per far partire l’auto”.
Andretti lo guardò, poi con un sorriso beffardo lo gelò:”Ghedini, i miliardari non spingono le auto nei parcheggi”.

Nel 1978, subito dopo che ebbe conquistato, con la Lotus, il titolo di campione del mondo di F1, intervistai Mario Andretti per il Corriere della Sera. Con Mario, si era stabilita con gli anni una reciproca simpatia che sfociò anche in vera amicizia pur se lui abitava negli Stati Uniti e io in Italia. Ogni volta che ci vedevamo erano saluti affettuosi, come accade tra persone che si stimano e che hanno vissuto insieme parte della loro vita professionale.
Quel giorno, con Mario decidemmo di impostare l’intervista sulla sua vita da giovanissimo, quando la sua famiglia incalzata dagli avvenimenti bellici del secondo conflitto mondiale, fu costretta a emigrare dall’Istria.

NEL CAMPO PROFUGHI A SCORRAZZARE IN MOTO

Mario era nato a Montona, nell’allora provincia di Pola e quando l’Istria fu annessa alla Jugoslavia di Tito la famiglia Andretti, con Mario e il fratello Aldo, arrivarono in Italia. “Finimmo al campo profughi di Lucca dove c’erano molti altri giuliani e dalmati scappati da quelle terre per spirito di italianità” – mi raccontava Mario –. Nel 1953 io avevo 13 anni ed ero un ragazzino vivace. Molto vivace. E avevo già la passione per i motori”.

Al campo profughi di Lucca c’era un certo don Quirino, che era lo zio prete di Mario Andretti. “Aveva una moto, io gliela chiedevo in prestito e quando me la dava se la doveva scordare per giorni e giorni”, ridacchiava Mario ricordando la fanciullezza. “Anche lo zio prete, oltre al buon Dio, amava i motori e la velocità. E alla fine mi regalò la moto con la quale scorrazzavo per il campo terrorizzando i profughi giuliani”.

 

Indianapolis 1969 vincitore della 500 Miglia

FECE IL CHIERICHETTO A 10 LIRE A FUNZIONE PER PAGARSI LA BENZINA

Una moto bisognava rifornirla di carburante e Mario trovò un modo semplice per farlo: “Il cappellano del campo, don Enzo Tambellini – che è rimasto sempre grande amico di noi Andretti – ingaggiò me e mio fratello Aldo come chierichetti: dieci lire per servire messa, dieci lire per servire la benedizione pomeridiana. Sai come sono i ragazzini: quelle lire servivano un po’ per la benzina e un po’ per comprare le palline di coccio, oppure le figurine degli animali. E mentre don Enzo celebrava le sue funzioni, io e mio fratello Aldo di nascosto facevamo i cambi dei doppioni. Le biglie, una volta, ci caddero sui gradini dell’altare e qualcuno ci rotolò anche sopra. Don Enzo si arrabbiò soltanto un po’. Sapeva che chi stava al campo profughi, specialmente i ragazzi, non aveva avuto la fanciullezza facile”.

IN NAVE A NEW YORK STUPITO DALLA STATUA DELLA LIBERTA’

Dal campo profughi di Lucca alla nave degli emigranti verso New York: col padre Alvise – “ma non voleva che lo chiamassimo così, preferiva il vezzeggiativo Gigi” – la madre, il fratello e la sorella Annamaria. Ricordava Mario: “Quando vedemmo la statua della Libertà, restammo sbigottiti. Fu in quel momento che pensai: se in America ci sono statue tanto grandi vuol dire che è un paese dove c’è posto per tutti”.

A Balocco per la presentazione del team Alfa Romeo F.1

La famiglia Andretti, scappata dall’Istria, fece i conti di cassa: in tutto possedeva 125 dollari. Raccontò Mario: “Cinquanta li volle un nostro parente che era venuto a prenderci al porto per portarci a Nazareth. Ma con i 75 dollari rimasti cominciammo una nuova vita e in due anni avevamo la casa e l’officina”.

UNA DINASTIA DA CORSA CHIAMATA ANDRETTI 

Oggi Mario Andretti è un simpatico signore, facoltoso uomo d’affari e capostipite di una dinastia di piloti. Le vicende della vita lo hanno portato sul podio più alto della formula 1. Se non fosse riuscito ad emergere nell’automobilismo avrebbe fatto carte false per diventare pilota di aerei da caccia: “Perché? Non l’ho mai capito bene. Forse perché amo la velocità, perché mi piace spingere fino in fondo gli acceleratori, forse perché in alto uno si sente più libero, più leggero. Forse perché mi piace quando la gente mi batte la mano sulla spalla felice che io abbia fatto qualcosa di buono. Forse per patriottismo: Perché mi sarebbe piaciuto che un generale, uno di quelli grossi bada bene, mi avesse battuto la mano sulla spalla dicendomi ‘Ok Mario, hai fatto un buon lavoro, ora ti propongo per un corso d’astronautica’. Chissà… Un aereo da caccia ha probabilmente un significato psicologico che io non riesco a penetrare fino in fondo. Può voler dire probabilmente, che a me piace primeggiare sugli altri: l’aereo in questo senso, ha lo stesso valore della macchina da corsa”.

UN BILANCIO DA CAMPIONE UNICO AL MONDO

Andretti è stato campione del mondo di Formula 1, ha vinto dappertutto. Nella sua lunga e prestigiosa carriera ha corso 897 gare vincendone 111 e segnando 109 pole positions. Dal 2005 è inserito nell’Automotive Hall of Fame che raggruppa le più importanti personalità distintesi in campo automobilistico. Nel 2006 è stato nominato commendatore della Repubblica Italiana e nel 2007 è stato nominato sindaco del libero Comune di Montona d’Istria in esilio.

 

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