F.1 TONIO LIUZZI Ferrari la macchina c’è va costruita la squadra

DI PAOLO CICCARONE PER AUTOMOTO.IT

Trovare Vitantonio Liuzzi in un posto fisso è impresa impossibile. Da commissario sportivo in F.1 sotto i colori della FIA, la federazione internazionale, a quella di Coach di giovani talenti passando per il ristorante Penelope a Casa di Milano dove si distingue come uno dei top a livello nazionale. Per l’ex pilota di F.1 di Locorotondo, campione del mondo kart sulla pista di Schumacher, dove battè proprio il 7 volte campione del mondo della Ferrari, gli autodromi sono la sua vita e in una parentesi dei test in Belgio, a Spa, dove è impegnato a seguire i campioni del domani, risponde alle nostre domande. Visto l’esito disastroso della Ferrari domenica scorsa a Baku, nel GP d’Azerbaijan, cosa aspettarsi per il futuro? La Ferrari c’è o… ci fa?

FERRARI COMPETITIVA MANCA ALTRO

“C’è, c’èdice allegro Liuzzila Ferrari è competitiva e spiace quanto accaduto domenica a Baku. Hanno lavorato molto bene negli ultimi due anni per avere una vettura al vertice e ci sono riusciti, hanno vinto delle gare e sono sempre lì davanti”.

– Vero, ma le rotture stanno creando problemi, come mai?


“Hanno iniziato benissimo il campionato e ora hanno guai di affidabilità. Se fosse successo il contrario forse sarebbe stato meglio, perché avrebbero avuto il tempo di migliorare e recuperare mentre adesso, dopo otto gare, trovarsi col motore o altri particolari che cedono, non è il massimo. Di sicuro, per contrastare la Red Bull, hanno tirato fuori tutto e spinto al massimo, coi problemi conseguenti. Capire adesso, in questa fase della stagione, cosa e come fare, diventa impresa ardua e difficile…”

CAMPIONATO COMPROMESSO PER LA ROSSA

– E quindi per il campionato?

“E quindi mi sa che se ne riparla l’anno prossimo perché i tempi di reazione sono quelli che sono e nel frattempo la Red Bull avanza, vedi ultime gare, come una macchina da guerra”.

– Cosa manca alla Ferrari?


“La squadra. Cioè sono stati capaci di costruire una macchina vincente e competitiva, ma la F.1 è fatta di altro, dalla gestione del muretto alle strategie, dalle decisioni in azienda. E’ un meccanismo che si costruisce nel tempo. Direi che pur avendo tutto, non sanno vincere perché hanno paura di sbagliare ed è questo quello che rallenta. Ci vuole tempo, un cambio di mentalità e quindi, pur avendo la miglior macchina in pista, manca il resto e in F.1 non vinci se non sei perfetto”.

CAMBIARE MENTALITA’ ECCO IL PROBLEMA

– Cambiare la mentalità, quello che ha la Red Bull e che tu a suo tempo hai contribuito a costruire…

Io dico sempre che ero al posto giusto nel momento sbagliato. Stavamo crescendo e costruendo una squadra, ho portato Chris Horner nel team, poi è arrivato Newey e il suo estro. Loro nel frattempo hanno costruito una macchina da guerra fatta di esperienza e mentalità, senza paura di sbagliare, e hanno sbagliato spesso anche loro, dalla macchina alla gestione in pista, ma adesso sono completi, hanno la mentalità, l’attitudine e la forza del gruppo che a Maranello devono ancora costruire e questo è più difficile che fare solo, fra virgolette, una macchina veloce”.

MI HA FREGATO GERARD BERGER ALLA RED BULL

– Hai detto che eri al posto giusto nel momento sbagliato, cosa è mancato per concludere il percorso con Red Bull?

“Non mancava la velocità e i rapporti con la squadra. E’ stata la politica a fregarmi. Ha un nome e cognome: Gerard Berger. E’ stato lui che ha gettato ombre e fango su di me con Dietrich Mateschitz, il proprietario di Red Bull, convincendolo a farmi uscire dal team. Gerard lo sa bene e io non ho problemi a dirlo. Avevamo costruito tutto per vincere, lo hanno fatto gli altri”.

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