F.1 Lauda e Regazzoni, la mente e il cuore dell’epopea Ferrari. I ricordi del tifoso

DI GIUSEPPE MAGNI

Non sono mai stato un fan accanito di Andreas Nikolaus Lauda, detto Niki. Arrivò in Ferrari al seguito del mio idolo vero, quel Gianclaudio Regazzoni che ci fece sognare fino all’ultimo Gran Premio, nella fantastica stagione 1974. Clay piaceva perché era uno di quei piloti di cuore che regalavano sempre grandi emozioni tutte le volte che scendevano in pista. Andreas Nikolaus, detto Niki, no. Era un ghiacciolo. Lo chiamavano “il computer”. O “il ragioniere”.

LAUDA GHIACCIOLO, REGAZZONI E PETERSON LE BRACI

Figuriamoci. In un’epoca in cui infiammavano gli autodromi tipi come Gianclaudio Regazzoni e Bengt Ronnie Peterson, autentiche forze della natura inviate dal dio delle corse su questa terra per incendiare i cuori degli appassionati, dovemmo imparare ad avere a che fare con questo tizio, per nulla simpatico, quasi amorfo in pista, maestro di dietrologia politica e di furbizia. Vigliacca Eva se, una volta che lo vedevi secondo al giro due di una gara, con un secondo di svantaggio dal primo, si fosse mai azzardato una volta a tentare un attacco, che so, una sortita, una frenata un po’ più lunga, un’uscita di scia per farsi vedere dall’avversario. Niente. Cardiogramma piatto. Ma encefalogramma ben sveglio, perché poi, a fine gara, ti diceva:”Perché io non attaccare? Perché io oggi secondo e io 6 punti. Se io attaccare, magari fare kasino e 0 punti. Per me facile.” L’avrei mangiato.


Eppure, con questo tipo di approccio e di politica, fu proprio lui, Andreas Nikolaus, detto Niki, a riportare la Rossa ai massimi vertici mondiali, nel 1975, dopo che nessuno seppe bene cosa capitò davvero alla 312 B3 di Gianclaudio un anno prima, a Watkins Glen, dove Gianclaudio avrebbe potuto vincere lui stesso il titolo, dopo una stagione stratosferica, se solo la sua Ferrari non avesse perduto tutto d’un colpo la sua irresistibile competitività.
Ma tant’è. A Monza 1975 sappiamo tutti come andò e quale po’ po’ di festa fu celebrata, dopo che non si toccava palla dai tempi di John Surtees.

IL MONDIALE VINTO COL CERVELLO E ASTUZIA

Intendiamoci: nessuno vince dei titoli mondiali di F.1 senza essere un vero asso. Andreas Nikolaus, detto Niki, lo era a modo suo: stile di guida pulitissimo, teso alla eliminazione di qualsiasi sbavatura, qualsiasi sbandata, qualsiasi cosa che potesse scomporre le velocissime, fulminee pennellate con cui era in grado di percorrere tutte le curve di qualsiasi circuito del mondiale. Imprendibile in ogni dove. Alla maniera di Alberto Ascari. Alla Sebastian Vettel. Lo tradì il Nurburgring, perché lì non c’è posto per i pennelli. Lì ci vogliono degli attributi con la volumetria dell’Empire State Building, piede da 11 tonnellate e via, senza pensare a niente e a nessuno, con il cuore in mano e l’adrenalina che schizza dalle orecchie. Indimenticabile, infatti, la vittoria di Giancludio proprio sull’Anello Nord nel 1974.


Dopo quel terribile incidente del 1 agosto 1976, Andreas Nikolaus, detto Niki, ci commosse molto quando, ancora malconcio e sanguinante, volle tornare al volante a Monza, dove giunse brillante quarto. Ecco, lì lo sentimmo davvero vicino. Ne ammirammo la feroce determinazione, la enorme forza d’animo e di carattere. Cominciai anche io un po’ a volergli bene. Tanto che ricordò che piansi, quella mattina che scese dalla macchina al Fuji. Sapevo come sarebbe andata a finire e, sinceramente, Niki non se lo meritava. Ci stavamo davvero affezionando a questo campione così atipico, così lontano dai cliché del pilota estroso ed estroverso, in pista e fuori, così… austriaco.
Non facemmo in tempo ad amarlo davvero, perché nel 1977, seppur regalandoci la gioia di un secondo titolo mondiale con la formidabile Ferrari 312 T2, decise di andarsene, innescando una guerra con Enzo Ferrari che ce lo rese davvero inviso, come e più di quando arrivò in Ferrari a togliere onori e vittorie a Gianclaudio Regazzoni, detto Clay.

LA DISFATTA DEL 76, IL MONDIALE DEL 77, L’INDIFFERENZA DEL 79

Polemiche furenti e irriguardose nei confronti del monumento mondiale del l’Automobilismo da corsa lo resero definitivamente uno che stava pesantemente e oltre ogni misura sui nostri “cosiddetti”.
Nessuno fece minimamente caso a lui il 9 settembre 1979, quando Jody e Gilles ci regalarono la enorme felicità del mondiale. Troppo ebbri di gioia e di qualche birra in più, per ricordarci del pilota austriaco, che una grande latteria italiana fece molto ricco, ma non certo nei cuori degli appassionati ferraristi. Si ritirò poco dopo, senza infamia e senza lode, andandosene, tra l’indifferenza generale, a pilotare i suoi aerei.

IL RITORNO DELL’82, IL RISPETTO DEI TIFOSI PER NIKI

Nei tre anni successivi dimenticammo tutto. Quando tornò, fummo davvero contenti di rivederlo. Strabuzzammo addirittura gli occhi quando, a notte fonda, lo vedemmo vincere a Long Beach, alla sua terza gara dopo il rientro. La classe non è acqua, e questo cagnaccio di un austriaco di classe ne ha sempre avuta davvero da vendere. Infatti, dopo un paio d’anni, scippò il mondiale al povero Alain Marie Pascal Prost, per solo mezzo punto, in un Gran Premio del Portogallo al cardiopalma, finito con la meravigliosa Marlene Knaus in Lauda che, sul podio, che regalò dolcezza infinita a Niki, consolando nel contempo il malcapitato Alain.

NELL’85 IL RITIRO DA PILOTA, L’INIZIO DA MANAGER

Poi, a fine 1985, disse di nuovo basta. Lavorò dietro le quinte, con discreti risultati, visto che era già manager della sua compagnia aerea, sia alla Ferrari, che alla Jaguar Racing, ma soprattutto alla Mercedes AMG F1.
Come manager è sicuramente stato più simpatico e carismatico dei primi tempi come pilota alla Ferrari. Abbiamo imparato ad amarlo tutti, davvero, ammaliati e definitivamente conquistati dal suo cinico, quasi irriverente pragmatismo, dalla ironia sagace, quasi feroce, ma sempre azzeccata ed intelligente. Soprattutto dobbiamo a lui la definitiva consacrazione del fuoriclasse assoluto dei nostri giorni, quel Lewis Carl Davidson Hamilton cui il campione austriaco ha saputo far mettere la testa a posto, trasmettendogli molta della sua determinazione, della sua abnegazione e della sua enorme forza di volontà.

HA FORGIATO LEWIS HAMILTON TRASFORMANDOLO

Facendo del talento inglese uno dei più formidabili e vincenti fuoriclasse mai apparsi sulle piste della massima categoria automobilistica. Sarebbe stato bello poter tornare indietro e vedere cosa sarebbe successo se anche Lewis avesse potuto regalare un po’ del suo funambolismo, del suo estro caraibico al campione prussiano. Chissà cosa ne sarebbe scaturito. Cinque? Sei? Otto titoli mondiali? Chissà. Ma non sarebbe stato lui. Non sarebbe stato Andreas Nikolaus Lauda, detto Niki, personaggio meraviglioso e meravigliante, spiazzante, sempre tra il serio e il faceto, ma sempre graffiante, lucido e illuminante non solo per Lewis, ma anche per noi, che tante volte ci ha insegnato come va il mondo, non solo quello patinato e di fuochi d’artificio della F.1. Grazie, Niki. Tu fatto tanto kasino sempre, ma noi sempre imparato tante cose ridendo con te. E non ti allontanare troppo con quegli aerei. Abbiamo tutti voglia di rivedere il tuo cappellino rosso in pista, un giorno

 

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