F.1 GP Messico, ha vinto il migliore ma Ferrari che combini? 9 pole 3 vittorie, il piatto piange

DI GIUSEPPE MAGNI
Alla fine ha vinto il migliore. Come spesso accade. Lewis Hamilton ha dimostrato, una volta di più, una capacità incredibile di gestire la progressiva usura delle coperture della sua Mercedes.
Aver percorso ben quarantotto giri con lo stesso treno di gomme a quel ritmo è impresa davvero da grande fuoriclasse, tenendo a debita distanza l’avversario senza forzare un decimo in più dello stretto necessario. A mio umile avviso, credo possa essere questa la chiave di lettura più opportuna del Gran Premio del Messico. Mercedes AMG F1 ha beneficiato della capacità e dell’enorme talento del suo fuoriclasse per vincere una gara che, altrimenti, sarebbe finita nelle mani degli alfieri della Scuderia Ferrari. Anche Sebastian Vettel ci ha deliziato all’inizio, quando era in testa alla gara e pennellava traiettorie sublimi, rendendosi imprendibile da chiunque tentasse di mantenere il suo ritmo. Ma poi, una volta cambiate le gomme, non è più stato in grado di andare a riprendere il suo avversario diretto, complice probabilmente anche il fuel saving che in Ferrari sembrano soffrire in maniera particolare.

Credo che esista anche una netta differenza tra il Sebastian Vettel che parte in testa e s’invola e il Sebastian Vettel che deve recuperare su un avversario

che ha davanti a sé. Credo che al tedesco s’attagli quasi perfettamente ciò che Enzo Ferrari ebbe a scrivere di Alberto Ascari, uno dei piloti che Enzo amò di più e che vinse due titoli mondiali per la sua gloriosa Scuderia:
“Il pilota Alberto Ascari aveva uno stile preciso e deciso, ma era l’uomo che aveva bisogno di partire in testa. Ascari in testa era difficilmente superabile; oserei dire che era impossibile superarlo.
Ascari relegato in seconda posizione, o più indietro, non era il combattente che io avrei desiderato di avere in certe occasioni. Non perché disarmasse, ma perché quando doveva inseguire e doveva superare l’antagonista, evidentemente soffriva non di un complesso d’inferiorità, ma di un nervosismo che non gli consentiva di esprimere la sua classe”
Sono davvero io stesso il primo a sperare che al medesimo giudizio possano corrispondere i medesimi risultati da parte del campionissimo di Heppenheim, che se li meriterebbe davvero tutti.
Fatto sta che la Scuderia Ferrari, quest’anno, si ritrova con la bellezza di nove pole position conseguite, con sole tre vittorie all’attivo.
Su Charles Leclerc ieri si può dire poco: ha lui stesso ammesso di non essere ancora all’altezza di Sebastian Vettel per quanto riguarda le decisioni sulle strategie di gara. E vorrei ben vedere.
Il campione monegasco è sicuramente fortissimo, ma è evidente che ha bisogno, come tutti, di completare il suo bagaglio tecnico e tattico, competenze che solo l’esperienza gli insegneranno.
Ha tutto il tempo per imparare, con l’anagrafe dalla sua parte e la Scuderia Ferrari tutta che non ha lesinato e non lesinerà certo ogni sforzo per assisterlo come si deve.
L’automobilismo di Formula Uno è solo apparentemente uno sport singolo. Sappiamo tutti come sia una disciplina in cui prevale il lavoro corale di una intera squadra, dal meccanico all’usciere, dal pilota all’ingegnere, dall’aerodinamico al team manager. Quando si vince tutti gioiscono, anche se, ovviamente, vediamo tutti come sia il pilota il maggiore protagonista dei festeggiamenti, dal podio, ai grandi sorrisi nelle interviste, ai complimenti di tutti. Quando si perde, come purtroppo sta capitando ultimamente alla Scuderia Ferrari, noto una spiccata tendenza a dare addosso alla squadra.

E’ la Scuderia Ferrari a sbagliare strategie, a sbagliare il cambio gomme,

a non trovare bilanciamenti e assetti giusti, quando, peggio, non ha sbagliato il progetto o non sappia invece gestire bene l’esuberanza dei suoi piloti. Credo sia legittimo ricordare che gli stessi piloti facciano parte integrante della squadra. Quando si perde o si vince lo si fa tutti insieme.
E’ inutile dare addosso solo alla Scuderia Ferrari quando il predestinato monegasco o il quattro volte campione tedesco non ottengono i risultati che i tifosi sperano sempre che ottengano.
Non credo sia sempre vero. Alla Scuderia Ferrari hanno avuto piloti che sono arrivati a giocarsi il mondiale all’ultima gara con monoposto che, sinceramente, non credo avessero la competitività della attuale SF90. Cito Fernando Alonso sulla F2012. Allora adesso perché solo tre vittorie su nove pole position? Cosa è che non funziona? Magari nulla. Va tutto alla stragrande. Per tanti versi, abbiamo la fortuna di poter considerare gli equilibri tecnici in campo più o meno sullo stesso livello, quanto meno in questa parte della stagione agonistica. Magari è solo perché abbiamo due piloti fortissimi, due campioni inarrivabili, ma magari non sono in grado di effettuare quarantotto giri di gara con un ritmo da prima posizione. Magari è solo perché Lewis Hamilton si dimostra,
spesso e volentieri, semplicemente più forte di loro. E’ uno sport e, come scrivevo all’inizio, nelle competizioni sportive molto spesso vince il migliore. O quello che, complessivamente, nell’arco di una gara o di un campionato, si dimostra più continuo e dotato di capacità tali da primeggiare con una certa costanza su tutti gli altri. Credo sia giusto così. E’ il bello dello sport.
Ed è anche il bello dello sport più bello del mondo. Facciamocene una ragione. E godiamoci lo spettacolo! Tra pochi giorni si torna in pista!
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